Intervento di Cammilli al Congresso Filctem CGIL Toscana
Serve un grande sindacato unico di tutti i lavoratori e di tutti i pensionati. La CGIL si opponga senza sconti al governo Salvini-Di Maio

Anzitutto saluto tutti i compagni presenti. Sono operaio in un'azienda chimica di Santa Croce sull'Arno, in provincia di Pisa.
Sono un delegato che sostiene la mozione 2 perché penso che la linea della Cgil di questi ultimi anni sia stata fallimentare, che non sia stata adeguata alla durezza dell'attacco che il padronato e i vari governi hanno scatenato contro i lavoratori.
Una delle critiche principali che mi sento di fare alla dirigenza Cgil è quella di aver contestato solo formalmente, ma acconsentito sostanzialmente, tutte le controriforme invece di chiamare i lavoratori alla lotta e alla mobilitazione contro la cancellazione dell’articolo 18, la legge Fornero, l’attacco ai contratti collettivi nazionali, la precarietà dei rapporti di lavoro.
Non ci possiamo giustificare scaricando la colpa di questo immobilismo sui lavoratori, con la mancanza di fiducia di chi ha dovuto subire decenni di sconfitte economiche e sociali. È inaccettabile che il più grande sindacato italiano subisca passivamente tutto ciò, considerandolo come un processo irreversibile, del quale si può solo prendere atto senza cercare di cambiarlo.
Dovremmo ripartire dal fatto che il sindacato deve avere come unico obiettivo la tutela e l’estensione dei diritti, migliori condizioni economiche e di vita per i lavoratori a prescindere da chi rappresenta al momento il governo in carica. Troppe volte con Prodi, Monti, Letta e inizialmente anche con Renzi, la Cgil ha tenuto un atteggiamento troppo accondiscendente, accodandosi a quanti dicevano che la crisi imponeva sacrifici a tutti, anche ai lavoratori, che poi alla fine sono stati gli unici che hanno pagato.
L'autonomia dai governi dev'essere reale. A maggior ragione in una situazione dove non c'è in parlamento quasi nessuno che appoggia le rivendicazioni della Cgil e dei lavoratori, come ha dimostrato la discussione sul cosiddetto “decreto dignità” dove di fronte alla proposta di abolizione dell'articolo 18, la stragrande maggioranza del parlamento ha votato contro, compreso i 5 Stelle e la Lega.
Di fronte ai grandi cambiamenti politici e tecnologici che si sono posti di fronte, la Cgil ha sempre risposto con grandi e condivise mobilitazioni, promuovendo la morale e la cultura solidaristica e unitaria delle lavoratrici e dei lavoratori. Adesso si risponde quasi esclusivamente con la concertazione e la collaborazione, subendo la perdita di quasi tutti i diritti faticosamente conquistati.
Noi vorremmo che la CGIL si riappropriasse innanzitutto di una rivendicazione generale che chieda un posto di lavoro per tutti, stabile, a salario pieno e sindacalmente tutelato.
Non sono d'accordo su una Cgil posizionata come sindacato istituzionale, un sindacato che guarda più ai problemi economici generali del capitalismo e degli imprenditori che a quelli dei lavoratori. Questa linea porta di conseguenza ad accettare le imposizioni e i tagli alla spesa pubblica imposti dai governi locali, nazionale e dall'Unione Europea, che non si può cambiare perché essa è nata come associazione monopolista e imperialista.
Si parla tanto di pensioni; si riconosce che la legge Fornero ha provocato una “grave frattura” con il passato ma non c'è la minima autocritica del gruppo dirigente all'atteggiamento tenuto dalla Cgil verso la controriforma pensionistica dell'allora governo Monti.
Siamo arrivati al punto di far apparire Salvini e la Lega come i demolitori della legge Fornero, anche se sappiamo che in realtà non è così perché quota 100 sarà probabilmente rimandata e le pensioni avranno un importo più basso.
Dobbiamo rivendicare subito l’abrogazione della legge Fornero, rilanciando il ritorno al sistema retributivo, con particolare attenzione alla condizione delle donne.
Lo stesso discorso lo si può fare sul Jobs Act, tanto criticato a parole ma che nel concreto non fu contrastato con fermezza. Anziché fare una lotta immediata e duratura, se ne chiese la modifica e lo sciopero fu indetto quando il Jobs Act era già in fase di approvazione in parlamento.
Va chiesta e pretesa l’abrogazione del Jobs Act, senza mezzi termini, poiché si tratta della peggior riforma del lavoro dell’Italia repubblicana; contestualmente dobbiamo chiedere il ripristino dell'articolo 18 e di tutti gli “ammortizzatori sociali” che essa ha cancellato. Non possiamo lasciare che Di Maio proclami di “aver abolito” il Jobs Act, anche perché non è vero.
La CGIL deve seriamente contrastare la precarietà, il lavoro gratuito e l'alternanza scuola-lavoro utile solo alle aziende.
Sulla sanità la Cgil rivendica l'obiettivo di “ripristinare la garanzia del diritto universale alla salute” che oramai non esiste più. Purtroppo però i contratti firmati anche dalla Cgil portano tutti ad un'estensione del cosiddetto welfare aziendale e sanitario. Se si sviluppa la sanità privata è chiaro che si tolgono soldi alla sanità pubblica e gratuita, altro che sanità complementare.
Un'altra breve riflessione la voglio fare sul salario e sulla riduzione dell'orario. Si prende atto che “l'Italia è il Paese con l'orario contrattuale più lungo e i salari più bassi e ha divari salariali tra uomini e donne inaccettabili”. Ma nel concreto cosa è stato fatto? Dov'è finita la richiesta delle 35 ore lavorative? Si è dato mano libera alle aziende sull'orario, concedendo sabato e domenica lavorativi in tutti i settori cancellando di fatto il lavoro straordinario che nella maggior parte dei contratti diventa ordinario.
Dobbiamo rilanciare unitariamente e con forza la richiesta di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, in particolare adesso con l’introduzione massiccia di nuove tecnologie, che spingono il padronato a licenziare migliaia di lavoratori. È l’unica via per salvaguardare il lavoro in ogni settore, da quello operaio, a quello impiegatizio.
Un altro punto dove la Cgil ha dei buoni propositi, ma che poi non vengono mantenuti, è nella “difesa e valorizzazione del Contratto nazionale”. È da almeno una decina di anni che si svilisce il Ccnl a vantaggio del cosiddetto 2° livello territoriale o aziendale e della produttività, escludendo la grossa fetta di lavoratori impiegati nelle piccole aziende persino dal recupero dell'inflazione.
La contrattazione nazionale deve rimanere il terreno principale di lotta altrimenti avremo un ritorno alle gabbie salariali e un aumento delle disuguaglianze tra Nord e Sud, tra grandi e piccole aziende.
Un'ultima osservazione la vorrei fare sull'antifascismo. I movimenti neofascisti ed il razzismo dilagante sono un grande pericolo, vediamo il moltiplicarsi ogni giorno delle loro azioni squadriste, dobbiamo promuovere anche come sindacato forme di mobilitazione incisive per mettere fuorilegge queste organizzazioni neofasciste, storicamente nemiche dei lavoratori. Che non si ripetano più marce indietro come a Macerata.
È il concetto generale dell’attività della CGIL degli ultimi anni che non convince, neanche la cosiddetta Carta dei diritti, modellata più sulla tutela individuale di un mondo del lavoro deregolamentato, che sulla tutela collettiva, rivendicativa generale. Non possiamo accettare il concetto di sindacato “istituzionale” e “cogestionario” che entra nei consigli di amministrazione, poiché gli interessi dei lavoratori non coincidono con il profitto perseguito dalle aziende.
Il sindacato è in difficoltà, non riesce a rappresentare i nuovi lavoratori ma non credo che la soluzione sia una legge basata sul Testo Unico sulla Rappresentanza (TUR), attraverso una legge che dia il monopolio sindacale ad alcune organizzazioni, che accoglie solo i sindacati che accettano certe regole del gioco, e poi impedisce a chi non è d'accordo di poter dire di no e persino di scioperare.
Non serve una “nuova proposta di unità sindacale fondata sulla confederalità” con Cisl e Uil.
Serve invece un grande sindacato unico di tutti i lavoratori e di tutti i pensionati, ma costruito dal basso e non dalle burocrazie sindacali. Per riconquistare la fiducia e il sostegno dei lavoratori serve un sindacato aperto, fondato sulla democrazia diretta, con al centro gli interessi dei lavoratori e dei pensionati e che rifiuti la politica dei redditi, delle compatibilità, dei sacrifici, sempre sottomessa agli interessi delle aziende.
Sono rivendicazioni ambiziose ma la CGIL se ne deve fare carico. Di sicuro, non possiamo confidare in governi “illuminati” o “amici” che la pratica ha dimostrato non esistere, compreso il governo Salvini-Di Maio attualmente in carica.
Un governo che in molti hanno definito razzista, trumpiano, populista ma per molti aspetti direi fascista, sia negli aspetti simbolici, come quello di affacciarsi ai balconi, negli slogan “me ne frego”, “tiriamo dritto”, o al richiamo del “popolo” contro le “plutocrazie” europee di mussoliniana memoria, ma che si richiama al ventennio nero anche nel concreto attuando politiche xenofobe, repressive, omofobe e antiabortiste.
Un governo che al di là della propaganda lascia intatte le diseguaglianze sociali, di genere e territoriali e non parla di un piano per la piena occupazione, che non può essere sostituito dall'assistenzialismo del “reddito di cittadinanza”, peraltro limitato, al ribasso e provvisorio”. Un governo invece molto attivo nel togliere le tasse ai più ricchi con la flat tax e nel fare sconti agli evasori con il condono fiscale.
Io credo sia giunta l'ora che la Cgil faccia sentire la propria voce e quella dei lavoratori, che si opponga alle politiche del governo Salvini-Di Maio senza sconti, senza ripetere gli errori del passato.
Grazie.
 

31 ottobre 2018