I carabinieri modificarono le relazioni sulla morte di Cucchi
Un carabiniere in aula: “I superiori fecero modificare le note sulle sue condizioni”

 
L'udienza che si è svolta lo scorso 17 aprile alla Corte d'Assise di Roma sul caso dell'omicidio Cucchi è stata forse la più importante tra tutte quelle finora celebrate, perché per la prima volta un carabiniere ha ammesso la falsificazione dei verbali riguardanti le condizioni di salute del giovane romano dopo il suo arresto, ad opera degli stessi carabinieri, del 15 ottobre 2009.
Il 17 aprile i carabinieri Francesco Di Sano e Gianluca Colicchio che prestavano servizio presso la stazione romana di Tor Sapienza hanno chiaramente affermato in qualità di testimoni che le relazioni del 26 ottobre 2009, nelle quali venivano descritte le condizioni fisiche di Cucchi, vennero fatte falsificare il giorno stesso su ordine dei superiori.
I cinque carabinieri a processo, che dovranno rispondere delle gravissime imputazioni di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia, sono Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro, Francesco Tedesco, Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi.
Alla precedente udienza dello scorso 20 marzo, peraltro, il testimone Luigi Lainà, che condivise la cella con Stefano Cucchi, raccontò di averlo visto "gonfio come una zampogna, con ematomi in viso, perdeva sangue da un orecchio, non parlava bene". Aveva "una schiena da scheletro, roba che neanche ad Auschwitz ", aggiungendo che il geometra romano gli aveva chiaramente detto che a ridurlo in quello stato erano stati i carabinieri. "Stefano mi disse - ha continuato Lainà nel suo racconto - che nella prima caserma dove fu portato dopo l’arresto per detenzione di droga, fu picchiato da due carabinieri in borghese. Si fermarono solo dopo l’arrivo di un 'graduato' in divisa ".
Il violentissimo pestaggio inoltre, secondo la procura di Roma, provocò tra l’altro “una rovinosa caduta con impatto al suolo in regione sacrale ”, comportando sul giovane “lesioni personali che sarebbero state guaribili in almeno 180 giorni e in parte con esiti permanenti ", ma che nel caso di Cucchi, complice le scarse cure ricevute all'ospedale Sandro Pertini, lo portò alla morte il 22 ottobre 2009.
L'autopsia, del resto, parlava chiaro già da subito, avendo accertato lesioni ed ecchimosi alle gambe e al viso, frattura della mascella, emorragia alla vescica, lesioni al torace e due fratture alla colonna vertebrale: bisognava soltanto individuare il corpo di polizia responsabile di tale criminale scempio, ovvero se la responsabilità fosse dell'arma dei carabinieri o della polizia penitenziaria
Assolti i poliziotti penitenziari e prescritto il reato dei medici, ora sono alla sbarra i cinque carabinieri, e stavolta l'accusa contro di loro proviene da due loro colleghi.
Infatti le relazioni di servizio redatte dai carabinieri Gianluca Colicchio e Francesco Di Sano sullo stato di salute di Stefano Cucchi nelle ore immediatamente successive al suo arresto furono falsificate e contraffatte per diretta disposizione dei loro superiori.
Colicchio è il carabiniere presente nella caserma di Tor Sapienza al momento dell’arrivo di Cucchi il 16 ottobre 2009, accompagnato dai carabinieri della stazione Appia. Cucchi era stato arrestato dai carabinieri la sera precedente nel parco degli Acquedotti perché era stato trovato in possesso di 20 grammi di hashish e di alcune pastiglie.
Colicchio è autore del verbale relativo alle condizioni fisiche di Cucchi al momento dell'arresto.
Nella prima versione del verbale si legge: “Trascorsi circa venti minuti Cucchi suonava al campanello di servizio presente nella cella e dichiarava di avere forti dolori al capo, giramenti di testa, tremore e di soffrire di epilessia ”.
Eppure nel secondo verbale, a firma dello stesso militare, che si trova agli atti del processo si legge una versione alternativa della vicenda, a seguito delle correzioni da lui stesso apportate: “Cucchi dichiarava di soffrire di epilessia, manifestando uno stato di malessere generale verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza e lamentandosi del freddo e della scomodità della branda in acciaio ”.
Interrogato dal pubblico ministero, il carabiniere ha riconosciuto la paternità della propria firma in calce al verbale, ma ha ammesso che la seconda versione è falsa e non corrispondente al vero.
Lo stesso è accaduto per il verbale firmato dal carabiniere Di Sano.
Nella prima versione del documento il militare scrive, in modo assai dettagliato: “Alle 9:05 circa giungeva presso questa stazione personale della Casilina addetto ai ritiro del detenuto. Cucchi riferiva di avere dei dolori al costato e tremore dovuto al freddo e di non poter camminare, veniva comunque aiutato a salire le scale ”.
La seconda versione però, corretta, afferma che “Cucchi riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura freddo/umida che per la rigidità della tavola del letto (privo di materasso e di cuscino) ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata anche per la sua accentuata magrezza”.
Anche se Di Sano non fa riferimento all'ordine di contraffazione giunto dai superiori, non è difficile intuire il motivo di tale falsificazione.
Un altro elemento rilevante emerso nel corso del processo è il racconto del carabiniere Pietro Schirone, della stazione Casilina, che con un collega tradusse Cucchi dalla stazione Tor Sapienza in Tribunale, e che il 17 aprile ha confermato in Corte d'Assise quanto aveva già nel 2009 affermato a verbale ai magistrati della Procura di Roma, ovvero che il giovane geometra romano “era chiaro che era stato menato. Cucchi stava male, aveva ematomi agli occhi”.
Definitivamente assolti gli agenti della polizia penitenziaria, prescritto il reato contestato ai medici, ora alla sbarra sono rimasti i cinque carabinieri, e occorre assolutamente che il processo faccia definitivamente luce prima che intervenga la prescrizione dei reati.

25 luglio 2018