In 20 anni un milione ha lasciato il Mezzogiorno, soprattutto giovani
Mezzo milione di napoletani e campani emigrati
Il primo motivo è la mancanza di lavoro. Gravi le responsabilità dei governi di “centro-sinistra”, del neopodestà De Magistris e del plurinquisito governatore De Luca

Redazione di Napoli
 
L’euforia dei dati “record” del turismo a Napoli e in Campania salutati dal neopodestà Luigi De Magistris e dal governatore campano plurinquisito Vincenzo De Luca con i peana a “l’economia che si rialza” e addirittura a “la creazione di posti di lavoro” levati della giunta antipopolare di palazzo S. Giacomo, è scemata a dicembre con la pubblicazione del rapporto Istat sulla emigrazione dall'Italia.
I dati sono impietosi e fanno a pugni con le corbellerie cianciate dalle istituzioni locali in camicia nera: in venti anni in Campania sono emigrate verso il Nord Italia o all’estero quasi mezzo milione di persone. Dal 1997 al 2017 sono emigrate oltre 463mila persone, la stragrande maggioranza giovani: un approdo negativo segnalato dal report “Mobilità interna e migrazioni internazionali della popolazione residente” diffuso dall’Istat. L’Istituto nazionale ha segnato il suo trend negativo con la crescita di emigrazione dal 2009 quando la fuga dalla Campania era di 316.345 persone, in piena giunta Bassolino (regione) e De Magistris (comune); nel 2013 il trend è peggiorato salendo a 402.793 cittadini e, nel 2017, addirittura a 463.994. Secondo l’Istituto l’emigrazione va a braccetto con la povertà e la disoccupazione, fenomeni sempre più radicati e diffusi con un Pil per abitante (che riguarda i conti economici territoriali su redditi e ricchezza) di 18,5 mila euro nel 2017 a fronte di un risultato pari a 35,4 mila euro nel Nord-Ovest, a 34,3 mila euro nel Nord-Est e a 30,7 mila euro nel Centro. “In termini di reddito disponibile per abitante – afferma l’Istat - il divario scende al 35,3%”.
Per dare un esempio del gap sempre più incolmabile tra Nord e Sud, in Campania il Pil, a prezzi corrente per abitante (2011-2017), è 18,2 mila euro mentre in Lombardia è di 38,2 mila euro.
Circa il dato emigratorio, la Campania e Napoli sono praticamente fanalini di coda: l’Emilia Romagna vede addirittura un aumento della popolazione - in venti anni - di 311.496 abitanti e la Lombardia, dal 1997 al 2017, di 265.515; in generale nelle altre regioni del Nord, in 20 anni, il saldo positivo è stato di 601.886 unità.
Un’ulteriore conferma di questa doppia velocità si rileva dal dato che ben 4 mila i giovani hanno lasciato la Campania per andare all’estero, in particolare nel Regno Unito per trovare lavoro, alla faccia della Brexit.
A confermare i dati Istat anche l’ultimo rapporto di Banca d’Italia, diffuso nei mesi scorsi, laddove si afferma che sono stati 54 mila i laureati che dal 2006 al 2016 hanno lasciato Napoli e la Campania, ossia dodici laureati ogni 100. In Campania l’offerta di lavoro per i laureati è inferiore di 10 punti percentuali rispetto alla media italiana, al punto che le assunzioni per chi ha “un pezzo di carta” tra il 2012 e il 2016 hanno rappresentato meno del 15% del totale, con un giovane su due che non lavora, cioè circa 300mila unità a livello regionale.
Il rapporto Istat evidenzia anche il dato relativo alla spesa pro capite per consumi finali delle famiglie a prezzi correnti nel 2017 che è di 20,4 mila euro nel Nord-Ovest, 20,2 mila euro nel Nord-Est, 18,3 mila euro al Centro e 13,3 mila euro nel Mezzogiorno: un divario complessivo tra Mezzogiorno e Centro-Nord di circa 32,4 punti percentuali, con la Campania fanalino di coda con il 12,3%. Per non parlare dei salari, degli stipendi e dei redditi di lavoro in generale pari nel 2017 a 39,3 mila euro nel Nord-Ovest, 37,6 mila nel Nord-Est e 35,3 mila nel Centro, 30,9 mila euro nel Mezzogiorno, con uno scarto di quasi 10 punti rispetto al Settentrione.
Il sommerso, l’illegalità, il lavoro sotto caporalato è una delle piaghe più devastanti nel territorio del Mezzogiorno: in Campania al 8,6%.
Il turismo è insufficiente perché sono ormai anni che, prima Bassolino poi De Magistris, hanno cercato di costruire una “città-vetrina” per attirare i turisti, soprattutto stranieri, ma facendo ingrassare le tasche dei già ricchi albergatori e ristoratori del lungo mare che spesso offrono ai giovani contratti part-time o assolutamente precari, lontani da qualsiasi proposta degna di dare un lavoro stabile, a salario pieno, a tempo pieno e sindacalmente tutelato. Un fallimento, quello sul lavoro, le cui responsabilità ricadono totalmente sul narcisista De Magistris, nonché su Vincenzo De Luca che non hanno avanzato uno straccio di piano di lavoro che sovvertisse i numeri implacabili sortiti dall’Istat; lo dimostra, tra l’altro, il continuo rinvio di assunzione dei precari “Bros” di Napoli e provincia che aspettano finalmente in migliaia l’entrata nel settore ambiente – con Napoli e il suo hinterland nuovamente oggetto dell’emergenza rifiuti – con presidi ormai quotidiani fuori la sede della Regione al centro direzionale. E invece le “orecchie da mercante” di De Luca ma soprattutto dell’ex magistrato anticomunista – ora impegnato a dare una leadership dopo l’assemblea di Roma alla cosiddetta “sinistra antagonista”, a settori di 5S delusi e ad altre forze a sinistra del PD – hanno prodotto solo sfaceli e arretramenti sul fronte del lavoro, del risanamento dei quartieri periferici, dell’ambiente e dei trasporti. Non sono nemmeno riusciti a mettere fuorigioco la camorra.
 

19 dicembre 2018