Sotto la regia di Mogherini, alta rappresentante e vicepresidente della Ue imperialista
Il gruppo di contatto internazionale sul Venezuela sposa le tesi del golpista teleguidato da Trump
Sollecitato da Mattarella, il governo italiano si allinea alla posizione della UE. Salvini incontra una delegazione del golpista Guaidò

 
Il golpista venezuelano Juan Guaidó teleguidato da Trump continua a invocare l'aiuto dei paesi imperialisti, l'apertura delle frontiere per far entrare gli aiuti umanitari spediti dagli Usa che col criminale blocco economico da un decennio hanno contributo ad affamare il paese e come il suo padrino non esclude la grave possibilità di un intervento militare, sventolando tra gli altri i dati di un sondaggio che dimostrerebbe che il 90% dei venezuelani “vuole un cambiamento”, ossia la caduta del legittimo governo del presidente Nicolas Maduro. Se il burattino della Casa Bianca non è già insediato a palazzo Miraflores, la sede ufficiale del governo del Venezuela e principale ufficio del presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, è evidente che il sondaggio è falso come l'autoproclamato presidente, è solo l'espressione delle speranze della destra fascista del paese. In verità al sondaggio ci credono fra gli altri la Ue imperialista che è scesa in campo col Gruppo di contatto internazionale (Gci) sul Venezuela e ha sposato la posizione di Guaidò chiedendo la convocazione di nuove elezioni presidenziali e l’ingresso nel paese degli aiuti umanitari spediti dagli Usa nella vicina e compiacente Colombia; ci crede anche il fascista Matteo Salvini che in qualità di autoproclamato rappresentante italiano, al posto del capo del governo Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri che pure esiste e si chiama Enzo Moavero Milanesi, ha ricevuto a Roma una delegazione dei golpisti venezuelani. Ora anche il governo italiano, sollecitato da Mattarella, è passato a sostenere, per bocca del ministro Moavero davanti alla Camera, che occorrono nuove elezioni visto che le precedenti non avrebbero avuto “legittimità democratica”. Queste le sue parole: “Il governo ritiene che le elezioni presidenziali dello scorso mese di maggio in Venezuela siano inficiate della loro correttezza, legalità ed equità e dunque non attribuiscano legittimità democratica a chi ne sarebbe risultato vincitore, Nicolás Maduro. Di conseguenza il governo chiede con fermezza nuove elezioni presidenziali, nei tempi più rapidi possibili. Devono essere elezioni libere, trasparenti e credibili. Devono svolgersi in condizioni di piena democrazia e giustizia, con tutte le garanzie della comunità internazionale”.
Il primo incontro del gruppo sponsorizzato dalla Ue si è genuto il 7 febbraio a Montevideo, in Uruguay, sotto la copresidenza dell’Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione Ue, l'italiana Federica Mogherini, e dal Presidente uruguaiano Tabaré Vázquez. Nella nota emessa al termine dei lavori, il Gruppo “profondamente preoccupato per la difficile situazione” della popolazione del Venezuela, sottolineava che il suo obiettivo era quello di “creare un approccio internazionale comune per sostenere una risoluzione pacifica, politica e democratica” alla crisi “escludendo l'uso della forza”, una soluzione che porti a “elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili, in conformità con la Costituzione venezuelana”. Come dire che il problema sarebbe Maduro. Infatti la nota aggiungeva che “affinché il Paese possa superare l'attuale crisi è fondamentale ripristinare la piena democrazia in tutte le sue dimensioni, incluso lo stato di diritto, la separazione dei poteri e il rispetto del mandato costituzionale delle istituzioni del Paese, in particolare dell'Assemblea nazionale eletta democraticamente”, omettendo che le cui competenze dell'assemblea eletta nel 2015 erano state state azzerate nel 2017 dalla appena eletta Assemblea nazionale costituente (Anc).
Il Gci evidenziava “la crisi umanitaria che sta aumentando di giorno in giorno, colpendo milioni di venezuelani” e confermava il suo “impegno a mobilitare ulteriore assistenza” alla popolazione in collaborazione con le agenzie delle Nazioni unite, omettendo che proprio l'Onu aveva sottolineato che riconosceva e poteva avere rapporti solo con le istituzioni legittime del paese, quelle del presidente Maduro.
Insomma il Gruppo chiedeva a Caracas lo svolgimento di nuove elezioni presidenziali e l'apertura urgente delle porte all’assistenza umanitaria, le due cose principali chieste dal golpista Guaidò e precisava che “per attuare questi due obiettivi, l'ICG invierà una missione tecnica nel paese”. Il documento era firmato dai rappresentanti della Ue e di Spagna, Italia, Portogallo, Svezia, Germania, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito, Uruguay, Costa Rica ed Ecuador; Messico e Bolivia si astenevano. Uruguay e Messico avevano proposto un piano in quattro fasi per favorire il negoziato tra governo e opposizione che era stato bocciato. Al Gci non interessa uno soluzione negoziata della crisi politica del Venezuela, così come ai golpisti che sotto la regia dell'imperialismo americano vogliono la testa del legittimo presidente e basta.
L'offerta del Gci era ovviamente respinta da Caracas. Il presidente Maduro si dichiarava “pronto e disposto ad accogliere qualsiasi inviato del gruppo di Contatto per stabilire un contatto visivo, contatto fisico, contatto mentale” ma accusava la Ue di “non ascoltare la verità del Venezuela, di essere sorda di fronte alla verità della rivoluzione”. “Io riceverò comunque qualsiasi inviato del Gruppo che vorrà incontrarmi”, precisava Maduro ma avvertiva l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini che la sua azione “è destinata al fallimento se continua ad ascoltare la destra venezuelana”.
Uno degli attenti ascoltatori della destra venezuelana è certamente il compare fascista italiano Matteo Salvini, fin dall'inizio sostenitore delle ingerenze dell'imperialismo americano in Venezuela, al contrario degli alleati di governo M5S che con una posizione ufficiale del tipo né con Guaidò né con Maduro si muovono col governo alla coda delle posizioni della Ue, e quindi da sostenitori dei golpisti. Guaidò ha scritto non al governo né alla Farnesina ma ai vice di Conte per chiedere l'appoggio dell'Italia, certo di trovare almeno una porta aperta nel ministro degli Interni, cioè l'ultimo in teoria competente per la materia.
Salvini ha ricevuto l'11 febbraio al Viminale una delegazione del golpista Guaidò, guidata dal presidente della Commissione Esteri dell’Assemblea Nazionale, Francisco Jose Sucre Giffuni, che è anche dirigente del partito neofascista venezuelano Voluntad Popular, attivo nei quattro tentativi di golpe di aprile 2002, febbraio 2015, aprile 2017 e gennaio 2019. Durante l’incontro, Guaidó e Salvini si sono parlati per telefono e il vicepremier ha confermato il suo “pieno sostegno al percorso costituzionale per arrivare al più presto ad elezioni libere”. Salvini lasciava a Paolo Borchia, il coordinatore federale di Lega nel Mondo, il compito di appuntarsi le medaglie fasciste sul petto sottolineando che “il tempismo con il quale la delegazione è stata ricevuta dimostra come Matteo Salvini e la Lega siano vicini al popolo venezuelano ed ai connazionali residenti nel Paese; l'auspicio, come sottolineato nei giorni scorsi, è che l'esperienza di Maduro al governo sia al capolinea”; e con la consueta faccia di bronzo dichiarava che “non sono io a decidere chi fa il presidente del Venezuela, ma ritengo mio dovere incontrare una delegazione del Parlamento venezuelano che è l’unico organismo legittimamente in carica in questo momento, visto che il presunto presidente Maduro non è presidente per la comunità internazionale”. L'ennesimo intervento palesemente fuori competenze del ministro dell'Interno passava ancora una volta liscio coi colleghi di governo del M5S che chiudevano occhi e orecchie, financo sulla bufala dell'illegittimità di Maduro, dichiarato legittimo persino dall'Onu.
Non per nulla la delegazione del golpista Guaidò tornava a casa con le pive nel sacco dall'incontro la sera dell'11 febbraio in Vaticano. Il direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, dava notizia dell'incontro ma si limitava a sottolineare “la profonda preoccupazione perché si trovi con urgenza una soluzione giusta e pacifica per poter superare la crisi, nel rispetto dei diritti umani e cercando il bene di tutti gli abitanti del Paese, evitando uno spargimento di sangue”. Nessun riconoscimento dei golpisti dal Vaticano, almeno ufficialmente.
Il Venezuela è finito nel mirino dell'imperialismo americano per la politica antimperialista condotta dal governo di Caracas e perché ha grandi riserve di minerali preziosi e le maggiori riserve petrolifere del mondo, stimate in oltre 300 miliardi di barili, sei volte superiori a quelle americane sulle quali stanno mettendo le mani le concorrenti imperialiste Russia e Cina. La nuova Via della seta cinese, attraverso i progetti finanziati dalla banca di investimenti Aiib e dal fondo per lo sviluppo Silk Road Fund cinesi, è arrivata in Sudamerica nel 2017 con l'adesione di Panama seguita da altri 14 paesi, per ultimo l’Ecuador nel dicembre 2018. La controffensiva dell'imperialismo americano per parare i colpi del principale rivale economico, il socialimperialismo cinese, ha portato l'amministrazione del fascista Trump a affondare il colpo contro il Venezuela.
Secondo una ricostruzione del New York Times , il golpe sarebbe stato messo a punto alla Casa Bianca dal senatore repubblicano della Florida Marco Rubio, d'intesa col vicepresidente Mike Pence e il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, accettato da Trump il 22 gennaio e messo in atto il giorno seguente con l'autoproclamazione di Juan Guaidó. Se sia andata effettivamente così o meno non lo sappiamo, i risultati sono sotto gli occhi di tutti col Venezuela di Maduro messo nel mirino di un'aggressiva campagna interventista dei paesi imperialisti.
 
 

13 febbraio 2019