Sentenza della Cassazione
La Lega deve restituire i 49 milioni rubati

La sentenza è ora definitiva: la Lega ladrona deve restituire i 49 milioni di euro rubati al popolo a titolo di rimborso elettorale nel triennio 2008-2010.
Lo ha stabilito la corte di Cassazione che il 10 novembre scorso ha respinto l'ennesimo ricorso presentato dai legali dei fascio-leghisti contro il provvedimento di sequestro emesso lo scorso 5 settembre 2017 dal Tribunale del riesame di Genova.
A chiedere la conferma della confisca dei soldi intascati dalla Lega, che per il Tribunale di Genova sono stati acquisiti con la presentazione di bilanci falsi, è stato il procuratore generale (pg) della Suprema Corte, Marco Dall’Olio, il quale durante l'udienza ha chiarito che il ricorso presentato dei legali di Salvini è da respingere in quanto il tribunale di Genova “aveva il dovere di adeguarsi al principio stabilito dalla Cassazione” il 3 luglio scorso ossia che “il partito di Salvini ha direttamente percepito le somme qualificate in sentenza come profitto del reato in quanto oggettivamente confluite sui conti correnti e non può ora invocarsi l’estraneità del soggetto politico rispetto alla percezione delle somme confluite sui suoi conti e delle quali ha direttamente tratto un concreto e consistente vantaggio patrimoniale”. Anche perché, ha ricordato ancora Dall'Olio: “esiste una precisa disposizione di legge che impone la confisca addirittura come obbligatoria nel caso in esame”, ossia per la truffa aggravata “senza quindi consentire al giudice della cautela alcuno spazio di disapplicazione della norma stessa per i dirigenti pro tempore di un partito politico che commettano reati rispetto alle posizioni di ogni altro imputato”.
Dunque sequestrare i soldi della Lega ovunque si trovano non è un atto arbitrario ma, ribadiscono i giudici: “un atto obbligatorio e non discrezionale” perché “ha il fine di ristabilire l’equilibrio economico alterato dalla condotta illecita per cui non è subordinato alla verifica che le somme provengano dal delitto in quanto il denaro deve solo equivalere all’importo che corrisponde al profitto del reato, non sussistendo alcun vincolo pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare”.
A luglio gli ermellini avevano già motivato la legittimità del provvedimento (del 12 aprile 2018) sostenendo che il malloppo della Lega andava sequestrato ovunque in quanto è stato accumulato grazie a una truffa sui fondi parlamentari.
Nelle motivazioni, redatte dal giudice Giovanna Verga (presidente Matilde Cammino), si sosteneva che il sequestro dei soldi deve andare avanti fino a raggiungere i quasi 49 milioni. E questo deve avvenire dovunque siano o vengano trovati i soldi riferibili alla Lega: su conti bancari, libretti, depositi.
Pertanto la Guardia di Finanza può legittimamente procedere al blocco dei conti della Lega in forza del decreto di sequestro emesso dalla Procura di Genova, senza necessità di un nuovo provvedimento per eventuali somme trovate su conti in momenti successivi al decreto.

5 dicembre 2018