Stipulato durante la campagna elettorale
Contratto tra Salvini e la lobby delle armi

 
Non è certo una novità che Salvini vorrebbe trasformare l'Italia in un Far West dove ognuno – che possa permetterselo – può armarsi e farsi giustizia da solo, ma ora il documento dissotterrato da “La Repubblica” rivela che esiste un vero e proprio patto scritto fra il ducetto in camicia verde e le lobby della fabbricazione e commercio di armi tutto a favore del profitto di questo business, potenzialmente molto fruttuoso per i capitalisti pistoleri.
Siamo all'11 febbraio di quest'anno, in piena campagna elettorale: Salvini va all'Hit Show, la fiera della caccia e del tiro sportivo che, mascherandosi scaltramente dietro l'inglese, promuove anche l'”individual protection”, cioè la sicurezza personale armata. I padroni dell'industria delle armi lo accolgono a braccia aperte, ma a consumati capitalisti assetati di profitto non bastano certo le vuote parole che il loro campione dispensa in campagna elettorale: vogliono un accordo nero su bianco. Viene così licenziato un documento in otto punti, dal titolo “Assunzione pubblica di impegno a tutela dei detentori di armi” (col candidato della Lega firmano altri sette leghisti, due candidati di Forza Italia e altrettanti di Fratelli d'Italia), dove Salvini si impegna “sul suo onore” (sic) “a tutelare prioritariamente il diritto dei cittadini vittime di reati a non essere perseguiti e danneggiati (anche economicamente) dallo Stato e dai loro stessi aggressori” e, nel farlo, a coinvolgere attivamente la lobby in ogni provvedimento e ogni sede istituzionale che la riguardi.
Puntualmente, infatti, va in questa direzione il disegno di legge depositato dalla Lega in Commissione giustizia del Senato, ove si prevede la “presunzione di legittima difesa”.
In altre parole, la riforma della legittima difesa viene consegnata su un piatto d'argento ai capitalisti delle armi, che avranno così campo libero per redigere un provvedimento a proprio uso e consumo, specie ora che l'illustre firmatario di tale documento è addirittura vicepremier e il ministro di polizia.
Prima le lobby, per parafrasare il noto slogan di Salvini in campagna elettorale; tutto pur di arricchire i pistoleri, anche se questo esporrà il Paese al rischio di bagni di sangue come quelli che avvengono regolarmente negli Usa, patria delle armi libere. Paradossalmente, proprio mentre oltreoceano i movimenti per il controllo delle armi stanno conquistando la simpatia di fette sempre più ampie della popolazione. Anche su questo punto il governo Conte si dimostra reazione e regresso, con il M5S totalmente appiattito sulla linea della Lega.
Non c'è da sorprendersi di questo accordo: sono semplicemente usciti a galla i metodi di funzionamento del capitalismo e i rapporti fra i capitalisti e chi cura i loro affari al governo e in parlamento. Sicuramente è un caso eclatante e massimamente pericoloso per la salute e la sicurezza delle masse (altro che tutelarla...), ma non dissimile, di fatto, dai rapporti non scritti fra Confindustria, la grande finanza europea e non e le altre lobby capitalistiche con i governi precedenti.
Salvini è il Trump italiano e come il fascista presidente Usa è uno sfegatato sostenitore della licenza di uccidere: della polizia ai danni dei più deboli e balordi e malviventi e dei più decisi oppositori sociali ma anche dei più forti e prepotenti che pretendono di avere il diritto di farsi giustizia da soli.
La liberalizzazione delle armi risponde a quelle sciagurate pretese che si arrogarono le squadracce mussoliniane per tacitare gli oppositori antifascisti: dopo aver lasciato sempre più al libero mercato (cioè ai privati) la gestione di servizi pubblici come l'istruzione, la sanità e così via, lo Stato si scrolla di dosso anche l'onere della difesa dei suoi abitanti, ingrassando chi fabbrica e commercia le armi. Che già fruttano lo 0,7%, ma si leccano i baffi per le prossime impennate negli affari.
In secondo luogo, non si può certo sconfiggere la piccola criminalità senza debellare le cause che la foraggiano, a partire dallo sfruttamento, dall'esclusione e dall'emarginazione sociali.

25 luglio 2018