In Puglia, tornando dalla raccolta di pomodori
Strage di braccianti migranti, 16 morti e 7 feriti
Scioperi e manifestazioni di protesta per chiedere diritti e tutele sindacali

In poco più di 48 ore 16 braccianti migranti impiegati nella raccolta dei pomodori nel foggiano sono morti in due diversi incidenti stradali (infortuni in itinere) e altri 7 sono rimasti feriti.
Il primo incidente è avvenuto sabato 4 agosto lungo la strada provinciale 105 tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri dove sono morti quattro giovani braccianti: Amadou Balde, 23 anni, della Guinea, Ceeay Aladje, 20 anni, del Gambia, Moussa Kande, 27 anni, della Guinea, e Ali Dembele, 30 anni del Mali. Mentre altri quattro loro compagni di lavoro sono rimasti feriti.
Nel secondo incidente avvenuto lunedì 6 agosto intorno alle 15 sulla strada statale 16, in località Ripalta, nel territorio di Lesina, hanno perso la vita altri dodici braccianti. Nello schianto sono rimasti feriti altri tre lavoratori ricoverati nell'ospedale di San Severo.
Le vittime viaggiavano a bordo di un furgone che si è scontrato frontalmente con un tir carico di mangime per animali. Dai primi riscontri acquisiti dai carabinieri sembra che a bordo del vecchio Ford Transit con targa bulgara, ribaltatosi più volte sulla carreggiata, viaggiassero 14 persone, tutte in piedi tranne il conducente. Il mezzo ne poteva trasportare un massimo di otto.
La procura di Foggia ha aperto due diverse inchieste per accertare cause e responsabilità e verificare se le vittime fossero nelle mani dei caporali. "Sono state avviate due distinte indagini - ha precisato il procuratore della Repubblica di Foggia Ludovico Vaccaro che coordina le indagini - una riguarda l'incidente stradale, per capire la dinamica e tutto ciò che può averlo causato, anche se c'è da dire che in entrambi i casi sono morti i due autisti dei pulmini sui quali erano stipati i poveri migranti. L'altra indagine è stata avviata sul caporalato: per individuare - aggiunge il procuratore - le aziende in cui hanno lavorato gli immigrati per verificare anche le eventuali condizioni disumane in cui lavoravano. Si stanno verificando gli orari, per vedere da che ora a che ora hanno lavorato, capire se c'è stato sfruttamento e intermediazione".
A seguito della tragedia centinaia di braccianti delle campagne del foggiano si sono riuniti in assemblea nell'ex ghetto di Rignano e hanno deciso di proclamare uno sciopero generale per l'intera giornata di mercoledì 8 agosto (vedi articolo a parte) in memoria dei compagni morti e per rivendicare maggiori tutele e diritti sindacali.
Lo sciopero è stato caratterizzato dalla “marcia dei cappellini rossi” come i cappellini che i quattro braccianti morti e i quattro feriti di sabato indossavano nei campi per proteggersi dal solleone mentre si spaccavano la schiena per raccogliere pomodori alla vergognosa paga di un euro al quintale. La marcia ha preso il via alle 8 del mattino da Torretta Antonacci (ex ghetto di Rignano), nel comune di San Severo, e si è conclusa davanti alla prefettura di Foggia.
Un'altra manifestazione è stata annunciata dai sindacati confederali a Foggia.
Questa ennesima strage di braccianti conferma che la piaga del caporalato si è allargata in tutto il Paese, senza zone franche. Un giro di affari che raggiunge quasi 5 miliardi di euro. Dal Piemonte alla Sicilia sono sempre più frequenti i casi di lavoratori supersfruttati, braccianti schiavizzati, soprattutto di origine straniera, uomini, donne e bambini, utilizzati in attività massacranti, per 10-12 ore al giorno, e sottopagati, costretti a vivere come bestie nel degrado totale, e ricattati da caporali senza scrupoli.
I campi dove si raccolgono agrumi, pomodori, olive, e cipolle, ma anche gli allevamenti di bestiame del Nord e le baraccopoli che ospitano gli sfruttati sono diventati un vero e proprio inferno. Sono stati scoperti dei veri e propri ghetti controllati dal racket e qualche volta collegati anche ai centri di accoglienza dei profughi dove viene reclutata la manodopera, come è accaduto vicino a Padova. Ma esistono anche molte realtà “invisibili” o sommerse come quella di Ribera, nell’Agrigentino, dove in alcuni edifici dormitorio privi di finestre vivono centinaia di giovani tunisini sfruttati nei campi di raccolta degli agrumi. Ma il caporalato ormai è ampiamente praticato anche in zone non sospette come l’Emilia-Romagna e in particolare nel Cesenate dove sono attive molte cooperative fantasma che letteralmente derubano i lavoratori nordafricani per poi sparire nel nulla. Per non parlare delle donne e dei minorenni pagati 3 euro l’ora e costretti a turni di 12 ore, come è successo a San Giorgio Jonico, in provincia di Bari, dove tre anni fa morì letteralmente di fatica la bracciante Paola Clemente. O dei bambini rom “comprati” a un’euro l’ora nel vergognoso mercato delle braccia che ogni mattina si svolge nelle strade tra Mondragone e Villa Literno (Caserta). Supersfruttati e schiavizzati come gli addetti alle macchine da cucire che nei laboratori gestiti dai padroni cinesi a Prato sono costretti a lavorare fino a 14 ore di seguito. Mentre a Terracina (Latina) addirittura gli uomini e le donne destinati ai campi agricoli vengono messi all’asta nella centrale via Gramsci e, se sono africani, vengono pagati ancora di meno. Nel Napoletano i bengalesi sono ritenuti la “merce” migliore da destinare alle ditte che lavorano per i brand della moda. Nella Piana di Gioia Tauro, a San Ferdinando (Reggio Calabria), il caporalato è divenuto un business anche per i pastori che reclutano tra i migranti il “personale” per accudire le loro greggi. Tutti dicono di avere un regolare contratto. Ma non è così. Sono circa 20mila (la metà stranieri) i braccianti nella Piana del Sele, vicino ad Eboli (Salerno) che lavorano per 12 ore rinchiusi in serre a respirare l’aria infestata dai pesticidi. Nel Pavese è stata stroncata dalla Finanza una rete di 40 cooperative che imponevano turni disumani, senza riposi né ferie, anche a donne incinte chiamate a lavorare nelle fabbriche di Stradella.
Ecco come l'Italia di Conte, Salvini e Di Maio “accoglie” i tanti disperati che dall'Africa fuggono dalla guerra, dalla fame e dalla morte sicura.
 

5 settembre 2018