“Conoscevano i rischi del ponte”
20 indagati per il crollo del ponte di Genova
8 dirigenti del Ministero delle infrastrutture e 12 di Autostrade

Per il crollo del ponte Morandi il 6 settembre la procura di Genova ha iscritto nel registro degli indagati 20 persone: 8 dirigenti del ministero delle Infrastrutture (Mit), nove dirigenti di Autostrade e tre ingegneri della sua controllata Spea Engineering che avrebbe dovuto realizzare i lavori di manutenzione straordinaria proprio del pilone che il 14 agosto scorso è crollato provocando la morte di 43 persone una decina di feriti e oltre 530 sfollati.
Tra i reati ipotizzati, oltre all'omicidio colposo plurimo, il disastro colposo e l'attentato colposo alla sicurezza dei trasporti, c'è anche l'omicidio stradale: “È una ipotesi di indagine — ha detto il procuratore capo Francesco Cozzi — ed è basata sull'assunto che la sicurezza stradale non comprende soltanto il rispetto dei comportamenti che prescrive il codice della strada, ma anche il rispetto delle regole di sicurezza delle infrastrutture”. Non solo; dal materiale sequestrato negli uffici degli ingegneri di Autostrade e del ministero delle Infrastrutture (documenti, relazioni, perizie, computer, telefonini, sms, mail) emerge che almeno dal 2015 tutti i soggetti in questione sapevano benissimo che il ponte era a rischio di collasso ma non hanno mosso un dito per evitare la strage di Stato.
Anche il famigerato progetto di “retrofitting”, che secondo Autostrade doveva partire il prossimo ottobre, ha subito tre anni di ritardi imperdonabili – ha aggiunto ancora il procuratore Cozzi – e dunque la lista di indagati potrebbe allargarsi “nel momento in cui dovessero emergere altre responsabilità nella prosecuzione delle indagini e in corso di incidente probatorio”.
Il compito è assegnato alla Giudice per le indagini preliminari (Gip) Angela Nutini, che nei prossimi giorni dovrà notificare 140 decreti alle "persone offese" ossia ai familiari delle vittime, i feriti e i danneggiati.
In cima alla lista degli indagati spiccano i vertici dell’Unità di vigilanza del Mit, la struttura creata nel 2012 con compiti di controllo sui contratti, sulle tariffe e sui progetti autostradali a cominciare dal direttore generale Vincenzo Cinelli e dal suo predecessore Mauro Coletta fino a Bruno Santoro, capo Divisione tecnico-operativa della rete autostradale.
Indagati anche i funzionari Giovanni Proietti e Bruno Santoro, il capo ufficio ispettivo territoriale Carmine Testa, il provveditore delle Opere pubbliche di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Roberto Ferrazza che in un primo momento era stato messo a capo della commissione tecnica di indagine nominata dal ministro Toninelli, e i dirigenti del provveditorato Alessandro Pentimalli, Salvatore Bonaccorso e Giuseppe Sisca.
Ferrazza, Bonaccorso e Sisca erano membri del Comitato tecnico che diede parere positivo al progetto di rinforzo senza rilevare una situazione di emergenza.
Sotto inchiesta anche il direttore del Primo Tronco di Genova Stefano Marigliani e i suoi sottoposti Paolo Strazzullo, Federico Zanzarsi e Riccardo Rigacci; il direttore centrale Operation Paolo Berti, Michele Donferri (direttore delle Manutenzioni), Mario Bergamo (l’ex direttore delle manutenzioni di Autostrade che per primo nel 2015 ritenne necessario l’intervento sul Morandi) e Massimo Meliani ( responsabili ponti e gallerie).
Indagato anche l'altro membro esterno del Comitato del Provveditorato, l'ingegner Mario Servetto, insieme agli ingegneri della Spea Engineering Massimiliano Giacobbi, Massimo Bazzarelli ed Emanuele De Angelis e a Fulvio Di Taddeo di Autostrade.
Fra gli indagati anche Antonio Brencich il professore di ingegneria che già dieci anni fa criticò l'idea progettuale di Morandi affermando che gli stralli erano una soluzione superata e che comportava molti problemi di manutenzione. L'avviso è legato alla sua partecipazione al Comitato tecnico amministrativo del Provveditorato che dovette valutare il progetto di rinforzo degli stralli. Il Comitato, che valutò il progetto solo sulla base delle carte fornite da Autostrade senza la possibilità di accertamenti propri, diede parere positivo seppur facendo delle prescrizioni e osservazioni critiche. Brencich intervistato da una troupe del Tg1 ha detto: "Diedi un parere positivo perché non rilevammo urgenza o pericoli nelle carte che ci vennero consegnate".
Al centro delle indagini c'è ovviamente proprio lo scaricabarile che da almeno tre anni è andato avanti tra Autostrade e Mit circa l’urgenza dei lavori di messa in sicurezza del pilone e degli stralli del Morandi che poi hanno ceduto.
Ai procuratori Walter Cotugno e Massimo Terrile spetta ora il compito di andare fino in fondo nelle indagini: capire perché non si è intervenuti prima su un’emergenza con priorità assoluta e di cui tutti erano perfettamente a conoscenza sia i vertici di Autostrade che del ministero delle Infrastrutture; individuare i responsabili a tutti i livelli e punirli in modo esemplare.

26 settembre 2018