Dal Rapporto dell'Ufficio politico al 3° Congresso nazionale del PMLI presentato da Giovanni Scuderi
La lotta tra le due linee all'interno del PMLI

Riportiamo qui di seguito il testo integrale del paragrafo dal titolo “La lotta tra le due linee all'interno del Partito” tratto dal VII capitolo intitolato “La lunga marcia organizzativa del PMLI” del Rapporto dell'Ufficio politico del PMLI al 3° Congresso nazionale del PMLI presentato da Giovanni Scuderi, Segretario generale del Partito, che si è tenuto a Firenze dal 27 al 29 dicembre 1985. Il suddetto testo si trova alle pagine 120, 121, 122, 123 del volume sul Congresso edito dal PMLI.
Questo scritto è utile per rinfrescare la memoria sul tema dei vecchi membri e simpatizzanti del PMLI che col tempo, e non avendo l'abitudine di rileggere, quando occorre, gli elaborati del Partito, è facile perderla; è utile per essere in sintonia col Partito nell'affrontare le contraddizioni al suo interno; è utile ai nuovi membri e simpatizzanti del PMLI per farsi una idea corretta del Partito e per assumere fin da subito un atteggiamento vigilante, attivo e combattivo nella critica e nell'autocritica, essenziali per la crescita ideologica e politica individualmente e collettivamente e per il consolidamento e lo sviluppo rivoluzionari e marxisti-leninisti del Partito; è utile perché ognuno prenda coscienza che il problema è di viva attualità nel Partito.
Questo scritto è utile anche perché dà delle indicazioni concrete su come criticare e correggere i membri del PMLI che commettono degli errori e su come impedire al revisionismo di svilupparsi nel Partito e agli agenti della borghesia di impadronirsi di esso per fargli cambiare colore. Dobbiamo tenere bene a mente la grande esperienza storica del PMLI sulla lotta tra le due linee al suo interno e comportarsi in maniera coerente e conseguente senza concedere nulla a chi porta all'interno del Partito idee, concezioni e proposte dei nemici di classe.
Il documento del CC dal titolo “La situazione politica italiana e il grande balzo in avanti del PMLI” pubblicato il 29 ottobre 1983, aveva già impostato la questione e la sua risoluzione con queste parole: “Se vogliamo rafforzare l'unità del Partito e correggere i compagni che sbagliano, bisogna usare con maggior forza l'arma della critica e dell'autocritica. Deve diventare un'abitudine come lavarsi la mattina. Quando facciamo il bagno, a volte è anche necessario usare il bruschino per asportare il sudicio piuttosto resistente. Perché allora prendersela se in certi casi i compagni fanno delle critiche piuttosto rudi?
Mao, che di queste cose se ne intendeva, dice: 'Le critiche debbono essere mordenti. Secondo me, in questa riunione, alcune non lo sono state abbastanza, come se si avesse sempre paura di offendere la gente. Se non siete abbastanza mordenti, se non colpite in modo penetrante, l'altro non sentirà dolore e non vi presterà attenzione. Si debbono fare i nomi, i cognomi, indicare di quale dipartimento si tratta. Tu non hai lavorato bene e io ne sono scontento, se ti offendi peggio per te. La paura di offendere la gente è senz'altro la paura di perder dei voti o anche il timore di non avere buoni rapporti di lavoro. Se tu non voti per me forse non mangio? Niente affatto. In realtà se tirate fuori i problemi e li mettete chiaramente sul tavolo ci si intende meglio. Non bisogna smussare gli angoli.
Perché il toro ha due corna? - domanda Mao - Le ha per lottare: per difendersi e per attaccare. Spesso chiedo ai compagni: sulle vostre teste avete 'corna'? Voi, compagni potete tastarvi un po'. Secondo me, alcuni compagni hanno 'corna, altri le hanno, ma non talmente appuntite, altri ancora non le hanno affatto. Io credo che avere due 'corna' è un bene, perché è conforme al marxismo. Il marxismo ha una regola che si chiama critica e autocritica' (Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del PCC, 21 marzo 1955).
Che ne dite? Immaginiamo che siate d'accordo con Mao, quindi usiamo bene le 'corna'. Lo dobbiamo fare per il bene del Partito e per lo stesso bene dei compagni che sbagliano. Se la critica è giusta va accettata senza riserva, se è sbagliata va respinta. Questo è logico e naturale.
L'autocritica va fatta seriamente e fino in fondo, senza nascondere nulla e tentare di attutire la gravità dell'errore. Se non è ritenuta soddisfacente va rifatta anche più volte finché tutti i compagni interessati ne siano veramente contenti. Solo così si può ristabilire un clima sereno e di reciproca fiducia e stima.
Se non si usa il metodo della critica e dell'autocritica come si fa a risolvere le contraddizioni che insorgono nel Partito, ad aiutare i compagni a migliorarsi, a imparare dagli errori commessi per non ripeterli più, a ripulirsi ideologicamente e politicamente dall'influenza non proletaria e a mettersi in linea col Partito?
Le critiche devono essere corrette, documentate e basate sui fatti, e devono tendere a far comprendere al compagno che sbaglia la gravità degli errori commessi e a svegliare la sua coscienza affinché si ravveda e faccia l'autocritica.
Purché chi sbaglia sia sinceramente pentito, è nostro dovere recuperarlo al Partito e alla lotta rivoluzionaria, indipendentemente dall'eventuale misura disciplinare che dovrà essergli inflitta. Ma l'ultima parola spetta a chi viene criticato, in ultima analisi la chiave per risolvere la contraddizione che ha aperto col Partito è nelle sue mani.
Mao a questo proposito fa notare: 'Tutti i comunisti che commettono errori di carattere ideologico e politico, quale atteggiamento devono assumere quando sono criticati? Si possono scegliere due strade: una è quella di correggere i propri errori ed essere un buon membro del partito, l'altra è quella di continuare a scivolare sempre più in basso, sino a cadere nella fossa della controrivoluzione. Quest'ultima via esiste effettivamente e i controrivoluzionari probabilmente sono là a fargli cenno con la mano'. (Preparazione e note editoriali a 'Materiali sul gruppo controrivoluzionario di Hu Teng', maggio-giugno 1955).
Naturalmente noi speriamo che tutti i compagni che sbagliano scelgano la prima strada, cioè quella di correggersi, ma se vogliono seguire la seconda si accomodino pure. Si sappia comunque che una terza strada non esiste. Come dimostra l'esperienza storica del movimento operaio internazionale, chi si contrappone e si stacca dal Partito del proletariato inevitabilmente va a finire nella fossa della controrivoluzione”. (Volume “Documenti del Partito marxista-leninista italiano – Aprile 1977-Aprile 1987”, pp. 96-97)
Ed è quanto è effettivamente accaduto a chi ha tradito il PMLI e la causa del proletariato e del socialismo.
Dopo il 3° Congresso nazionale del PMLI, a partire dal 1988, sette membri dell'Ufficio politico, uno dopo l'altro, in anni diversi, non hanno retto alle prove della lotta di classe e della lotta ideologica all'interno del Partito abbandonandolo, dopo essere stati sconfitti, in maniera miserevole.
In due casi si è sviluppata una lotta tra le due linee, facendo così risalire a sei le lotte di linea che si sono svolte fin qui nel PMLI, comprese le prime due all'interno dell'OCBI m-l.
L'ultima, la più insidiosa e subdola, ha avuto luogo il 3 novembre 2018 in una riunione plenaria dell'Ufficio politico in cui Au Centone ha attaccato la linea organizzativa e propagandistica del Partito per poi andarsene senza dare alcuna spiegazione; uno dei peggiori tradimenti della storia del Partito in quanto Centone è andato a servire “il manifesto” trotzkista curando il sito di Angela Pascucci ad esso collegato.
Se egli fosse stato un autentico marxista-leninista non avrebbe mai abbandonato il PMLI. Come hanno fatto altri membri del Partito radiati o espulsi che hanno continuato lo stesso a seguire il Partito e unendosi a esso nelle manifestazioni di massa quantunque, in un primo periodo, nessuno rivolgesse loro la parola. Alla fine sono stati riammessi al Partito, se radiati, o considerati simpatizzanti attivi se espulsi.
Nel discorso pronunciato a nome del CC del PMLI alla Commemorazione di Mao dell'11 settembre 2011, il compagno Scuderi ha detto: “Chi rifugge dalla lotta ideologica attiva, chi non regge alle critiche, getta la spugna e fugge dal Partito, vuol dire che non è un autentico marxista-leninista”.
Il Partito non si abbandona mai qualsiasi cosa accada a livello personale e collettivo. Lo si lascia solo se cambia colore politico e non ci sono più le condizioni soggettive e oggettive per restaurare la linea e la direzione marxista-leninista”.
Attualmente la lotta tra le due linee verte sull'applicazione delle cinque misure concrete per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso. Nessuno le mette in discussione, ma c'è chi non le applica. Qualcuno sostiene che bisogna “principalmente” attenersi a tale indicazione, il Partito invece dice che bisogna concentrarsi totalmente su di esse, unitamente alla lotta per abbattere il governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio.
Questa lotta di linea occorre portarla fino in fondo, perché da essa dipende il presente e il futuro del nostro amato Partito.
Nel Rapporto dell'Ufficio politico al 4° Congresso nazionale svoltosi nel dicembre 1998 il compagno Scuderi ha detto: “La libertà di dissenso, di critica non sono in discussione. In discussione sono l'individualismo e il frazionismo che portano alla disgregazione del Partito e alla creazione di centri di potere autonomi, separati e nemici del Partito”. Ha poi aggiunto: “Nessun membro del Partito può essere sottratto alla critica e all'autocritica per nessuna ragione: legami familiari, motivi affettivi, amicizie personali, anzianità di Partito, alti incarichi ricoperti. Più in alto siamo, più dobbiamo essere oggetto di critiche e di autocritiche”.
 
 
 
 
La lotta tra le due linee all'interno del Partito
 
La storia del PMLI non si svolge pianamente e pacificamente ma attraverso contraddizioni e lotte, che a volte assumono un carattere di lotta tra le due linee. La lotta tra le due linee, in genere, esplode quando il Partito deve compiere delle scelte fondamentali sul piano strategico ed anche tattico. E non potrebbe essere diversamente perché l'origine sociale dei militanti non è sempre proletaria e quando si entra nel Partito ciascuno vi porta il suo bagaglio di esperienza e di cultura che non ha certo un carattere marxista-leninista, ma anche perché il livello di coscienza e il grado di comprensione dei problemi non è mai uguale in tutti i militanti, infine perché non si reagisce tutti allo stesso modo all'influenza della borghesia e del revisionismo.
Noi viviamo in una società divisa in classi a dittatura della borghesia, in cui esistono contraddizioni e conflitti di classe che si riflettono inevitabilmente all'interno del Partito. Il PMLI non vive sotto una campana di vetro e i suoi militanti, anche se operai, non sono immunizzati da tutto ciò che potrebbe contaminarli. La cultura dominante incide sul Partito e particolarmente sui suoi membri più deboli e di origine non operaia. Perciò sia pure in misura e modi diversi e non sempre drammatici e violenti, nel Partito c'è sempre la lotta tra le due linee. A volte sotto forma di lotta tra il nuovo e il vecchio, tra il progressivo e il regressivo, tra una idea giusta e una errata; a volte in modo latente altre volte in modo aperto e generale.
In altri termini come contraddizioni in seno al popolo o come contraddizioni antagonistiche.
Non esistono angeli come non esistono marxisti-leninisti puri. La purezza non è di questo mondo e perciò non esiste. C'è sempre un po' di puro e impuro in ciascuna cosa, in ogni organismo anche più candido, e negli stessi esseri umani, quindi anche nei migliori marxisti-leninisti. La purezza è una continua ricerca, una conquista che si ottiene attraverso la lotta ininterrotta tra il proletariato e la borghesia, tra il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e il revisionismo.
Nella pratica abbiamo verificato che anche nel PMLI esistono delle contraddizioni e delle lotte tra le due linee. Niente di male e di scandaloso né tanto meno di sorprendente, ciò rientra nell'ordine naturale delle cose, nella dialettica che esiste nella natura e nella società.
Solo gli idealisti possono pensare che nel Partito del proletariato non ci sia la lotta tra le due linee. I militanti del PMLI non devono preoccuparsi tanto della lotta tra le due linee quanto del risultato di questa lotta. Essi devono battersi affinché il proletariato tenga sempre strettamente in pugno il potere del Partito e sappia mettere in minoranza chiunque e in qualsiasi momento avanzi delle idee e delle proposte borghesi e revisioniste e tenti la scalata al potere e di far cambiare linea politica al Partito.
Fino al 2° Congresso, incluso, considerando anche il periodo dell'Organizzazione, nel Partito vi sono state quattro lotte tra le due linee.
La prima si svolge l'8 dicembre 1974 in occasione della discussione sull'atteggiamento da tenere in caso di golpe fascista. I rinnegati Lucio Pasca (responsabile della Commissione stampa e propaganda) e Eleandro Garuglieri (responsabile ad interim della Commissione di organizzazione e Segretario del Comitato provinciale di Firenze) votano contro la parola d'ordine di stroncare il golpe con l'insurrezione armata di massa per il socialismo. Essi tentano di far assumere all'Organizzazione un atteggiamento democratico borghese sostenendo che se avviene un colpo di Stato bisogna lottare per il ripristino della situazione precedente e non per il socialismo, e comunque bisogna lanciare una parola d'ordine di carattere democratico borghese.
Il 9 marzo 1975 scoppia la 2ª battaglia. Al centro della contraddizione c'è il nuovo organigramma dell'Organizzazione. I rinnegati Lucio Pasca e Eleandro Garuglieri si oppongono all'avanzamento di nuovi quadri, in particolare alla nomina del compagno Dario. Questi due rinnegati nel momento in cui occorreva ristrutturare l'Organizzazione dandole una forma compiuta di Partito e una dimensione e struttura nazionale si oppongono duramente a questa operazione strategica temendo di essere scavalcati dalle nuove forze emergenti e di perdere quella parte del potere che tenevano ancora in mano.
L'11 luglio 1975, il rinnegato Luca Eller, già smascherato come opportunista, ex responsabile della Commissione di organizzazione, sferra un duro attacco alla linea elettorale astensionista dell'Organizzazione e nega che l'Organizzazione sia l'unica veramente marxista-leninista fra quelle esistenti allora in Italia. Questo attacco non a caso avviene subito dopo la grande vittoria elettorale del PCI. Questo partito paga profumatamente il proprio agente facendogli fare una folgorante carriera all'ASNU di Firenze. Egli viene espulso dall'Organizzazione il 5 settembre del 1975.
La battaglia più delicata, poiché si trattava di un elemento che fin dal settembre '67 aveva alzato la bandiera del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, si è svolta tra il novembre del '79 e il 25 Aprile 1980 contro le deviazioni di destra del rinnegato Lucio Pasca che, partendo dalla concezione del Partito, finisce col mettere in discussione l'intera linea generale del Partito, con particolare riferimento all'astensionismo elettorale. Costui viene espulso il 25.4.80, mentre il Garuglieri era stato radiato il 24.11.79.
Questi assalti di destra tendevano a liquidare il Partito e nascondevano l'opportunismo e il capitolazionismo di chi li lanciava. Coperti da cortine fumogene pseudo-teoriche e pseudo-politiche i tre rinnegati non manifestavano altro che delle crisi personali di identità politica, di capitolazione alla borghesia e al revisionismo, come dimostra la ignominiosa fine politica che hanno fatto.
Dopo il 2° Congresso la lotta tra le due linee si è incentrata sull'applicazione della linea approvata dal Congresso. Nessuno ha mai messo in discussione tale linea c'è però chi l'ha sabotata e la sabota non applicandola e non assolvendo, o assolvendo in maniera insoddisfacente, i propri compiti.
Lotte minori e ad altri livelli sono avvenute e avvengono tuttora all'interno del Partito, sono sempre i destri a venire allo scoperto e a misurarsi col Partito.
Il revisionismo ha tentato, tenta e tenterà mille e mille altre volte ancora di occupare posti di potere se non l'intero potere, all'interno del Partito. Noi non abbiamo mai ceduto, l'abbiamo contrattaccato e respinto. Così dovremo fare anche per l'avvenire.
Per camminare saldi e sicuri sulla via dell'Ottobre bisogna tenere alta la vigilanza rivoluzionaria contro il revisionismo e combatterlo prontamente appena esso si manifesta nelle nostre file sotto qualsiasi forma. Non dobbiamo guardare all'amicizia personale, a legami familiari o a meriti passati, ma unicamente alla linea del Partito, agli interessi del proletariato e della rivoluzione socialista. Dobbiamo continuare a rispettare e a far rispettare il centralismo democratico.
Non bisogna avere una visione idealistica del Partito. Immaginare che sia perfetto, immune da deviazioni, che al suo interno vi sia la pace sociale, che va avanti pacificamente e senza sforzi e senza contraddizioni. L'unità del Partito è una conquista quotidiana non un dato di partenza e non è mai sicura e stabile. Ogni tanto il revisionismo riesce a ghermire ideologicamente qualche compagno e questi diventa un pericoloso veicolo di tendenze di destra. Bisogna vigilare e intervenire prontamente, senza concedere nulla ai suoi errori, al suo stile di lavoro, alla sua incoerenza, alla sua influenza nefasta. Bisogna vigilare in alto ma anche in basso. Tutti i militanti del Partito devono partecipare attivamente alla lotta tra le due linee. Non dobbiamo delegarla al Comitato centrale e ai compagni più anziani ed esperti.
Come sottolinea il documento del CC del 29 ottobre 1983, "Dobbiamo imparare a giudicare e misurare ogni compagno sulla base della linea politica del Partito, delle misure stabilite dal Partito, del rispetto del centralismo democratico e dei metodi e dello stile di lavoro del Partito".
Chi si pone al di fuori di questa linea deve essere prontamente denunciato, criticato e corretto, foss'anche un alto dirigente. Dobbiamo studiare di più il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la linea del Partito per dare un contributo più grande alla lotta contro il revisionismo moderno che si annida nel Partito e per il pieno trionfo della via dell'Ottobre.

6 febbraio 2019