Una settimana di manifestazioni in Francia
Ancora in piazza i gilet gialli, stavolta con gli studenti
Macron annuncia nuove misure per “voltare pagina” e mettere fine alle proteste

 
Il primo ministro francese Edouard Philippe spedito immediatamente all’Assemblea nazionale a spiegare i provvedimenti annunciati in televisione il 10 dicembre è il primo atto del presidente Emmanuel Macron per tentare di disinnescare quella che ha definito “la giusta collera” dei francesi e magari bloccare il quinto sabato consecutivo di proteste.
Preso atto che la moratoria sull'aumento dal prossimo gennaio delle tasse su benzina e diesel e delle tariffe di elettricità e gas dal decretati il 4 dicembre dal governo non avevano fermato la protesta, Macron annunciava il suo piano che vorrebbe dare l'idea di voltare pagina e intanto isolare il movimento dei gilet gialli che invece ha dato il via a una più larga mobilitazione contro la politica del presidente e del suo governo che ha coinvolto anzitutto gli studenti liceali e universitari contro la riforma dell'Istruzione.
Macron per prima cosa condannava “le violenze” dei manifestanti e prometteva che
non ci sarà “nessuna indulgenza” come se non bastassero la militarizzazione della capitale e di parte del paese, i fermi egli arresti preventivi nei sabati delle manifestazioni, i rastrellamenti stile nazista contro gli studenti come quello agghiacciante del 6 dicembre quando 151 liceali di Mantes-la-Jolie, nella periferia di Parigi, sono stati fermati e fatti mettere in ginocchio e con le mani sulla testa dalla polizia.
Appoggiato il manganello sulla scrivania Macron passava a blandire una parte dei manifestanti affermando che “non dimentico che c’è una collera, un’indignazione, che molti francesi possono condividere” e che “ritengo giusta per molti aspetti”. E di seguito elencava le misure che intendeva mettere in atto da subito per far fronte a una “emergenza economica e sociale” dalla eliminazione della contribuzione sociale generalizzata (CSG) per i pensionati che guadagnano meno di 2.000 euro al mese all'aumento mensile di 100 euro del salario minimo tutto a carico dello Stato, dalla detassazione degli straordinari alla richiesta alle aziende di pagare a fine anno un premio ai lavoratori.
Dalle proteste “emergono 40 anni di malessere” e “probabilmente da un anno e mezzo a questa parte non abbiamo portato risposte rapide e forti. Mi assumo una parte della responsabilità“, sosteneva Macron che invitava i francesi a “trovare insieme nuove strade per farcela”, “per lavorare tutti insieme alla costruzione di una nuova Francia“.
Secondo fonti governative il pacchetto di misure promesse dal presidente richiederà un finanziamento aggiuntivo tra gli 8 e i 10 miliardi di euro e potrebbe portare il rapporto tra deficit e pil fino al limite del 3%, una stima che ha già fatto rizzare le antenne a Bruxelles, alla Commissione Ue alle prese con gli sfondamenti prospettati da Roma.
Una parte dei gilet gialli abboccava alle proposte di Macron e affermava di voler sospendere le manifestazioni e di andare a vedere cosa il governo metterà nel piatto, una parte preparava altre proteste. Proseguivano quelle nelle scuole e università con le iniziative già programmate l'11 dicembre in circa 150 licei, un terzo dei quali occupati, e nelle quatro sedi universitarie di Tolbiac e Censier a Parigi, Nanterre e Rennes 2.
La mobilitazione studentesca era continuata nella prima settimana di dicembre con iniziative nelle sedi scolastiche e negli atenei ma anche con manifestazioni, blocchi stradali e scontri con la polizia in particolare a Marsiglia, Nizza, e Montpellier. Nella repressione poliziesca delle manifestazioni era evidente la volontà del governo di mostrare il pugno duro verso gli studenti per intimidire i manifestanti che sarebero scesi in piazza nelle iniziative programmate per l'8 dicembre. Rincarava la dose la ministra per la Coesione del Territorio, Jacqueline Gourault, che a una rete televisiva lanciava l'appello “a chi non è costretto ad uscire a rimanere in casa sabato perché ci sono rischi che vada a finire male”.
Il terzo sabato di proteste del movimento dei gilet gialli si svolgeva comunque in una Francia militarizzata. Il ministero degli Interni ha contato 125 mila manifestanti in tutto i paese, di cui 10 mila a Parigi; i poliziotti schierati erano quasi 90 mila, 10 mila nella capitale dove erano schierati anche 12 mezzi blindati. Nelle manifestazioni da Parigi a Marsiglia, da Lione a Tolosa a Bordeaux risuonava lo slogan “Macron dimettiti”, nella capitale alcuni manifestanti intonavano Bella Ciao . Lo stesso slogan gridato da alcune centinaia di gilet gialli che rallentavano per alcune il traffico alla barriera autostradale di Ventimiglia.
Un illegale blocco poliziesco dei manifestanti, fermati mentre erano in viaggio verso la capitale, ha limitato la partecipazione all'iniziativa principale che comunque si è svolta sui Champs Elysées e in altre zone tra edifici pubblici, musei, biblioteche e diversi negozi chiusi e con le vetrine schermate da pannelli di legno, chiuse una ventina delle stazioni centrali della rete metropolitana. I punti di concentramento erano presso l'Arco di Trionfo, per i manifestanti che acconsentivano a farsi perquisire e sull'avenue de la Grande Armée quelli che si erano rifiutati, altri gruppi di manifestanti si riunivano sulla circonvallazione e riuscivano a bloccare il traffico prima di essere caricati e sloggiati dalla polizia.
Al termine della giornata di scontri, con gli agenti che hanno anche sparato proiettili di gomma, si registravano più di 2 mila manifestanti fermati e più di un centinaio di manifestanti feriti.

12 dicembre 2018