Sentenza della Corte di appello di Roma
“Le mani della mafia su Roma”

Un anno dopo la ridicola condanna su Mafia Capitale emessa dalla decima sezione del Tribunale di Roma, presieduta dal giudice Rosanna Ianniello; il 6 settembre la Terza sezione della corte d’appello di Roma, presieduta dal giudice Claudio Tortora, ha completamente rovesciato il verdetto di primo grado e ha condannato la banda Carminati-Buzzi (18 imputati su 43) ai sensi dell’art. 416bis, ossia associazione mafiosa ma con pene sensibilmente ridotte.
In primo grado infatti la caduta del 416 bis ha indotto il collegio giudicante a dimezzare gli oltre 500 anni di carcere complessivi chiesti dalla procura di Giuseppe Pignatone. Mentre adesso a fronte di un capo di accusa molto più grave le pene invece di essere aumentate sono state ulteriormente ridotte.
Per il boss delle cooperative PD, Salvatore Buzzi, lo sconto di pena è di alcuni mesi: dai 19 anni comminati in primo grado passa agli attuali 18 anni e 4 mesi.
Molto meglio è andata all'ex Nar Massimo Carminati per il quale lo sconto è molto più cospicuo: da 20 anni a 14 anni e 6 mesi, e non è detto che li debba scontare tutti in regime di carcere duro dal quale era stato sollevato in seguito alla prima sentenza.
Sconto di pena anche per Luca Gramazio, il principale esponente politico del “centro-destra” alla sbarra, condannato a 8 anni e 8 mesi: in assise la condanna era stata a 11 anni. Stesso riconoscimento anche per Franco Panzironi, ex amministratore Ama, che passa dalla condanna a 10 anni a quella a 8 anni e 7 mesi. Sul fronte del PD, condanna confermata per l’ex presidente del consiglio comunale di Roma Mirko Coratti, sul quale non pendeva il 416bis, ma con una riduzione da 6 a 4 anni e mezzo di carcere. Condanna ridotta anche per Luca Odevaine, che aveva patteggiato, la pena è stata rideterminata: 5 anni e 2 mesi e interdizione limitata a cinque anni.
Ora si aspettano le motivazioni della sentenza e soprattutto la conferma della Cassazione.
Ma per il procuratore Pignatone e per il suo ufficio la cosa importante è che la nuova sentenza conferma in pieno l’impianto dell’accusa e ribadisce che a Roma non si trattava solo di “semplice” corruzione ma di associazione mafiosa.

26 settembre 2018