Rapporto dell'Onu
821 milioni di affamati nel mondo

 
Il rapporto su “Lo stato della sicurezza alimentare e nutrizione nel mondo 2018” presentato l'11 settembre scorso a Roma nella sede della Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura denunciava che nel 2017 erano ben 821 milioni gli affamati nel mondo, 1 su 9 della popolazione mondiale, dei quali 150 milioni sono bambini. Un numero enorme che è in crescita da tre anni, erano quasi 784 milioni nel 2014, che riporta la situazione a dieci anni fa e rende ancora più difficile il raggiungimento dell'obiettivo “Fame zero” entro il 2030 lanciato dall'organizzazione dell'Onu.
Il rapporto evidenzia che il passo indietro è dovuto alle conseguenze delle crisi economiche, delle guerre, dei cambiamenti climatici, detto in altre parole dalla politica di rapina delle risorse mondiali senza nessun rispetto per l'ambiente e del controllo dei mercati da parte dei paesi imperialisti. Non lo dice chiaramente il rapporto preparato congiuntamente dalla Fao e dalle altre quattro grandi agenzie Onu che avrebbero il mandato di promuovere politiche per aumentare il benessere alimentare, sociale e sanitario soprattutto dei paesi più poveri, il World food programme/Pam (Programma alimentare mondiale), l’Unicef che si occupa di infanzia, l’Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo) e l’Oms/Who (Organizzazione mondiale della sanità) che resta al livello di una importante seppur generica denuncia.
Alla presentazione del rapporto a Roma la responsabile comunicazione del Programma Alimentare Mondiale sottolineava dal 2014 avevano registrato un incremento “vertiginoso sia in termini assoluti che in termini percentuali” del numero degli affamati, con una situazione peggiorata soprattutto in America Latina e in Africa. La piaga della fame dilaga ancora di più in quei paesi dove la sopravvivenza della popolazione dipende soprattutto dall’agricoltura, come nell’Africa sub-sahariana, con i sistemi agricoli più esposti alla variabilità del clima e agli eventi climatici estremi. Quella regione che comprende il Niger dove l'imperialismo italiano col governo Salvini-Di Maio è finalmente riuscito a mandare i suoi soldati.
Il rapporto si conclude con un appello ai paesi membri dell'Onu a “agire subito”, a “sviluppare partenariati e finanziamenti pluriennali di grande ampiezza in favore di programmi di riduzione e gestione dei rischi derivanti dalle catastrofi e di adattamento ai cambiamenti climatici, all’interno di una visione a corto, medio e lungo termine”. Questa attività è già in pieno sviluppo da parte dei paesi imperialisti e non certo per venire incontro ai problemi alimentari dei paesi poveri interessati, al contrario. Si chiama politica di accaparramento della terra, il Land Grabbing che secondo la denuncia di organizzazioni ambientaliste è cresciuto a danno delle comunità rurali locali dagli inizi di questo Millennio. Stati, gruppi e aziende multinazionali, società finanziarie ed immobiliari internazionali dei paesi imperialisti hanno acquistato o affittato 88 milioni di ettari di terre in ogni parte del mondo, un’estensione pari a 8 volte la grandezza dell’intero Portogallo, per colture alimentari e produzioni di biocarburanti, per distruggere le foreste, per costruire aree industriali o turistiche a loro vantaggio. Tra maggiori investitori ci sono gli Usa, la Gran Bretagna e l’Olanda, la Cina, l’India e il Brasile, gli Emirati Arabi Uniti, la Malesia e Singapore. E i paesi definiti paradisi fiscali che convogliano le operazioni finanziarie per le multinazionali che continuano a agire indisturbate, alla faccia dell'inutile Onu e delle sue agenzie.

3 ottobre 2018