La mia esperienza come relatore del Documento 2 alle assemblee congressuali della FISAC CGIL

di Enrico Chiavacci
 
Il Centro del PMLI mi ha chiesto di raccontare su “Il Bolscevico” la mia esperienza alle Assemblee congressuali della FISAC CGIL, cosa che faccio ben volentieri.
Anzitutto devo dire che il mio approccio al documento di minoranza “Riconquistiamo tutto!” presentato al direttivo nazionale della CGIL al quale ha aderito un numero sufficiente di delegati per poter essere presentato con pari dignità al congresso CGIL, risale alla fine della scorsa primavera. La sua lettura, unita ai preziosi articoli prodotti dalla Redazione centrale de “Il Bolscevico” e alle indicazioni del Partito circa la necessità di un impegno diretto dei marxisti-leninisti nella fase congressuale, sono stati elementi fondamentali per aderire anche formalmente al documento, condividendone gran parte dei contenuti. Nella fase iniziale ho tentato, senza fortuna, di trovare referenti in categoria. Il congresso della CGIL offre una importantissima occasione per parlare con i lavoratori in tutte le categorie, esponendo loro concetti e posizioni con le quali altrimenti non verrebbero facilmente in contatto, e men che meno dalla CGIL, configurata sempre più come un monoblocco anche di “pensiero”, se così possiamo dire.
In sostanza la mia intenzione era quella di rendermi disponibile a presentare il documento 2 nella mia categoria, la FISAC CGIL (lavoratori bancari e assicurativi), e anche nelle fabbriche del mio territorio, sebbene appartenenti ad altri settori. L’opportunità di entrare in contatto con la classe operaia propriamente detta, organizzata in assemblea, e vista la grande difficoltà di relazionarcisi in altro modo a causa della frammentazione territoriale e dell’assenza di numerose grandi fabbriche in Valdisieve, era un'occasione troppo interessante per lasciarsela sfuggire; la mia mancanza di informazioni specifiche e aziendali di categoria, sarebbe probabilmente stata compensata dai grandi temi nazionali e interconfederali che erano centrali nel dibattito congressuale.
Nonostante le premesse e le intenzioni però, ho dovuto fare i conti con l’assenza di punti di riferimento del documento 2, logistici e organizzativi, della mia categoria ad ogni livello (dal territoriale al regionale), e dall’altrettanto evidente carenza di presidi territoriali che alla fine ha fatto di me e del compagno Massimo (FLC) i soli due relatori del doc. 2 in tutta la Valdisieve, con tutti gli sforzi, capaci di coprire poco più di una decina di assemblee contro le centinaia che si sono tenute da luglio in poi. Alla fine, sono riuscito a entrare in contatto con i coordinatori della mozione 2 solo in piena estate e, al momento in cui sono stato nominato fra i relatori, tantissime assemblee nelle fabbriche del territorio erano già state fatte, e tutte in assenza del relatore di minoranza. Un vero peccato, sia per il congresso in sé, sia per il nostro Partito. Sostanzialmente, ho presentato il documento di minoranza in otto assemblee del mondo bancario, molto eterogenee fra di loro: due banche di Credito Cooperativo, alcune grandi banche come MPS e Banca Intesa, settore assicurativo ed altro.
Il primo dato che salta agli occhi è la pochissima partecipazione, che mediamente in queste assemblee si è attestata al 18%, segno evidente di una profonda distanza fra le lavoratrici e i lavoratori ed il sindacato. Una poca partecipazione che denota anche bassa soddisfazione per le numerose trattative e gli accordi conclusi nel mondo bancario che, negli ultimi anni in particolare, ma genericamente durante tutto il periodo della crisi del capitalismo che si trascina dal 2008, è stato al centro di profonde ristrutturazioni, fusioni e perdite di posti di lavoro, incluse le vicende più spinose che hanno anche lasciato a secco i risparmiatori, ingannati dalle menzogne dirigenziali. Sicuramente la peculiarità di un settore vicino per gestione d’interesse ai centri di potere ed a loro strumentale, fa di questa categoria una sorta di “terra di mezzo”, dove però le contraddizioni economiche, salariali e di diritti sono sempre più evidenti; in particolare per i recenti assunti a termine o con contratti di somministrazione, tipologie di lavoro nemmeno ipotizzabili appena quindici anni fa.
Accordi quali il contratto ibrido (da tempo indeterminato rinegoziato con l’inserimento di tre giorni settimanali a partita Iva), oppure il continuo ricorso allo smart working o ai contratti e le ore di solidarietà, sono stati mal digeriti dagli impiegati bancari e per tutta risposta essi hanno deciso di non partecipare alle discussioni congressuali di un sindacato probabilmente ritenuto complice in qualche modo di questa deregolamentazione del lavoro.
Naturalmente questi temi, uniti a quelli più generali del precariato, dell’accondiscendenza di fatto della CGIL alla “riforma” Fornero e all’introduzione del Jobs Act da parte del governo Renzi per i quali si è solo accennato alla mobilitazione, ed alla mancanza assoluta di autocritica della segreteria uscente visti i penosi risultati degli anni scorsi sia in termini di difesa dei diritti, sia dal punto di vista salariale, sono stati insieme ad altri, i temi principali dei miei interventi alle assemblee di base.
Era importante inviare un messaggio di coscienza di classe ai presenti, sottolineando come sia inaccettabile che un sindacato di massa come la CGIL prenda solo atto della depauperazione dei diritti come se essa fosse un processo disgregativo irreversibile, frutto dei tempi e non dei conflitti di classe.
Un tema che ha fatto breccia ed è stato rilanciato più volte nel dibattito, è stata la considerazione da me proposta, secondo la quale “il lavoro non cambia da sé; non esistono processi naturali che fanno cambiare le dinamiche dei rapporti di lavoro; non esiste un lavoro che va, da solo, in una direzione (che poi è quella della flessibilità del salario sottopagato, ecc.); poiché tutto ciò è il risultato delle dinamiche aziendali e sindacali nel quale, a fronte di attacchi sempre più forti e spietati, la CGIL non ha saputo rispondere con iniziative di pari portata, capaci di mantenere proprio quei diritti conquistati a caro prezzo”.
Le altre posizioni, già accennate, espresse nella relazione quali la richiesta di abolizione delle “riforme” Fornero, Buona Scuola e Jobs Act, la posizione critica sul welfare aziendale (seppur in un settore coperto da queste forme integrative – ma in realtà e in prospettiva sostitutiva a quello pubblico), la rivendicazione della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, la centralità del Contratto Collettivo nazionale di ogni categoria, la critica all’inconsistenza della Carta dei Diritti, all’inconsistenza dell’antifascismo da salotto (si veda la vergognosa retromarcia di Macerata), alla rinuncia pressoché totale allo strumento dello sciopero come forma di lotta, fino alla necessità per la CGIL di tornare a fare coscienza e morale di classe, sono state capaci di stimolare la discussione e di ottenere anche numerosi consensi espressi in termini di voti.
Durante i dibattiti, che in realtà sono stati quasi tutti vivaci e interessanti, ho avuto anche la possibilità di introdurre e approfondire la posizione strategica del nostro Partito sulla necessità di costruire un sindacato unico delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati basato sulla reale democrazia diretta, con altre dinamiche interne e con altri principi sociali e politici, quando ce ne saranno le condizioni.
Insomma, nonostante tutte le difficoltà riscontrabili in una categoria non organizzata nella mozione di minoranza e nel fatto di relazionare in assemblee con l’obbligo di essere anche l’unico e sconosciuto candidato in lista per assenza totale di altri e contrapposto ai rispettivi delegati aziendali, ben conosciuti, della mozione 1, nelle 8 assemblee il documento 2 è stato votato dal 25% dei partecipanti. Una percentuale inaspettata, segno evidente della condivisione, nel merito, che le lavoratrici e i lavoratori del credito hanno trovato nei contenuti di “Riconquistiamo tutto!” e in particolare nella richiesta di una CGIL più coraggiosa e determinata nel difendere i loro diritti.
Questa situazione, apparentemente di pieno isolamento in categoria a livello provinciale, ha destato reazioni indispettite da parte della maggioranza ma, nella pratica, le assemblee si sono svolte sostanzialmente tutte in maniera franca e schietta, nel rispetto reciproco dei due relatori e delle loro rispettive idee. Altre considerazioni non politiche ma personali non mi interessano e per questo non ritengo utile nemmeno accennarle, non essendo di alcuna utilità per la dialettica congressuale né per il nostro bilancio di Partito.
L’unica nota degna di considerazione rimane il fatto che sia al congresso provinciale (nel quale ho dovuto sottolineare alcune dinamiche congressuali poco “democratiche”), sia al congresso regionale, ci sono stati alcuni interventi di delegati che, oltre ad aver apprezzato la presenza del relatore di minoranza alle assemblee di base “che mostrava una prospettiva diversa e che aiutava il dibattito”, mi hanno espresso solidarietà mettendo alla berlina gli atteggiamenti provocatori e d’intolleranza ad un pensiero diverso che si sono verificati in un paio di casi ma mai dalla platea congressuale. Un bell’attestato di stima che ho molto apprezzato.
È evidente che questo congresso ha messo a confronto due concezioni molto differenti del sindacato, del ruolo e della funzione delle delegate e dei delegati sindacali stessi; è stato significativo verificare che, mentre alcune segreterie consideravano frazionista e fuori luogo la presenza di un secondo documento completamente legittimo e normale in fase di congresso, contestualmente si aprivano fratture proprio all’interno dei delegati del documento “unitario” di maggioranza a causa del futuro segretario generale, Colla o Landini. Una contraddizione nel merito che la dice lunga sulle dinamiche presenti nei vertici della CGIL.
Tornando ai risultati, essi mi hanno consentito di partecipare come delegato al congresso provinciale e di esserne eletto nel direttivo; successivamente sono stato delegato al congresso regionale ed eletto nel medesimo direttivo in rappresentanza dei lavoratori del Credito Cooperativo che, a seguito della “riforma” delle BCC che sta per essere messa a terra, un CCNL scaduto da oltre 4 anni ed una contrattazione di secondo livello dal futuro incerto, dovranno affrontare periodi difficili e pericolosi da un punto di vista salariale e occupazionale. Continuerò pertanto a interessarmi anche nei prossimi 4 anni del settore nel quale lavoro e che mi compete, grazie al voto delle lavoratrici e dei lavoratori che si sono riconosciuti nei contenuti della minoranza e della linea proposta nel settore.
In conclusione, questo congresso è stato per me molto utile e formativo; anche stavolta ho potuto misurare sul campo la bontà della linea sindacale del PMLI e la sua utilità strategica e tattica e, soprattutto, ho rafforzato la mia convinzione secondo la quale i lavoratori sono disposti a capire, appoggiare ed anche a lottare, se sanno quali rischi corrono e per cosa lottano. Il nostro ruolo oggi rimane principalmente quello: fare analisi e informare le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati discutendo con loro e formando coscienza di classe capace poi di appoggiare le lotte necessarie che potremmo proporre. Di contro, ho trovato un’area programmatica di minoranza assente in FISAC in Toscana le cui ovvie negative ripercussioni – anche formali e organizzative per me di fatto al primo congresso – sono state sufficientemente sopperite dal confronto con altri compagni della Commissione per il lavoro di massa del CC del Partito e dall’impegno dei membri del gruppo “Il Sindacato è un’altra cosa” di Firenze che hanno coordinato in maniera ottima la partecipazione dei relatori in tutte le assemblee di base.
L’augurio è quello di poter fare assieme a loro in quanto area programmatica un bilancio sul Congresso, ed in separata sede, a livello di Partito, lo stesso bilancio sulla partecipazione alle assemblee di base di compagne e compagne marxisti-leninisti, per pianificare al meglio l’attività futura, in maniera coordinata e centralizzata quanto più possibile.

7 novembre 2018