Si inasprisce la guerra commerciale degli Usa contro la Cina e la Ue

In una intervista alla rete di canali satellitari e via cavo Bloomberg Television lo scorso 31 agosto il presidente americano Donald Trump ha ribadito la politica protezionistica della sua amministrazione basata sulle guerre commerciali contro i concorrenti imperialisti Cina e Ue, confermando la futura applicazione di nuovi dazi verso Pechino per un valore di 200 miliardi di dollari e bocciando l'offerta della Commissione europea di azzerare reciprocamente le tariffe sulle auto; nulla di nuovo, ma per dare più peso alla ennesima uscita propagandistica che lo presenta fin dall'inizio del suo mandato presidenziale impegnato a ridurre il grosso deficit commerciale americano rilanciava con la minaccia di uscire dal Wto, l'organizzazione mondiale del commercio. Quell'organizzazione economica imperialista finora osannata da Washington per la difesa della politica del libero commercio a vantaggio delle potenti multinazionali, a cui ha presentato ricorso la Cina a fine luglio scorso per i 200 miliardi di dazi Usa, e adesso ritenuta un impiccio per ridiscutere a proprio vantaggio tutti gli accordi commerciali. Il disegno della Casa Bianca è dichiarato, sostituire gli accordi esistenti con intese bilaterali dove l'imperialismo americano può far valere la legge del più forte, ha il coltello dalla parte del manico con tutti i paesi presi uno per uno; con la Cina non è detto ma ciò non ferma la pericolosa politica di scontro avviata da Trump.
La guerra di Trump al Wto è già cominciata. “Se non cambia, mi ritirerò”, ha promesso ma intanto ha bloccato la nomina di nuovi giudici nell'organismo del Wto che è incaricato di giudicare sulle dispute commerciali, col rischio di paralizzarne l'attività; a partire dal ricorso della Cina.
La guerra commerciale tra Usa e Cina è iniziata effettivamente all'inizio dell'anno, coi dazi americani sui pannelli solari e sulle lavatrici importati, per un valore complessivo di poco superiore ai 3,5 miliardi di dollari. Era proseguita all’inizio di marzo coi dazi al 10% sulle importazioni di acciaio e al 25% sulle importazioni di alluminio. Le ritorsioni cinesi per pari valore erano quasi un atto dovuto, il livello dello scontro era ancora molto basso, vicino all'1% del valore degli scambi commerciali che nel 2017 hanno superato i 500 miliardi di dollari.
Il primo salto di qualità della guerra commerciale è del 6 luglio con una nuova lista di merci colpite da dazi al 25% su 34 miliardi di prodotti cinesi, dai veicoli elettrici ai torni industriali e altri componenti per macchinari; controbilanciate da misure di pari valore decise da Pechino su una serie di prodotti del settore agricolo-alimentare e petrolifero. Trump presentava il via libera ai dazi che hanno ancora un valore tutto sommato contenuto ma minacciando una guerra a tutto campo: “abbiamo altri 200 miliardi di beni da colpire e se non basta altri 300 miliardi”, ossia tutto il volume degli scambi commerciali che dovrebbero scattare nel mese di settembre. Il Ministero del Commercio di Pechino definiva l'iniziativa degli Usa “bullismo economico che mette a rischio la catena industriale globalizzata e la ripresa mondiale” e dava il via al ricorso al Wto.
L'Ue credeva di aver raggiunto un punto di compromesso lo scorso 25 luglio con la visita a Washington del presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, per discutere dei dazi sull'acciaio europeo imposti dagli Usa. Al termine dell’incontro sui dazi commerciali Trump sosteneva che “oggi è un grande giorno, abbiamo lanciato una nuova fase dei rapporti tra Usa e Ue. Ci siamo accordati prima di tutto per lavorare insieme all’obbiettivo di arrivare a zero tariffe, zero barriere commerciali non tariffarie e zero sussidi sui beni industriali che non siano le automobili“, come voleva la Germania.
La portavoce della Campagna Stop Ttip/Stop Ceta Italia denunciava che Usa e Ue fatti questi chiarimenti, si impegnavano a “ridurre gli ostacoli e aumentare il commercio di servizi, prodotti chimici, prodotti farmaceutici, prodotti medici e soia (che negli Usa, leader globali nell’export del cereale, è praticamente tutta Ogm). Insomma si vuole lavorare per liberare le mani prioritariamente a tutti quei settori rispetto ai quali da anni la società civile europea, i sindacati, i consumatori, gli ambientalisti e anche i produttori responsabili denunciano che le due sponde dell’Atlantico sono così lontane per standard e regole a tutela dei diritti di tutti, che sacrificarle per gli interessi dei soliti – pochi – poteri industriali, sarebbe una colpa imperdonabile. In questo modo il Trattato transatlantico di liberalizzazione di scambi, investimenti e servizi tra Europa e Stati Uniti, il Ttip, era “rilanciato nella forma più accelerata, concentrata e meno trasparente possibile”.
Sulla via dell'intesa con Washington la Ue si dichiarava disponibile a riformare il Wto e annunciava a settembre la presentazione di una sua proposta. Sforzi inutili, Trump ripartiva a fine agosto con i dazi del 25% sulle auto respingendo la proposta della commissaria al Commercio Ue, Cecilia Malmstroem, di rimuovere da entrambe le parti tutte le tariffe sulle auto e su altri beni industriali, definendola un'offerta “non abbastanza buona”. E riapriva la partita anche con la Ue.

19 settembre 2018