Dopo sei anni dall’ultima volta i sindacati CGIL, CISL e UIL tornano uniti in piazza
Quattrocentomila in piazza a Roma per il lavoro e contro la manovra del governo Salvini-Di Maio
Partecipanti da tutta Italia, compresa la Sardegna. Landini, Furlan e Barbagallo evitano di lanciare lo sciopero generale e la lotta contro i governo
Diffuso il volantino del PMLI per buttare giù il governo nero fascista e razzista

Dal nostro inviato speciale
Sabato 9 febbraio, circa quattrocentomila persone provenienti da tutta Italia hanno invaso le strade di Roma. Grande successo dunque per la manifestazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil, uniti dallo slogan 'Futuro al lavoro', indetta per sostenere le proposte unitarie chiedendo al governo di aprire un confronto di merito per cambiare la politica economica.
Nello specifico i sindacati rivendicano la creazione di lavoro di qualità, investimenti pubblici e privati a partire dalle infrastrutture, politiche fiscali giuste ed eque, rivalutazione delle pensioni, interventi per la “tenuta sociale” del Paese, a partire dal welfare, dalla sanità, dall’istruzione, dalla Pubblica Amministrazione e dal rinnovo dei contratti pubblici, maggiori risorse per i giovani, le donne e il Mezzogiorno.
 

Un corteo numeroso e colorato
Il serpentone è partito da piazza della Repubblica e dopo alcune ore è arrivato in piazza San Giovanni, che è riuscita a contenere appena la metà dei manifestanti. Il comizio finale era in precedenza fissato per piazza del Popolo ma, in previsione di un maggior numero di partecipanti come si è effettivamente verificato, gli organizzatori hanno chiesto lo spostamento in piazza San Giovanni. Le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati e i disoccupati sono giunti nella capitale da tutta Italia con oltre 1.300 pullman, 12 treni straordinari, 2 navi dalla Sardegna, più di 1.000 arrivi con voli prenotati, oltre a tutti coloro che si sono organizzati in maniera autonoma. Solo dalla Toscana, ad esempio, sono stati organizzati più di 120 pullman.
Erano presenti alcuni partiti tra cui il PMLI che ha diffuso il volantino che chiede di buttare giù il governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio.
In piazza, erano rappresentate tutte le categorie del lavoro, nessuna esclusa; dai tessili, i lavoratori dell’agricoltura, metalmeccanici, bancari, lavoratori del commercio ed altro. Ad accompagnarli anche alcune rappresentanze di studenti, lavoratori dei CARA, a rischio lavoro dopo le chiusure decise dal governo, assieme a tanti migranti ed a delegazioni delle grandi fabbriche che ad oggi producono ancora nel nostro Paese.
Inaudita e assolutamente intollerabile la partecipazione di una delegazione di Confindustria dell’Emilia Romagna (più alcuni singoli dalla Basilicata), peraltro favorevole alle trivellazioni nell'Adriatico. Inaccettabile inoltre lo slogan “No Triv + No TAP + No TAV = No LAV” che rappresenta solo gli interessi degli industriali del settore e non delle popolazioni coinvolte da tali scempi ambientali e tantomeno dei lavoratori che avrebbero migliori condizioni di lavoro e di vita se impiegati in progetti di produzione di energie alternative e di mobilità locale.
 

I confederali tornano uniti in piazza dopo sei anni
Era dal 22 giugno 2013, che Cgil, Cisl e Uil non organizzavano una manifestazione unitaria; l’ultima volta fu per chiedere una “politica che incentivi investimenti e dunque posti di lavoro” al neonato governo Letta. Alla legittima domanda su quanto sia successo in questi anni per un tale immobilismo, i primi a rispondere alla stampa sono stati i segretari di allora, concordi nel non dover cadere in errore nel dare “un significato politico a questa piazza”. D’Antoni addirittura afferma che “già nel ‘94, alla manifestazione contro i provvedimenti di Berlusconi, molti avevano votato Forza Italia” e gli fa eco Angeletti sostenendo che “Anche qui ci saranno molti pentiti di aver scelto i partiti di governo”.
La realtà, oggi come allora, è però ben diversa: sono i sindacati che non hanno intenzione di inimicarsi a fondo nessun governo a causa della politica concertativa che essi ancora auspicano nonostante le numerose porte sbattute in faccia da Renzi in poi; la piazza invece, nella sua stragrande maggioranza, ha chiaro il rischio che il nostro Paese corre con il nero governo Salvini-Di Maio e le sue politiche razziste, liberiste e neofasciste, e l’ha dimostrato con numerosi slogan e cartelli che hanno animato il corteo.
A mezzogiorno, dal palco di Piazza San Giovanni, sono iniziati gli interventi dei lavoratori di alcuni settori che hanno presentato alla piazza le loro difficili condizioni di lavoro, la progressiva assenza di diritti ed i bassi salari. Tutti, nessuno escluso, hanno sottolineato l’importanza della mobilitazione odierna e dell’unità delle lavoratrici e dei lavoratori, condizione essenziale per contrastare con efficacia le politiche antipopolari del governo Conte.
 

L’intervento del segretario della CGIL
Il primo segretario generale a parlare dal palco è il neoeletto Maurizio Landini, leader della CGIL.
Nell’apertura del suo intervento, non risparmia una critica ai media mainstream che hanno boicottato la manifestazione, ed a Lega e M5S che tentano da giorni di sminuirne argomentazioni e portata; sempre al Ministro del lavoro, contesta la scelta di incontrare i Gilet Gialli in Francia ma “non ha un briciolo di coraggio a incontrare noi che siamo il cambiamento”.
Immediatamente dopo arriva l’appello all’unità sindacale ed il riferimento alla “bussola” della Costituzione del ’48 che vorrebbe applicata, in particolare “la parte che prevede l’effettiva partecipazione dei lavoratori” alla vita dell’azienda, in continuità con le rivendicazioni di applicazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione, inseriti nella “Carta dei diritti”. Una posizione che il PMLI non condivide assolutamente. L’antirazzismo e l’antifascismo vengono toccati e argomentati come principi fondamentali ed imprescindibili della CGIL.
Landini parla poi della questione ambientale e sottolinea la lotta dei lavoratori ungheresi che stanno iniziando a mobilitarsi anch’essi con l’avvio delle delocalizzazioni, a fronte di un governo definito “populista” che cerca soluzioni nazionaliste; è proprio con questo tema che getta la proposta di un sindacato europeo per iniziare a gestire globalmente l’armonizzazione dei lavoratori di tutti i paesi del continente in maniera globale, per garantire uguali diritti e solidarietà a tutti.
Sulle pensioni e sul reddito di cittadinanza, così si esprime: “Il problema non sono le 200-300mila persone che andranno in pensione; sono i 20 milioni che non ci andranno: i giovani, i precari, le donne, i lavori gravosi” ed ancora “ sul reddito noi abbiamo chiesto il Rei (reddito di inclusione) e lo criticavamo perché aveva poche risorse; ora le risorse ci sono ma si mescola tra contrasto alla povertà e politiche per il lavoro con il rischio di non risolvere nessuna delle due”.
Per uscire dalla crisi, secondo l’ex leader dei metalmeccanici, servono più investimenti pubblici e privati ed un nuovo piano del lavoro; più infrastrutture, in particolare quelle sociali come scuole ed ospedali; maggiore sicurezza sul lavoro ed ulteriori investimenti sui giovani e sul Mezzogiorno.
Landini pronuncia frasi ad effetto come “i soldi van presi dove ci sono”, e “se il governo non ci ascolta non ci fermeremo”; tuttavia in tutto il suo intervento, mai fa riferimento allo strumento dello sciopero generale seppur basterebbe uno solo dei tanti temi che ha toccato a giustificarlo. Siamo certi che la piazza avrebbe salutato questa proposta con un grande applauso.
La conclusione del discorso è un riconoscimento ai segretari delle altre sigle ed alla Camusso ai quali Landini attribuisce il merito della manifestazione; dichiarazione che fa da apripista agli interventi di circostanza della segretaria generale della CISL Anna Maria Furlan, ascoltata attentamente e applaudita da Landini, e del massimo esponente della UIL, Carmelo Barbagallo che ha chiuso il comizio.
 

Allargare il fronte unito contro il governo Salvini-Di Maio
Sappiamo bene che questa manifestazione è stata convocata in forte ritardo rispetto all’approvazione della legge di bilancio che contesta e, nonostante tutto, pur condividendo alcune delle rivendicazioni espresse dai tre sindacati confederali, altri punti ci sembrano arretrati e sbagliati, come ad esempio la proposta poco ambiziosa sulle pensioni (che non chiede mai la cancellazione della Fornero), il rilancio acritico e pieno di contraddizioni sulle grandi opere, nonché le principali linee strategiche sulla partecipazione dei lavoratori alla governance aziendale, ed altro ancora, come più volte argomentato sugli articoli del nostro giornale.
Il limite maggiore della piattaforma sta nel fatto che non chiede la caduta del governo. Landini anzi ha voluto precisare che la manifestazine “non è contro qualcuno”. Ma queste critiche non hanno impedito al PMLI di essere presente ufficialmente, mentre è stata disertata per settarismo o infantilismo politico da Potere al popolo, cui manca una corretta visione della politica di fronte unito nella lotta politica e sindacale. Membri lavoratori e simpatizzanti del PMLI hanno preso parte alla manifestazione assieme ai lavoratori della propria azienda.
È evidente che i sindacati confederali avevano bisogno di un rilancio, ed in particolare la Cgil che sta pagando la mancanza di una lotta coerente e convincente negli anni dei “governi tecnici” e di quelli targati PD; ad essa si aggiungono Cisl e Uil con la effettiva complicità servita ai padronati ai quali hanno avallato e sostenuto tutti i peggiori provvedimenti, a partire dal Jobs Act di Renzi che ha cambiato come mai in passato i diritti sul lavoro. Tutto ciò rappresenta un fatto incontrovertibile, anche se Landini a Roma non ne ha fatto parola.
Tuttavia la grande partecipazione in piazza di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati manda un segnale chiaro a tutte le forze politiche, sociali e sindacali: e cioè che le masse lavoratrici sono disposte a lottare e a mobilitarsi se si danno loro obiettivi e occasioni per portare avanti le loro rivendicazioni. La piazza dunque torna ad avere forza e mostra quanto, nonostante i numerosi detrattori, essa sia uno strumento attuale, sentito e partecipato.
Il nostro auspicio è che questa manifestazione segni l’inizio di una mobilitazione duratura e quanto più ampia possibile sia sulle questioni inerenti al lavoro in generale, sia contro le politiche liberiste, razziste e neofasciste del governo Salvini – Di Maio, come su altre altrettanto importanti, a partire dallo sciopero indetto per l’8 Marzo dal movimento “Non una di meno” contro la violenza maschile sulle donne e contro ogni discriminazione, fino alla manifestazione a Roma per il clima e contro le grandi opere del 23 marzo. Fino a maturare l'idea di mandare a casa questo governo.
Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, alla conclusione della manifestazione ha inviato alla Cellula “Rivoluzione d'Ottobre” di Roma e all'Organizzazioe di Civitavecchia un Sms di ringraziamento per aver “fatto il massimo. Non lo dimenticheremo mai. Avete reso un grandissimo servizio a tutto il nostro amato Partito”.
 

13 febbraio 2019