Lo denuncia il magistrato Giulio Salvini
Dentro la direzione di Lotta continua c'era un infiltrato del Sid
Adriano Sofri, leader dell'ex sedicente gruppo rivoluzionario, non ne sapeva niente?

Una polemica a distanza tra il giudice Guido Salvini e Adriano Sofri sulle colonne de "Il Foglio", di cui sono entrambi collaboratori, scoppiata in merito al sedicente terrorista "rosso" Cesare Battisti, ha fatto venire alla luce una notizia clamorosa: nella direzione di Lotta Continua, al tempo dell'omicidio Calabresi, sedeva anche un infiltrato del Sid, il servizio segreto che manovrava le stragi golpiste e la strategia della tensione. Lo dà per certo il magistrato presso il tribunale di Cremona, che la storia di quegli anni la conosce bene, avendo alla fine degli anni '80 riaperto come giudice istruttore le indagini sulla strage di Milano del 12 dicembre 1969 e appurato la sua matrice ordinovista.
Il giudice conosce bene anche Battisti, per aver indagato anche sui cosiddetti Pac (Proletari armati per il comunismo) di cui quest'ultimo faceva parte, ed anche perché suo padre aveva presieduto la corte d'assise che aveva condannato i Pac per l'omicidio dell'orefice Pier Luigi Torreggiani, ed è per questo motivo che su "Il Foglio" del 16 gennaio aveva fatto un intervento in cui demoliva la figura di "perseguitato politico" che Battisti si autoattribuisce: "Non è certo un martire né un perseguitato politico. Da delinquente comune si era ‘politicizzato’ in carcere sino a diventare uno dei capi dei Proletari armati per il comunismo, un’accozzaglia di persone che per la loro insensata ferocia erano tenute a distanza persino dalle Brigate rosse e dai gruppi affini", scriveva Salvini, sottolineando che se non fosse fuggito all'estero oggi sarebbe libero, come lo sono "migliaia di ex terroristi rossi e neri condannati in quell’epoca, grazie anche ai benefici della dissociazione e a quelli previsti dall’ordinamento penitenziario", e quindi "è stata una scelta sua".
"Purtroppo - aggiungeva Salvini - la cattura di Battisti poco avrà da dirci sulle pagine rimaste ancora oscure degli anni di piombo”, mentre invece ci sarebbero altri latitanti “che potrebbero chiarire le storie tragiche di cui sono stati protagonisti”, e citava Giorgio Pietrostefani, il dirigente di Lotta continua condannato insieme a Adriano Sofri e Ovidio Bompressi per l’uccisione del commissario Luigi Calabresi, avvenuta il 17 maggio 1972 a Milano, tutt'ora latitante in Francia.
“Di quell’omicidio - continuava Salvini - nonostante le condanne, non si sa tutto, non si conosce se non in parte come fu deciso e organizzato e nemmeno tutta la fase esecutiva. Pietrostefani è a conoscenza di quei segreti e se tornasse in Italia potrebbe rivelarli. Non dimentichiamo che quello del commissario non fu un crimine qualsiasi, è stato il primo omicidio politico, legato a piazza Fontana e ideato prima ancora che iniziasse il terrorismo con i suoi crimini seriali”.
A questo articolo era seguita una risposta polemica di Sofri in cui il fondatore di Lotta continua asseriva non esserci "niente di clandestino" nella latitanza di Pietrostefani, che vive a Parigi alla luce del sole, che è stato malato di cancro e che allora scelse di fuggire perché "aveva una figlia bambina e scelse di starle vicino. Gli costò e io ne fui contento".
È a questo punto che, insieme alla controreplica, Salvini ha fatto la clamorosa rivelazione sull'esistenza di un informatore del Sid al vertice di LC: "Dopo le confessioni di Leonardo Marino e le sentenze delle Corti di Milano, nessuna persona di buon senso può credere che Lotta continua non abbia fatto la sua parte in quell’omicidio. È una storia che comunque non conosciamo per intero", insisteva il giudice, e aggiungeva: "Per esempio, chi era l’informatore del Sid ‘Como’ di cui ho trovato negli anni Novanta le relazioni e che faceva parte dell’esecutivo di Lotta continua nel periodo dell’omicidio Calabresi? I dirigenti di Lotta continua dell’epoca sarebbero in grado di identificarlo; non si può escludere nessuno, lo dico come mera ipotesi, nemmeno che fosse Pietrostefani o una persona a lui vicina. Posto che militanti di Lotta continua hanno certamente eseguito l’omicidio, a quale livello militare o politico è stata presa quella decisione? Ci furono dissensi interni? Hanno magari agito, ottenebrati dall’ideologia, inconsapevolmente nell’interesse di altri? Anche senza parlare di tutti i coinvolti, certamente molti di più di quelli che conosciamo, insomma, come è andata? Per ora non ci sono le risposte che sarebbe giusto avere prima che quella generazione scompaia. Senza dare queste risposte non si ha diritto di chiedere la verità su altro, quello che è avvenuto nel 1969, ad esempio, e negli anni successivi".
La rivelazione che nel ristretto vertice di LC che decise l'omicidio di Calabresi c'era anche un informatore del Sid, autorizzando quindi l'ipotesi che l'organizzazione di Sofri fosse infiltrata e pilotata dai servizi segreti, avrebbe dovuto deflagrare come una bomba, invece è caduta nel silenzio più assoluto dei media, ed è stata ripresa con evidenza solo da "Il Fatto Quotidiano" del 30 gennaio. Comunque non è stata smentita da Sofri, che ha preferito nascondersi dietro questa cortina di compiacente silenzio generale. Lo stesso Salvini lo dava evidentemente per scontato, se aveva concluso il suo articolo con questa chiusa in tono alquanto scettico: "Aspettiamo. Di Adriano Sofri come collaboratore del Foglio apprezzo tutto, i suoi interventi sul popolo curdo in particolare. Ma la storia dell’ omicidio Calabresi proprio non ce la vogliono raccontare. Forse per pudore. Forse per tutelare le loro famiglie. Chissà?".
La risposta il giudice se l'era già data da sé, quando aveva accennato ai "benefici della legge sulla dissociazione e a quelli previsti dall'ordinamento penitenziario", cioè al patto stretto tra lo Stato borghese e i cosiddetti "pentiti" e "dissociati" del terrorismo nero e sedicente "rosso", mediante il quale questi ultimi hanno riavuto la libertà in cambio del silenzio e dell'omertà sui mandanti e sui retroscena di quella sanguinosa stagione che è servita a instaurare la seconda repubblica neofascista e presidenzialista oggi imperante. Ed è per questo motivo che non avremo mai la verità, né da Sofri né da altri ex "rivoluzionari" come lui, che oggi sono liberi e perfettamente integrati nella società borghese, una volta compiuto il loro sporco lavoro di aver spinto un'intera generazione di giovani anticapitalisti a bruciarsi con l'avventurismo e col terrorismo manovrato occultamente dai servizi segreti, da Gladio e dai golpisti, invece di dedicare le loro vite ed energie alla paziente e tenace costruzione del Partito del proletariato come hanno fatto e stanno facendo gli autentici marxisti-leninisti del PMLI.
 

13 febbraio 2019