Intervento al Congresso nazionale della Filctem-CGIL che si è svolto il 27, 28, 29 novembre a Napoli
Bartoli attacca il governo nero Salvini-Di Maio e propone il sindacato unico dei lavoratori e dei pensionati

 
Care compagne e compagni,
mi chiamo Andrea Bartoli e sono operaio in una lavanderia industriale di Scarperia, in provincia di Firenze.
In questo Congresso sono sostenitore del documento numero 2 “Riconquistiamo tutto” e in tale veste mi sono impegnato a presentare il documento in alcune assemblee del territorio da dove provengo, il Mugello.
Volendo fare un bilancio di questi ultimi anni della linea sindacale seguita dalla CGIL, mi sento in dovere di fare una critica alla dirigenza ossia di aver contrastato solo formalmente (ma acconsentendo sostanzialmente) tutte le controriforme del lavoro attuate dai vari governi invece di chiamare i lavoratori alla lotta e alla mobilitazione contro la cancellazione dell'articolo 18, la legge Fornero, l'attacco ai contratti collettivi nazionali di lavoro e la precarietà dei rapporti di lavoro.
Non ci possiamo giustificare scaricando la colpa di questo immobilismo sui lavoratori, con la mancanza di fiducia di chi ha dovuto subire decenni di sconfitte economiche e sociali. Non è accettabile che il più grande sindacato italiano subisca passivamente tutto ciò, considerandolo come un processo irreversibile del quale si può solo prendere atto senza cercare di cambiarlo.
Dico ciò anche sulla base della mia esperienza lavorativa e sindacale svolta nella lavanderia industriale dove lavoro. Quando, ormai trenta anni fa, sono entrato a lavorare il nostro contratto collettivo nazionale di lavoro era molto avanzato, ben calato sulla realtà di un lavoro manuale che richiede un notevole dispendio di energia fisica e che, col passare degli anni, debilita fortemente le lavoratrici e i lavoratori. Col passare degli anni e con le controriforme del lavoro attuate dai governi che si sono succeduti anche il nostro contratto collettivo nazionale di lavoro si è molto indebolito per quanto riguarda la tutela dei lavoratori, dando così maggior potere di sfruttamento al padrone.
Ed è per questo che dico che il sindacato deve avere come unico obbiettivo la tutela e l'estensione dei diritti, migliori condizioni economiche e di vita per i lavoratori; un sindacato che metta al centro delle proprie rivendicazioni la richiesta di un posto di lavoro per tutti, stabile, a salario pieno e sindacalmente tutelato.
Anche perché rispetto all'uso dei cambiamenti tecnologici e agli attacchi dei diritti dei lavoratori da parte del padronato e dei vari governi fino a qualche anno fa il sindacato aveva sempre risposto con grandi e condivise mobilitazioni: adesso si risponde quasi esclusivamente con la concertazione e la collaborazione.
Un sindacato come la CGIL non può guardare principalmente ai problemi economici del capitalismo e degli imprenditori piuttosto che a quelli delle lavoratrici e dei lavoratori.
La CGIL, invece, si deve riappropriare delle seguenti rivendicazioni:
Ripristino dell'articolo 18;
Abolizione della legge Fornero;
Cancellazione del Jobs Act;
Lotta al precariato;
Difesa del Contratto collettivo nazionale di lavoro;
Critica al Welfare aziendale;
Difesa della sanità pubblica.
Il tutto indipendentemente dal governo che c'è in carica. L'autonomia dai governi in carica deve essere reale, non ci sono e non ci possono essere governi amici. Tanto più ora che non c'è quasi nessuno in parlamento che appoggia le rivendicazioni della CGIL e dei lavoratori, come ha ampiamente dimostrato la discussione sul cosiddetto “Decreto dignità” dove, di fronte alla proposta di ripristino dell'articolo 18, la grande maggioranza del parlamento ha votato contro, compresi il Movimento 5 Stelle e la Lega.
E allora, credo che per recuperare terreno e rappresentanza tra i lavoratori non serva il testo unico sulla rappresentanza che dà il monopolio sindacale ad alcune organizzazioni che accettano le regole del gioco e impedisce a chi non è d'accordo di poter dire di no e persino di scioperare. Come non serve una unità sindacale o meglio un sindacato unico nato dalla fusione di CGIL, CISL e UIL che inevitabilmente riproporrebbe la solita linea tenuta fin qui dai tre sindacali confederali.
Serve invece un grande sindacato di tutti i lavoratori e di tutti i pensionati, ma costruito dal basso e non dalle burocrazie sindacali.
Serve un sindacato aperto, fondato sulla democrazia diretta, con al centro gli interessi dei lavoratori e dei pensionati e che rifiuti la politica dei redditi e dei sacrifici sempre sottomessa agli interessi del padronato e fondato altresì sul potere sindacale e contrattuale delle assemblee generali dei lavoratori.
Un sindacato dove la democrazia sia reale e non limitata. Esigere che le lavoratrici ed i lavoratori votino le piattaforme e gli accordi contrattuali che li riguardano è un diritto sacrosanto tuttavia limitare la democrazia sindacale ad un semplice sì o no su contenuti elaborati da ristretti gruppi dirigenti non risolve, anzi nega, il problema di conferire il potere sindacale e contrattuale nelle mani della base.
In conclusione, serve un sindacato che si batta contro la politica fascista e razzista del governo attuale Salvini-Di Maio come testimonia il decreto su migranti e sicurezza dove passa il concetto che i migranti sono un problema per la sicurezza ed è giusto negare loro i diritti umani e costituzionali. Che si batta contro il documento di economia e finanza che non è certo una manovra del popolo come affermano gli esponenti governativi; dove tra l'altro non c'è nulla per il lavoro, per il Sud e non c'è l'abolizione della Fornero; c'è solo l'elemosina del reddito di cittadinanza.
 
 

5 dicembre 2018