I lavoratori palestinesi in piazza contro il taglio delle pensioni

 
Il primo ministro palestinese Rami Hamdallah aveva assicurato che ci sarebbero stati gli spazi per una trattativa e la modifica dei punti contestati ma nonostante le proteste di piazza ha applicato dall'1 novembre la nuova legge sulle pensioni con un testo non molto dissimile da quello iniziale. Mentre gli occupanti sionisti continuano a colpire i palestinesi della Striscia di Gaza e a minacciare una nuova aggressione, l'Autorità nazionale palestinese (Anp) governa nei pezzi della Cisgiordania lasciatigli dall'esercito di Tel Aviv contro gli interessi dei lavoratori.
Questo è quanto denunciano sindacati, ordini professionali e alcune forze politiche, comprese componenti del partito Fatah, che resta la spina dorsale dell’Anp, che hanno dato il via alle proteste. Il 15 ottobre a Ramallah sono scesi in strada oltre 10mila lavoratori palestinesi e nei giorni successivi altre manifestazioni si sono svolte a Hebron, Betlemme e Nablus.
Le poche modifiche apportate alla proposta di legge del premier Hamdallah hanno riguardato la riduzione dal 7,5% al 7% delle trattenute sulla busta paga dei lavoratori e l’aumento del contributo dei datori di lavoro dall’8,5% al 9%. Quote destinate in parte alla futura pensione, che sarà al massimo il 40% dell’ultimo stipendio, e accantonate presso il neonato Istituto per la Previdenza Sociale.
Senza contare che non esiste uno Stato palestinese e l'Anp oggi vive anche con i contributi provenienti dagli Usa, quelli che Trump vuole tagliare, e si regge in piedi solo perchè ha accettato tutti i passaggi dei piani di pace imperialisti per la Palestina. Nessuna garanzia che l'Anp resti in vita e garantisca un ritorno pensionistico ai lavoratori.
 
 
 

14 novembre 2018