Lo certifica il rapporto dell'Unhcr
Una strage di migranti al giorno nel Mediterraneo

 
Nel suo rapporto “Viaggi disperati” di 38 pagine pubblicato a gennaio l'Unhcr (l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dell'assistenza ai rifugiati) ha calcolato che nel 2018, nonostante un significativo calo del numero di arrivi nelle coste europee, sono state circa 2.275 (in media sei al giorno) le persone morte o scomparse attraversando il Mediterraneo, pari a un decesso ogni 14 arrivi, una percentuale quasi triplicata rispetto al 2017, quando la stessa Unhcr ha calcolato un decesso su 38 arrivi.
La causa di tale aggravio del rischio deve essere ricercata nelle crescenti difficoltà che le ong incontrano, soprattutto a causa della politica del governo italiano che ha imposto la sistematica chiusura dei porti siciliani, nelle missioni di soccorso, che sono state quasi azzerate, e al fatto che da circa un anno e mezzo quasi tutta l'azione di salvataggio è lasciato alla Guardia costiera di Tripoli, che ha intensificato le operazioni, ma che non ha le adeguate risorse per operare in alto mare: l’85% di chi parte viene ora riportato in Libia, dove peraltro finisce nei centri di detenzione in condizioni terribili, in balia di milizie irregolari e degli stessi trafficanti, senza acqua né cibo per giorni, con sottoposizione a torture e a ogni altro tipo di violenze.
Ogni giorno che passa quindi si assiste mediamente alla morte di sei esseri umani nel Mediterraneo, una vera e propria strage che avviene nella più completa indifferenza.
Tra il 2017 e il 2018 gli arrivi in Europa sono complessivamente scesi da 172.324 a 139.300, il numero più basso degli ultimi cinque anni, e contemporaneamente si assiste a una redistribuzione dei flussi che, se in Italia sono passati da 119.400 a 23.400, in Grecia sono saliti da 35.400 a 50.500 e in Spagna da 28.300 a 65.400. Così, nel Mediterraneo occidentale, i decessi sono cresciuti da 202 nel 2017 a 777 nel 2018, e contemporaneamente la politica della chiusura dei porti, capeggiata dall'Italia di Salvini, ha anche parzialmente riattivato la rotta via terra, perché sono giunti attraverso i Balcani occidentali in circa 24mila in Bosnia-Erzegovina.
Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni unite per i rifugiati, ha denunciato che la chiusura dei porti costituisce una palese violazione delle norme internazionali: “Salvare vite in mare non è un’opzione né una questione politica, ma un imperativo primordiale Possiamo porre fine a queste tragedie con un approccio basato sulla cooperazione e focalizzato sulla vita e la dignità umana” , e con ciò egli polemizza apertamente con la politica degli Stati europei, in primo luogo dell'Italia di Salvini e Di Maio, che sono solo impegnati a far valere il proprio interesse.
Il risultato di tali politiche è stato drammatico: le marine militari dei Paesi europei sono state disimpegnate e le ong ormai hanno drasticamente ridotto le loro missioni per il fondato timore di non poter attraccare e sbarcare i profughi nei porti europei, e quelle poche navi che ancora svolgono servizio vengono di fatto bloccate in mare con i naufraghi per lunghi periodi senza porto di sbarco, in violazione delle norme internazionali, come è recentemente e ripetutamente accaduto.
Grandi ritiene che “l’afflusso registrato nell’Ue nel 2018 è gestibile. Ci sono paesi in Africa o in Asia dove 139mila persone arrivano in un mese e ce la fanno” , e quindi il problema è soltanto di politica interna dei Paesi europei coinvolti, dove all'opinione pubblica viene fatto credere, incutendo artificiosi timori, che è in corso una vera e propria invasione, mentre si tratta di una emergenza pienamente gestibile.
I governi - continua poi Grandi - spostano il problema fuori dai loro confini invece di risolverlo. In Libia i paesi europei hanno rafforzato solo la Guardia costiera, perché questo contribuisce a ridurre gli sbarchi, ma i migranti salvati entrano nel circolo vizioso dei centri di detenzione in condizioni orribili” .
Grandi infine rende merito alle ong e alla loro attività, confutando il cavallo di battaglia politico della destra capeggiata da Salvini, secondo cui esse sarebbero complici dei trafficanti: “Rifiuto - ha infine concluso l'Alto commissario - le accuse mosse loro. La capacità di salvataggio di ong e privati deve essere mantenuta, non può essere vista come un fattore che incentiva le partenze. La presenza di queste navi nel Mediterraneo centrale si è ridotta da 10 a 2 ed è stata una delle cause dell’aumento del tasso di mortalità” .
Il proletariato italiano deve comprendere da una parte che il fenomeno della massiccia emigrazione dall'Africa è una diretta conseguenza del sistema imperialista mondiale, e che la politica fascista di Salvini e dei suoi compari europei di fronte alla crisi economica che si fa sentire anche in Italia (oltre che nel resto dell'Europa) non è dissimile da quella di Mussolini e di Hitler, che individuavano in gruppi etnici o religiosi più deboli (gli etiopi da conquistare e civilizzare oltre che gli ebrei e i rom da emarginare e sterminare) la risposta criminale alle contraddizioni interne dello stesso sistema capitalista.
Oggi Salvini e i suoi compagni razzisti e xenofobi austriaci, ungheresi, polacchi e di altri Paesi individuano il problema nei migranti, mentre questi disperati sono soltanto il frutto della politica dell'imperialismo e delle contraddizioni del capitalismo mondiale, e l'unica soluzione non può che essere contrapporre il socialismo al capitalismo, non i migranti africani agli italiani, austriaci, ungheresi e polacchi.

6 febbraio 2019