Il più alto numero dal 2008, secondo l'Osservatorio indipendente di Bologna. Almeno 200 di queste morti sfuggono alle statistiche.
1450 le morti sul lavoro nel 2018
Boscaiolo moldavo in nero abbandonato nel bosco dal padrone. L'Inail denuncia che nel 2017 sono stati oltre 55 mila gli infortuni di giovani sotto i 14 anni

La drammatica storia del giovane boscaiolo moldavo il cui cadavere è stato rinvenuto il 13 dicembre scorso in un bosco del Trentino, ha suscitato molta indignazione nell'opinione pubblica e riacceso i riflettori sull'ecatombe di lavoratori che quotidianamente perdono la vita sul posto di lavoro a causa delle bestiali condizioni di sfruttamento, senza contratto né diritti e tutele sindacali, a cui sono sottoposti non solo i migranti ma anche e sempre più diffusamente gli italiani.
Per quasi un mese la morte di Vitali Mardari, un giovane di 28 anni, originario della Moldavia, è stata avvolta nel mistero. Si pensava fosse morto travolto da un albero. Ma dai successivi accertamenti dei carabinieri si è scoperto che non si è trattato di una morte accidentale.
A occultare il cadavere del giovane boscaiolo è stato il padrone di un’impresa boschiva bellunese perché non voleva far sapere che in realtà il giovane era morto la mattina del 19 novembre nel cantiere della sua impresa, dove lo aveva impiegato senza contratto, in nero.
Vitali è morto mentre con alcuni colleghi era intento a montare una teleferica forestale, di quelle che si utilizzano per l’esbosco. All’improvviso un cavo di acciaio si è staccato e lo ha colpito in pieno sulla testa non lasciandogli scampo.
Gli altri lavoratori avvisano subito il titolare dell’impresa. Lui, arrivato sul posto – sempre secondo la ricostruzione dei Carabinieri – non perde nemmeno tempo a verificare le condizioni del giovane moldavo. Lo carica sulla sua auto e lo trasporta a quasi 600 metri di distanza. Lo appoggia sul terreno, nel bosco, accanto a una scarpata e tutto intorno mette dei pezzi di legno per simulare un incidente. Poi chiama una guardia boschiva, dice di aver trovato quel cadavere per caso e di non conoscerlo.
Ora l’imprenditore dovrà rispondere di omicidio colposo con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e di frode processuale.
Ma Vitali è solo uno dei tanti casi morte nei luoghi di lavoro. Secondo l’Osservatorio indipendente di Bologna, fondato nel 2008, all'indomani del rogo alla Thyssenkrupp di Torino dall’ex operaio Carlo Soricelli con lo scopo di tenere alta l’attenzione sulle stragi di lavoratori nei luoghi di lavoro, nel 2018 si è registrato il record negativo di morti sul lavoro nel corso degli ultimi dieci anni, con oltre 1.450 lavoratori che hanno perso la vita e la beffa che almeno 200 di queste morti sfuggiranno alle statistiche ufficiali.
I casi sono passati dai 634 del 2017 ai 703 dell’anno appena trascorso: mai così tanti dal primo gennaio 2008. Aggiungendo i 747 morti nel tragitto tra casa e lavoro (nel 2017 erano 716) si arriva a 1.450. Cento in più rispetto al 2017, anno in cui i casi conteggiati dall’Osservatorio sono stati 1.350, mentre quelli denunciati all’Inail si sono fermati a 1.112.
La discrepanza dei dati è dovuta al fatto che l’istituto pubblico per la sicurezza nei luoghi di lavoro si limita a comunicare il numero di denunce che riceve. Ma si che in molti casi, specie se si tratta di lavoratori a nero, gli incidenti non vengono denunciati. A questi si aggiungono tanti altri lavoratori che non risultano assicurati con l’Inail e che quindi vengono automaticamente esclusi dal triste conteggio delle vittime.
Più completi sono invece i dati riportato dall’Osservatorio di Bologna che tra l'altro sottolinea che: delle oltre settecento vittime “ufficiali” del 2018, una su tre era impiegata nell’agricoltura. In questo settore, fa notare ancora l'Osservatorio, spesso è fatale l’utilizzo del trattore: ben 149 sono i morti schiacciati dal ribaltamento del mezzo. Nell’edilizia, invece, i decessi sono il 15,2 per cento. Seguono poi gli auto-trasportatori con il 12,1 per cento e l’industria con il 7,8 per cento.
I dati Inail più aggiornati, invece, si fermano ai primi dieci mesi del 2018. Ma anche questi confermano il peggioramento rispetto allo scorso anno. Da gennaio a ottobre, infatti, le denunce di infortunio mortale sono state 945, salite di 81 unità rispetto al 2017. Le morti avvenute durante il lavoro sono passate da 619 a 648; quelle in itinere da 245 a 297. Su questi aumenti hanno influito alcuni gravissimi incidenti entrambi accaduti ad agosto: il crollo del Ponte Morandi di Genova, dal quale sono scaturite 15 denunce, gli altri due riguardano gli incidenti dei pullman di braccianti stranieri avvenuti nel Foggiano (16 vittime).
L’aumento, però, si registra anche in tante altre Regioni: la Lombardia è passata da 114 a 133 vittime, il Veneto da 75 a 100, il Piemonte da 67 a 87. I più colpiti sono i lavoratori con età compresa tra i 50 e i 64 anni: 441 dei morti segnalati sono collocati in questa fascia (erano 366 nel 2017). Tutti questi numeri si riferiscono alle denunce ricevute dall’Inail. Non tutti i casi arrivati negli uffici dell’istituto saranno riconosciuti come morti sul lavoro. La statistica ufficiale, insomma, subirà un’altra sforbiciata dopo l’istruttoria che servirà a verificare se i deceduti erano assicurati presso l’Inail e se c’è un chiaro nesso di causalità tra la prestazione lavorativa e la morte. Delle 1.112 denunce del 2017, per esempio, solo 617 sono state riconosciute dall'Inail.
Basti pensare ad esempio alle multinazionali che gestiscono le consegne di cibo a domicilio le quali non sono obbligate ad assicurare i propri rider, poiché inquadrati come lavoratori autonomi: al massimo alcune hanno stipulato polizze private, spacciandole come generose concessioni.
Dietro questi numeri però ci sono le storie di vite strappate in modo brutale e di famiglie rovinate. A cominciare proprio da quella dei due fattorini – un diciannovenne e un ventinovenne - morti sul lavoro negli ultimi sei mesi; quella del ventottenne morto agli inizi del 2019 ad Agrigento per l’esplosione di una bombola di ossigeno nel capannone industriale di una fabbrica di medicina. O come quella di settembre, quando una fuga di gas è costata la vita a due dipendenti dell’Archivio di Stato di Arezzo.
Il sistema economico capitalistico si nutre per sua stessa natura del sudore e del sangue dei lavoratori, ecco qual è la causa ultima di questa inarrestabile ecatombe operaia.

16 gennaio 2019