Mieli non vede il fascismo in Italia
L'ex rivoluzionario da strapazzo copre il regime neofascista, il governo che lo rafforza e i gruppi neofascisti e neonazisti

Ora che cresce nel Paese l'allarme antifascista per il razzismo dilagante e i l'attivismo dei gruppi neofascisti e neonazisti, fomentati e incoraggiati dal governo nero Salvini-Di Maio, tanto che anche da parte di alcuni intellettuali si comincia a capire e denunciare in pubblico la vera natura dell'alleanza Lega-M5S, non fermandosi alla fuorviante categoria di "populista" ma chiamandola col suo vero nome, fascista, ecco intervenire prontamente i pennivendoli di regime a buttare acqua sul fuoco e cercare di dimostrare non c'è il pericolo di fascismo in Italia. Meglio ancora se il capo dei pompieri è una penna di grido e con un passato da sessantottino oggi pentito, come ad esempio l'onnipresente Paolo Mieli, che in questi giorni non ha perso un'occasione, tra editoriali e comparsate televisive, per smentire e irridere chiunque intraveda elementi di fascismo in questo governo e nell'attuale situazione politica.
Ed ecco allora il nostro ex rivoluzionario convertito e oggi tra i massimi opinionisti della grande stampa borghese, scrivere un editoriale sul "Corriere della Sera" del 29 ottobre (il giorno dopo l'anniversario della “marcia su Roma” celebrato con una truce manifestazione dei neofascisti a Predappio), per sbeffeggiare Pierre Moscovici, che aveva evocato il fascismo quando l'eurodeputato della Lega Angelo Ciocca gli aveva platealmente calpestato gli appunti davanti alle telecamere: "La guasconata di Ciocca era stata esecrabile, ma che c’entra il fascismo?", commentava infatti con sufficienza Mieli bacchettando il commissario europeo agli Affari economici, magari anche per aver parlato in precedenza di "piccoli Mussolini" che si aggirano per l'Europa. E giù un lungo sermone per dimostrare che siccome da sinistra in Italia si è dato del fascista ad un sacco di gente che col fascismo non c'entrava nulla, tipo, guarda un po', presidenti come Gronchi, Segni, Saragat Leone e Cossiga, e poi Scelba, Andreotti, Craxi, Berlusconi "e perfino De Gaulle", allora il termine fascista avrebbe perso di significato e sarebbe usato ormai solo a sproposito e come un inutile artificio retorico.
Due giorni dopo, in un'intervista a "Il Fatto Quotidiano" sul suo ultimo libro in cui prende di mira il linguaggio "politicamente corretto", Mieli è ritornato sull'argomento, e a proposito dei pericoli di fascismo in Italia li ha così liquidati: "Credo che i nostalgici del regime siano un fenomeno marginale. Non si può mescolare il folklore a Predappio (sic) con un fenomeno politico che raccoglie un grande successo. Salvini e Di Maio sono emuli del fascismo? No. Possono essere pericolosi, mandare il Paese in bancarotta, ma non c'entrano niente col fascismo". E poi ha aggiunto: "Non vedo all'orizzonte un regime dove non ci sia libertà di voto, di culto, di stampa, di manifestazione del pensiero... per il puro gusto di usare quella parola - fascista, che sembra esprimere la condanna assoluta - si rinuncia a un'analisi fondamentale".
Non contento, il 5 novembre Mieli, ospite di "Otto e mezzo" su La7, facendo tra l'altro comunella con una giornalista del fogliaccio "Libero", se l'è presa con la scrittrice Michela Murgia, sottoposta a tiro incrociato per aver evocato il pericolo di ritorno al fascismo col governo Lega-M5S: "Il fascismo con la politica odierna non c’entra praticamente niente - è sbottato il due volte direttore del 'Corsera' - penso che ci siano altri rischi molto più gravi del fascismo. Io mi sono stancato, perché è da quando sono bambino che sento evocare tutti gli anni il rischio del fascismo. Basti pensare anche a quando c’era Berlusconi o ai tempi di Craxi. Questo Paese evoca da 70 anni di seguito il rischio del fascismo. La verità è che abbiamo chiamato ‘fascismo’ tante cose diverse e saremmo stati molto più efficaci se a ognuna avessimo dato un nome proprio".
Da quel ben pasciuto pennivendolo di regime che è diventato, l'ex rivoluzionario da strapazzo Mieli finge di non vedere la politica razzista e fascista del governo, che proprio in questi giorni sta approvando col voto di fiducia il decreto Salvini sui migranti e la sicurezza, così come riduce a innocuo folklore le adunate paramilitari fasciste a Predappio e al cimitero di Milano e la sfilata di Casapound a Trieste.
La stessa operazione negazionista che fa sugli ultimi 70 anni, quando finge di sorvolare su quisquilie come gli eccidi fascisti di Scelba, il governo Tambroni, il golpe De Lorenzo, le stragi di Milano, Brescia, Italicus, Bologna, Gladio, la P2, i disegni presidenzialisti e piduisti dei neoduce Craxi, Berlusconi e Renzi: tutti anelli della stessa catena che hanno portato all'instaurazione dell'attuale regime neofascista di cui il governo nero Lega-M5S è oggi il risultato.

7 novembre 2018