Teniamo alta la bandiera del PMLI!
Abbasso i traditori!

 


Questa foto emblematica è stata scattata alla 4ª Sessione plenaria del 3° CC del PMLI tenutasi a Firenze il 20 febbraio 1988. Impugnano con fierezza e gioia rivoluzionarie la bandiera del PMLI, da sinistra a destra, Simone Malesci, Dario Granito, Monica Martenghi, Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, Mino Pasca e Emanuele Sala.
Alla sinistra di quest'ultimo c'era un membro dell'Ufficio politico, cancellato, che successivamente ha tradito il Partito e la causa del proletariato e del socialismo.
Altri sei membri dell'Ufficio politico, uno dopo l'altro, in anni diversi, l'ultimo di recente, non hanno retto alle prove della lotta di classe e della lotta ideologica all'interno del Partito e hanno abbandonato il Partito, in certi casi in maniera miserevole.
Questi tradimenti confermano che solo chi ha la stoffa del pioniere proletario rivoluzionario e marxista-leninista, cosciente dell'impresa titanica di aprire la via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista, è in grado di tenere testa alla borghesia e di esser fedele per tutta la vita all'impegno preso liberamente all'atto dell'ammissione al Partito del proletariato.
Il compagno Scuderi, nell'importante, acuto e lungimirante messaggio ai membri della delegazione nazionale del PMLI diretta dalla compagna Caterina Scartoni alla manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne e di genere svoltasi a Roma il 24 novembre, ha scritto: “Non guardiamo a chi tradisce il PMLI e la causa del socialismo, vittime delle pallottole inzuccherate della borghesia, ma a chi da oltre 51 anni tira la carretta del Partito senza badare a sacrifici e a rinunce pur di dare un corpo da Gigante Rosso al PMLI, avendo un'incrollabile fiducia verso il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il socialismo, il PMLI, le masse e in noi stessi”.
Trent'anni fa, la suddetta Sessione plenaria adottò, come documento del Comitato centrale, il magistrale Rapporto presentato dal Segretario generale del Partito dal titolo “Teniamo alta la bandiera del socialismo, dell'antimperialismo e dell'antifascismo”. In esso si dice: “La classe dominante borghese fa di tutto per liquidare il nostro Partito... La storia del nostro Partito è contrassegnata da feroci attacchi interni ed esterni della borghesia. Essa ci colpisce alla testa e alla base, al Centro e alla periferia... In questa situazione di assedio è facile che vadano i più deboli e che avvengano delle defezioni e anche gravi tradimenti. Ma noi riusciremo lo stesso a rompere l'accerchiamento, rinsanguare le nostre forze e a proseguire con più ardore di prima nella lotta mortale contro la borghesia... Non ci arrenderemo mai alla borghesia, non rinnegheremo mai gli ideali assunti liberamente e coscientemente, non verremo mai meno al giuramento fatto in occasione della morte di Mao. Allora dichiarammo pubblicamente e oggi ripetiamo in sede di Comitato centrale: 'Noi dobbiamo condurre fino in fondo la lotta di classe senza badare a sacrifici e senza aver paura di rimetterci la tranquillità della vita familiare, il posto di lavoro e anche la vita. I marxisti-leninisti sono fatti per la lotta, senza la lotta vengono meno alla loro natura, al loro carattere e ai loro compiti, ed è nella lotta di classe che acquistano qui meriti, quelle qualità e quegli onori che si è conquistato il presidente Mao'”.
Il PMLI da sempre lavora per formare nuovi dirigenti nazionali del Partito che abbiano questa impronta marxista-leninista. Ma fin qui pochi sono stati i casi riusciti. Alla fine ha avuto la meglio la borghesia. Non è infatti facile formare, e mantenere ancorati alle masse, nuovi dirigenti del Partito. Anche l'esperienza del Partito del proletariato russo lo conferma.
Nella lettera ai comunisti tedeschi del 24 agosto 1921, Lenin ha scritto: “Da noi, in Russia la formazione di un gruppo dirigente è durata quindici anni (1903-1917), quindici anni di lotta contro il menscevismo, quindici anni di persecuzioni da parte dello zarismo, quindici anni, tra i quali gli anni della prima, grande e possente rivoluzione del 1905. E, ciò nonostante, vi sono stati da noi casi penosi di compagni eccellenti che hanno 'perduto la testa'. Se i compagni dell'Europa occidentale immaginano di essere garantiti contro 'casi penosi' di questo genere, non si può lottare contro una simile puerilità” . Giusto!
Ne abbiamo avuto di “casi penosi”, specie l'ultimo, ma non per questo dobbiamo scoraggiarci, anzi dobbiamo decuplicare gli sforzi, con lo stesso impegno e con la stessa fiducia del passato, per formare nuovi dirigenti nazionali del PMLI che siano forti, determinati e agguerriti come i membri dei primi cinque Comitati centrali ancora fedeli alla causa.

5 dicembre 2018