Mozione del Consiglio comunale di Roma
Sgombero subito della sede nazionale di CasaPound
Salvini: Non è la priorità

Il 29 gennaio l'assemblea capitolina ha approvato a maggioranza una mozione proposta dal PD e votata anche dal M5S che impegna la sindaca Raggi "ad intervenire presso il Ministero degli Interni, il prefetto e il questore affinché sia predisposto lo sgombero immediato dell’edificio di via Napoleone III illegalmente occupato dall’associazione CasaPound Italia". Si tratta di un grande palazzo di proprietà del demanio nel quartiere Esquilino, vicino alla Stazione Termini, occupato dal 27 dicembre 2003 dai fascisti di CasaPound, che ne hanno fatto la propria sede romana e ci abitano abusivamente insieme alle loro famiglie, senza che da allora nessuna autorità pubblica abbia mai mosso un dito per sgombrarlo e restituirlo alla città.
Nella mozione, a cui manco a dirlo hanno invece votato contro i consiglieri di Lega e FdI, si sottolinea che "non è tollerabile che CasaPound possa protrarre la propria occupazione in un edificio di pregio per svolgere attività che alimentano un clima di tensione in città, rifacendosi alle ideologie fasciste e alle politiche di Benito Mussolini, violando le normative che non consentono tali comportamenti", e si chiede di "proseguire il percorso di permuta dell’immobile finalizzato alla sua riqualificazione, avviando un percorso di confronto con la cittadinanza e le istituzioni territoriali per deciderne l’utilizzo futuro". La mozione ricorda che "CasaPound occupa da 15 anni il suddetto immobile di grandi dimensioni" e che "ad oggi non è possibile escludere, anzi è probabile, che gli appartamenti all’interno della sede di CasaPound vengano affittati a terzi". Inoltre, vi si legge, "nessuna amministrazione e nessuna istituzione si è occupata di stabilire il danno erariale prodotto da questa occupazione".

E Salvini se ne frega lo stesso
La mozione chiama in causa il ministro Salvini, che si è molto distinto ultimamente negli sgomberi con tanto di ruspe e manganelli di campi Rom e Centri sociali, ma che ha sempre fatto orecchie da mercante tutte le volte che qualcuno lo invitava a usare lo stesso pugno di ferro per far cessare lo scandalo dell'occupazione abusiva dei suoi amici e supporter di CasaPoud in pieno centro di Roma. Ciononostante anche stavolta ha risposto con un fascistissimo "me ne frego", limitandosi cioè a dichiarare seccamente: "procederemo già nei prossimi giorni con l’operazione sicurezza e sgombero di tutte le occupazioni illegali, nessuna esclusa, a partire dalle situazioni più pericolose per l’instabilità delle strutture e da quelle per cui ci sono richieste di sequestro giudiziario in corso". Vale a dire che lo sgombero dell'immobile di 60 vani occupato da CasaPound, un tempo di proprietà del ministero dell'Istruzione e oggi di quello del Tesoro, non è certo tra le priorità, dal momento che non è pericolante e nessuno si è mai preoccupato di chiedere un provvedimento esecutivo dall'autorità giudiziaria.
Musica per le orecchie del vicepresidente di CasaPound, Simone Di Stefano, che dopo le rassicuranti parole del suo potente protettore fascio-leghista ha detto: "Siamo di fronte alla solita polpetta avvelenata per Matteo Salvini, fatta pensando di metterlo in difficoltà. Ma noi non siamo alleati di Salvini dal 2015, quindi il ministro è libero di comportarsi come meglio crede". Aggiungendo sarcasticamente che nella lista degli sgomberi della prefettura di Roma CasaPound "è in posizione numero 30". Il capomanipolo fascista si è perciò potuto permettere di farsi beffa della mozione, sostenendo che "il Comune non è il proprietario, quindi non ha nessun potere di richiedere indietro lo stabile", e che in ogni caso "se pensa di venire qui e buttare 18 famiglie con 12- 20 bambini in mezzo alla strada troverà una ferma opposizione" .
E le minacce non si fermano qui: per venerdì 8 febbraio i fascisti della testuggine frecciata hanno infatti indetto una manifestazione sotto il Campidoglio in segno di intimidazione del Consiglio comunale e della stessa Raggi. La sindaca ha dato infatti seguito all'impegno sancito dalla mozione rivolgendosi al ministro Tria, competente per le proprietà del Demanio, per "avviare le procedure necessarie allo sgombero dell'immobile al fine di ripristinare le condizioni di legalità". Cosa che finora non aveva mai fatto, nonostante le ripetute richieste, accampando il motivo che l'edificio non rientrava nelle competenze del Comune di Roma: "la metteremo di fronte alla triste realtà delle condizioni in cui versa la Capitale ed alle sue colpe", ha annunciato il presidente di CasaPound, Gianluca Iannone.

Palazzo di lusso a costo zero per i caporioni fascisti
Secondo un'inchiesta de L'Espresso del marzo 2018, l'immobile occupato abusivamente dai fascisti e che nessuno da 15 anni si preoccupa di recuperare alla collettività non è affatto un rifugio per famiglie di senza casa con bambini, come essi sostengono, ma si tratta invece di un palazzo di pregio di sessanta vani, e almeno una ventina di appartamenti in una zona dove i prezzi di mercato sono tra i più alti di Roma: "Sei piani, una quarantina di finestre con affaccio sulla centralissima via Napoleone III, una terrazza con vista mozzafiato. Una sala per gli incontri politici all’ultimo piano dove ospitare presentazione di libri, conferenze stampa e confronti in diretta streaming con le star del giornalismo". Un edificio che sul mercato degli affitti costerebbe circa 25 mila euro al mese, includendo anche gli spazi per le iniziative politiche. Si tratta di 300 mila all’anno, circa 4 milioni e mezzo sottratti allo Stato in 15 anni di occupazione abusiva.
In realtà nessuno sa chi ci abita veramente, dato che le famiglie che lo occupano non sono mai state censite, né pagano le bollette di luce, acqua e gas, che pure però sono allacciate, pur essendo vietato per legge allacciarle a utenti abusivi. Ad ottobre dell'anno scorso la guardia di finanza tentò di entrarci per rilevare le planimetrie, ma non fu fatta entrare, e con la mediazione della Digos, "per evitare incidenti", accettò supinamente di rinviare la visita ad un'altra data. E comunque non si interessò di censire gli occupanti.
Sempre secondo L'Espresso "risultano residenti nel palazzo occupato i vertici nazionali dell’organizzazione di estrema destra. A partire da Simone Di Stefano, che al momento della presentazione delle liste per le politiche del 2013 ha dichiarato come residenza anagrafica proprio via Napoleone III, civico 8. C’è poi la moglie del presidente Gianluca Iannone, Maria Bambina Crognale, che alla Camera di Commercio nel 2014 aveva dichiarato quello stesso domicilio nelle schede delle società dove ancora oggi ha ruolo di rilievo. È una delle socie della catena di ristoranti “Angelino dal 1899”, con locali nella capitale, a pochi passi dal Colosseo, vicino alla stazione centrale di Milano, a Malaga e a Lima, in Perù. Un piccolo impero della ristorazione. E, ancora, tanti altri volti noti dell’estremismo di destra romano, infilati nelle liste elettorali durante le ultime elezioni comunali del 2016".
"Il Grand Hotel CasaPound - proseguiva il settimanale - è poi la sede amministrativa di cooperative e associazioni, parte integrante di quel network creato dal movimento politico nel corso degli anni. CasaPound è probabilmente la lista elettorale con più metri quadrati a disposizione nella capitale per l’attività politica". Un vero e proprio covo nero da cui gli squadristi romani di CasaPound partono indisturbati per i loro continui raid contro i migranti, i Rom, i Centri sociali e gli antifascisti, e che sarebbe l'ora di sgombrare dalla loro feccia fascista.
 

13 febbraio 2019