Rapporto del Pentagono al Congresso
Usa: “La Cina si addestra a colpirci anche con armi nucleari”

 
Usa e Cina sono impegnate nell'inizio di una guerra commerciale che ha preso il via con l'insediamento di Trump alla Casa Bianca e con i suoi propositi di annullare il deficit di Washington negli scambi commerciali, una guerra che a parte brevi periodi di tregua è spinta dal presidente americano a livelli sempre più alti. Che lo scontro economico possa essere il preludio di una vera e propria guerra tra l'imperialismo americano e il socialimperialismo cinese, le due principali potenze per il dominio del globo, lo confermano i paralleli sforzi per potenziare i propri arsenali convenzionali e nucleari col Pentagono che lancia continui allarmi sulla crescita del potenziale bellico di Pechino; sono allarmi interessati, dettati anche dalla tattica per sollecitare l'amministrazione americana a moltiplicare i soldi dedicati agli armamenti ma hanno comunque una base di verità. L'ultimo richiamo in ordine di tempo dei generali americani è contenuto nel rapporto annuale del Pentagono al Congresso dedicato alla Cina e titolato Military and Security Developments Involving the People’s Republic of China 2018. Nel documento dedicato alla concorrente imperialista Cina sono dettagliati gli interessi strategici di Pechino in conflitto con quelli degli Usa, sia nel Mar Cinese Meridionale e nella penisola coreana che in altre parti del mondo.
Uno dei passaggi evidenziati da molti osservatori riguarda l'aumentata portata offensiva dei bombardieri strategici cinesi in grado di portare testate atomiche e a colpire “in profondità il nemico”; detto in altre parole il Pentagono sostiene che “la Cina si addestra a colpirci, anche con armi nucleari”. All’aviazione militare cinese “è stata riassegnata una missione nucleare”, sostiene il rapporto, e col “dispiegamento e l’integrazione di bombardieri con capacità nucleari la Cina, per la prima volta, è dotata di una 'triplicità' di sistemi di lancio diffusi su terra, mare e aria” e “l’Esercito popolare di liberazione potrebbe continuare a estendere le sue operazioni, dimostrando la capacità di colpire le forze e le basi militari degli Stati Uniti e dei Paesi alleati nell’Oceano Pacifico occidentale, incluso Guam”.
D'altra parte già nell'audizione al Senato del marzo scorso l’ammiraglio Philip Davidson, responsabile del Comando Indo-Pacifico, aveva allertato che “la Cina, attualmente, è in grado di controllare il Mar Cinese Meridionale in tutti gli scenari di guerra con gli Stati Uniti”. In quell'area le due potenze imperialiste già si confrontano militarmente alla pari.
Il percorso del riarmo del socialimperialismo cinese era stato illustrato dal presidente Xi Jinping nell'ottobre scorso nel suo rapporto al Diciannovesimo Congresso del Partito comunista dove aveva sostenuto la necessità di rendere l’esercito cinese una “potenza moderna” entro il 2035 e una “forza di livello mondiale” nel 2050.
Il rapporto del Pentagono analizza le modifiche già in atto nella componente terrestre dell'esercito cinese composto da circa 2 milioni di soldati e ridotto di 300 mila unità a vantaggio di una riorganizzazione per rendere le brigate più dinamiche. E che tra l'altro stanno facendo esperienza nei contingenti dei “caschi blu” dell'Onu nelle “missioni di pace” in Africa.
“La modernizzazione militare della Cina mira a potenziare le sue capacità con il potere di degradare i vantaggi operativi e tecnologici fondamentali degli Stati Uniti“, usa lo spionaggio per ridurre il gap tecnologico con gli Usa, accusa il Pentagono, “usa una varietà di metodi per acquisire tecnologie militari e dual-use straniere, inclusi investimenti esteri mirati, furti cyber e sfruttamento dell’accesso a tali tecnologie da parte di privati cittadini cinesi. Diversi casi e incriminazioni recenti illustrano l’uso da parte della Cina di servizi di intelligence, intrusioni informatiche e altri approcci illeciti per ottenere informazioni sulla sicurezza nazionale e sulle tecnologie che non possono essere oggetto di esportazione, apparecchiature controllate e altri materiali”. Quanto possa incidere lo spionaggio per scopi militari sull'equilibrio tra Usa e Cina non possiamo saperlo, certo è che viaggia accanto allo sforzo dichiarato da Pechino nel progetto “Made in China 2025”, ossia la completa ristrutturazione dell’industria per lanciarla nel settore dell'alta tecnologia, la base di una industria militare moderna e al passo con quella americana.
Le preoccupazioni americane sono evidenziate anche dall'altra concorrente imperialista, la Russia, la prima a oggi sul piano militare.
L'agenzia Sputnik rilanciava il 30 agosto una dichiarazione del generale Terrence O'Shaughnessy, responsabile del Comando settentrionale delle Forze Armate degli Stati Uniti e delle forze di difesa aerospaziale del Nord America, che denunciava come “il contesto della sicurezza sta cambiando. Siamo abituati a pensare che gli oceani e gli Stati amici del nord e del sud rendano il nostro Paese inaccessibile, ma le cose cambiano, in quanto esistono nemici che sono realmente in grado di colpire il nostro territorio”, e sottolineava la necessità di “ripensare radicalmente la difesa del nostro Paese e pensare a come difenderci da un avversario con la stessa forza”. Uno scenario inedito per l'imperialismo americano.

5 settembre 2018