Trump vuole abolire lo Ius soli e schiera 5200 marines contro la carovana di migranti

 
Con l'approssimarsi della scadenza delle elezioni politiche che cadono a metà del mandato presidenziale la campagna elettorale perenne di Donald Trump ha ripreso vigore in particolare su temi caratteristici della sua amministrazione quali razzismo e xenofobia e rilanciava un nuovo episodio della sua guerra ai migranti. Così tra una ennesima tregua, probabilmente di facciata come le precedenti, nella guerra commerciale con la Cina lanciata all'inizio del suo mandato presidenziale e la più facile esibizione dei muscoli contro l'Iran, con l'avvio delle più volte annunciate sanzioni dalle quali sono stati temporaneamente esentati i governi amici tipo quello italiano, tra prospettare, e subito ritirare, la cancellazione degli accordi sul nucleare con la Russia, Trump annunciava di voler abolire lo Ius soli e di schierare un numero, che aumentava progressivamente all'avvicinarsi della scandenza elettorale fino a 15 mila, di militari al confine con il Messico contro la carovana di migranti centroamericani in viaggio verso gli Usa. Due misure presentate dal fascista Trump come indispensabili per contrastare “l'invasione” dei migranti.
“Non entrerà nessuno” prometteva il presidente americano a fine ottobre al momento in cui annunciava l’invio di 5.200 soldati a protezione del confine con il Messico per bloccare la carovana di migranti le cui avanguardie arrivavano nella capitale messicana il 4 novembre. Alcune centinaia di migranti erano ospitati nell’accampamento allestito in uno stadio di Città del Messico, accolti anche dalla solidarietà della popolazione che donava vestiti e scarpe.
Una carovana di oltre 5 mila migranti era partita dall’Honduras lo scorso 12 ottobre per sfuggire alle persecuzioni e alle violenze del regime del presidente Juan Orlando Hernández, l'ultimo presidente amico della Casa Bianca che controlla il paese per conto del padrino americano dopo il golpe del 2009 contro il liberale Manuel Zelaya Rosales che aveva tentato un avvicinamento ai paesi latinoamericani progressisti. L'Honduras è considerato uno dei paesi più pericolosi del mondo per l'altissimo tasso di criminalità legato al traffico di droga. Una “creatura” dell'imperialismo americano le cui vittime sono le masse popolari e quei migranti che sono spinti dalla povertà e dal dilagare della criminalità a cercare un futuro negli Usa. Per Trump sono loro gli invasori che decidevano di marciare allo scoperto e non percorrere la via della migrazione clandestina nelle mani dei trafficanti e minacciava di tagliare gli aiuti all'Honduras e a Guatemala e El Salvador gli altri due paesi dai quali iniziavano a muoversi altre carovane.
Altra carta razzista giocata dalla Casa Bianca a fine ottobre era la ventilata proposta di abolire lo Ius soli, ossia l’abrogazione del 14mo emendamento della costituzione statunitense che recita “tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati uniti e soggette alla sua giurisdizione sono cittadini degli Stati uniti e dello Stato in cui risiedono”. Un atto xenofobo e razzista, al momento solo minacciato ma intanto il tema era sul tavolo e Trump poteva ruggire: “siamo l’unico paese al mondo dove una persona viene, ha un figlio e il bimbo è un cittadino con tutti i relativi benefici. Deve finire”. Rispondeva il responsabile di una associazione per i diritti degli immigrati: “il presidente non può cancellare la costituzione con un ordine esecutivo. È un tentativo chiaro di seminare la divisione e di soffiare sulle fiamme dell’odio anti-immigrati”.
 
 

7 novembre 2018