Elezioni presidenziali in Brasile
La destra fascista al potere in Brasile
La sinistra borghese di Lula le ha aperto la strada
Il 21,3% diserta le urne, l'astensionismo raggiunge il dato record del 30,87%

 
Jair Messias Bolsonaro, il militare in pensione e deputato federale 63enne del Partito Social-Liberale, è il 42esimo presidente del Brasile. Nel ballottaggio del 28 ottobre ha battuto il delfino di Lula, Fernando Haddad, candidato del Partito dei Lavoratori (Pt), con 57,8 milioni di voti contro i 47,05, pari al 55,20% dei voti validi contro il 44,8%. Un risultato che appariva scontato già dal primo turno del 7 ottobre quando Bolsonaro era risultato primo col 46% dei voti validi contro il 29.3% di Haddad.
“Il Brasile prima di tutto, Dio prima di tutto” è uno degli slogan caratterizzanti del candidato della destra fascista, della corrente borghese che ha trovato il cavallo vincente per chiudere la parentesi di oltre dodici anni di governi della sinistra borghese e tornare ai tempi bui della dittatura militare, tra il 1964 e il 1985, difesa più volte da Bolsonaro che all'epoca si è formato nell'esercito fino al grado di capitano. Le sue dichiarazioni contro le donne e le minoranze razziali, etniche e sessuali, assieme a quelle a favore della dittatura militare e della tortura e alle proposte di riforme economiche liberiste con tagli alla spesa pubblica e privatizzazioni, completano il curriculum del nuovo presidente brasiliano omofobo, razzista e fascista.
I governi brasiliani dopo il 1985, compresi i due di Lula e della Roussef dal 2003 al 2016, non hanno mai fatto nulla contro i responsabili di 21 anni di dittatura. E non è questo l'unico favore col quale la sinistra borghese di Lula ha aperto la strada al ritorno della destra. Anzi le ha spianato la strada, dalle promesse non mantenute sulle riforme sociali, che le hanno fatto progressivamente perdere il consenso della sua base popolare, al coinvolgimento nel più grande scandalo di corruzione pubblica del paese, l'inchiesta Lava Jato del marzo del 2014, che ha portato nell'agosto del 2016 all'impeachment della presidente Dilma Rousseff e all'eliminazione della corsa alle presidenziali di Lula condannato a 12 anni di reclusione per corruzione.
Secondo i dati forniti dal tribunale elettorale, al turno di ballottaggio 31,4 milioni di elettori hanno disertato le urne, pari al 21,3% del corpo elettorale; con i voti nulli, 8,6 milioni pari al 7,4%, e quelli in bianco, quasi 2,5 milioni pari al 2,15%, il totale dell'astensionismo ha raggiunto i quasi 42,5 milioni di elettori pari al 30,87%. Quasi un elettore su tre si è astenuto, un dato record per il Brasile dove il voto è obbligatorio e l’astensione senza giustificato motivo è punita con una multa, superiore a quello delle presidenziali del 2014 quando fu scelto da quasi 42 milioni di elettori, il 28,5%; allora Dilma Roussef fu rieletta con quasi 56 milioni di voti, un risultato non troppo distante da quello vittorioso di Bolsonero.
Nel primo messaggio dopo la vittoria, lanciato sul suo sito Fb, Bolsonaro ha sostenuto che “grazie a Dio sono riuscito a interpretare la volontà dei nostri concittadini. Il Paese chiedeva un cambio. Non potevano continuare a vivere con il populismo, l'estremismo, il comunismo della sinistra e ora la verità comincerà a regnare in ogni casa del paese, cominciando dal suo punto più alto, che è la presidenza della Repubblica. Dobbiamo seguire l'insegnamento di Dio. Faremo un governo che possa portare il nostro Brasile nel posto che merita”.
Fra i primi a congratularsi, il collega fascista presidente americano Donald Trump, uno dei punti di riferimento di Bolsonaro, assieme alla francese Marine Le Pen e all'olandese Geert Wilders. Chiude la parata fascista e razzista Steve Bannon, l'ex stratega politico di Trump impegnato a organizzare un'internazionale nera dei vari leader della destra sparsi per il mondo, che in un'intervista alla Bbc, diffusa alla vigilia del ballottaggio, dichiarava che “sono solo un simpatizzante” di Bolsonaro, definito “un politico notevole” e comparato con Matteo Salvini: “È come quello che sta succedendo in Italia e negli Usa: la gente respinge un tipo di classe politica perpetua, che è legata al capitalismo clientelare, la corruzione e l'incompetenza. In Italia, Salvini e il Movimento 5 Stelle si sono organizzati contro questo tipo di cose, e credo che questo è uno dei ponti principali a favore di Bolsonaro”.

31 ottobre 2018