Non facendosi condizionare dalle analisi costi-benefici propugnate dal governo
Tenere ferma l'opposizione al progetto Tav
Proseguire la mobilitazione, partecipare alla manifestazione del 23 marzo a Roma

Dal nostro corrispondente di Torino
Le insanabili contraddizioni del governo fascista e razzista Salvini-Di Maio si sono rese evidenti in queste ultime settimane con il riesplodere delle polemiche sulla questione TAV.
La questione è tornata di attualità a seguito delle manifestazioni SI TAV di Torino di novembre e di gennaio, organizzate dalle associazioni imprenditoriali e dalle categorie del settore interessate alla realizzazione di tale opera al solo scopo di accumulare profitti, ma anche a seguito della grande manifestazione di massa NO TAV organizzata in risposta l'8 dicembre a Torino.
Tutto questo ha avuto un seguito venerdì 1° febbraio con la visita di Salvini al cantiere della “Torino-Lione” a Chiomonte, in Val di Susa. Dopo avere incontrato le autorità locali e le maestranze impegnate nei lavori nel cantiere, il ministro degli Interni ha ribadito la sua posizione favorevole al TAV, pur prestando attenzione a non guastare i rapporti con gli alleati di governo pentastellati contrari (con molte ambiguità) all'opera.
Naturalmente Salvini ha subito fatto l'apologia della grande opera e dei relativi cantieri, dicendosi felicissimo di avere visitato i 7 km di tunnel e definendo il TAV “una cosa eccezionale”, “una grande opera ingegneristica”, “un miracolo italiano”. Nelle dichiarazioni alla stampa successive alla visita al cantiere Salvini ha però mitigato la sua apologia del TAV dicendosi disponibile a mettersi a discutere con il M5S e riconoscendo che il progetto originario dell'Alta velocità è stato sovrastimato. Salvini ha poi negato l'esistenza di problemi ambientali legati alla presenza di amianto in quelle zone e nelle relative gallerie (circostanza questa tutta da dimostrare) e ha garantito la massima disponibilità a realizzare progetti che favoriscano un positivo impatto ambientale.
Il ministro degli Interni ha quindi concluso attaccando veementemente e in maniera scomposta e ingiustificata i manifestanti NO TAV che, legittimamente, lo hanno accolto in Val di Susa contestandolo.
Dal canto suo per il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli (M5S), si tratterebbe in realtà solo di due-tremila Tir al giorno: cifra limitata se la si confronta con il fatto che, ad esempio, sulla tangenziale di Torino passano quotidianamente circa 60.000 mezzi pesanti. Partendo da queste considerazioni Toninelli ha affermato che la TAV non è un'opera indispensabile e la sua realizzazione produrrebbe risultati modesti in termini di traffico e ambiente.
In realtà, come sostenuto da molti attivisti NO TAV, anche il M5S non è su tale questione esente da colpe, avendo fin da subito ceduto alle direttive dell'alleato leghista e soccombendo in ogni battaglia in difesa del territorio.
In coincidenza con tali avvenimenti, martedì 5 febbraio il governo italiano, prima ancora di renderla pubblica e di presentarla al parlamento, consegnava all'ambasciatore francese a Roma e successivamente alla Commissione dell'Unione Europea per i Trasporti, l'Analisi costi-benefici sul collegamento ferroviario Torino-Lione, redatta su incarico del ministero dei Trasporti da un gruppo di lavoro presieduto dal prof. Marco Ponti e composto da esperti del settore: i professori Beria, Dufruca, Parolin e Ramella. L'Analisi veniva poi resa pubblica in data 11 febbraio.
Essa dà un parere totalmente negativo alla realizzazione dell'opera, stimando in 7 miliardi di euro il saldo negativo tra il costo di realizzazione della nuova linea ferroviaria e i suoi benefici. Tale risultato deriva, secondo l'Analisi, dalla somma di due componenti di segno opposto:
la prima, relativa ai flussi di merci, determina un effetto negativo pari a 463 milioni. Tale risultato è la conseguenza del fatto che lo spostamento modale dalla strada alla ferrovia sulla linea Torino-Lione risulta essere socialmente inefficiente. Il beneficio economico conseguente alla possibilità di instradare treni lunghi e pesanti sull'itinerario reso possibile dall'opera in esame risulta minore della perdita di accise e pedaggi che sussisterebbe se venisse data prevalenza al traffico su gomma.
La seconda, relativa ai passeggeri, determina un beneficio positivo pari a 1,3 miliardi. Considerando che i costi di investimento e gestione dell'opera assommano a 7,9 miliardi, la perdita di benessere, ossia la differenza tra costi sostenuti e benefici ottenuti, conseguente alla realizzazione dell'opera, risulterebbe pari a 7 miliardi.
L'Analisi è stata successivamente presentata alla Commissione Trasporti e Infrastrutture della Camera dei Deputati dal responsabile del gruppo di lavoro, il prof. Ponti, e dal prof. Francesco Ramella. Ponti ha evidenziato soprattutto la neutralità del gruppo di lavoro e del relativo parere, affermando che sono i numeri e i dati contabili a dimostrare l'onerosità del progetto, in particolare i dati di traffico e i costi di costruzione. Ramella ha sostanzialmente trattato le questioni tecniche contenute nell'Analisi, relative al saldo negativo del rapporto costi-benefici.
La presentazione dell'Analisi è stata naturalmente accolta con ostilità da tutte le forze politiche del regime neofascista, eccettuato il M5S, essendo tutte queste forze (da Fratelli d'Italia a Forza Italia, al Partito democratico) favorevoli al TAV. L'Analisi Accolta negativamente anche dalla Lega di Salvini, così come dal governo francese e dall'UE imperialista.
Occorre in proposito osservare che la lotta al TAV non deve attribuire eccessiva importanza a tale Analisi pubblicata dal ministero dei Trasporti. Come si può constatare dalla sua disamina, essa si basa solo su aridi dati tecnici e contabili e non su dati politici, dati non idonei a spiegare i reali motivi per cui ingenti masse popolari non solo della Val di Susa ma anche del resto d'Italia e d'Europa si siano in tutti questi anni ribellate alla costruzione di quest'opera. Motivi da ricercare principalmente: nella lotta ai padroni affaristi e speculatori che, anche in maniera illecita e con metodi mafiosi, hanno lucrato su quest'opera a danno delle popolazioni locali; nella difesa dell'ambiente dalla costruzione di un'opera che mette a repentaglio la sicurezza e l'integrità di interi paesaggi e di intere vallate; nei costi eccessivi e nei conseguenti enormi sprechi di risorse che la costruzione di tale opera comporta. Tutti motivi questi che da sempre hanno spinto il PMLI, con slancio e motivazioni corrette, ad appoggiare la lotta al TAV.
E proprio in questi giorni e in conseguenza di questi eventi il movimento NO TAV chiama a raccolta tutti in vista della manifestazione nazionale del 23 marzo a Roma in difesa dell'ambiente e contro le grandi opere.
Gli eventi precedentemente descritti hanno subìto un'ulteriore evoluzione.
In particolare, in data 20 febbraio, il governo ha presentato alla Camera dei deputati una mozione, firmata dai capigruppo di Lega e M5S, Molinari e D'Uva, che ha sostanzialmente bloccato l'opera, considerando l'ipotesi di ridiscuterla integralmente. La mozione precisa che il ministro dei Trasporti italiano e il suo omologo francese hanno firmato una lettera indirizzata alla società che ha l'incarico di gestire la costruzione dell'opera, la TELT Spa., per posticipare i bandi di gara relativi al tunnel di base.
In conclusione, la mozione impegna il governo a ridiscutere integralmente il progetto. Con tale mozione il governo intendeva quindi inizialmente rinviare la realizzazione dell'opera a un'epoca successiva, con l'intenzione di bloccarne i lavori fino a un periodo successivo alle elezioni europee del 26 maggio e di guadagnare quindi tempo per sanare le divergenze sorte sul punto tra Lega e M5S.
Il voto favorevole alla mozione è stato espresso dalla Lega e dal M5S. Naturalmente contrari i partiti favorevoli alla realizzazione dell'opera, ossia Forza Italia, il Partito democratico e Fratelli d'Italia. Insorgevano contro la decisione del governo anche tutte le associazioni imprenditoriali. Significativa è stata poi la reazione del presidente della regione Piemonte Chiamparino (PD) il quale ha affermato che se il blocco alla realizzazione del TAV voluto dalla mozione fosse stato posto in essere avrebbe chiesto al Consiglio regionale di indire una consultazione popolare in modo da dare ai piemontesi la facoltà di pronunciarsi liberamente.
Queste prese di posizione hanno messo sempre più in difficoltà il M5S e in particolare il suo capo politico Luigi Di Maio stretto fra gli attacchi delle forze d'opposizione favorevoli al TAV e una corrente interna al M5S da sempre contraria all'opera.
A complicare le cose per il M5S ha contribuito l'esito delle elezioni regionali in Sardegna di domenica 24 febbraio, con la sconfitta del candidato pentastellato Francesco Desogus e l'affermazione del candidato della Lega e del “centro-destra” Christian Solinas. Con questa sconfitta elettorale il potere contrattuale di Di Maio e dei Cinquestelle nei confronti della Lega è andato indebolendosi. Infatti Salvini ha subito ribadito nei confronti degli alleati la posizione della Lega favorevole alla TAV.
Questi eventi hanno indotto Di Maio a chiedere nei giorni successivi un vertice con Salvini per ridiscutere il progetto. Tale vertice si è effettivamente tenuto il 27 febbraio e ha visto la partecipazione di Salvini, di Di Maio e del presidente del Consiglio Conte. In particolare, nel vertice, il ruolo da protagonista è stato svolto da Conte intenzionato a chiedere di sbloccare nuovamente i lavori. Si è infatti deciso di ripresentare una seconda versione dell'Analisi costi-benefici.
Conte e il ministro Toninelli hanno nell'occasione incaricato il gruppo di lavoro di adattare i risultati della precedente versione al solo fronte italiano: di calcolare cioè spese e ricadute del TAV solo per quanto riguarda l'Italia e non considerando anche la Francia e l'UE.
Come ammesso anche dagli stessi componenti del gruppo di lavoro la differenza rispetto alla precedente analisi è sostanziale, con un saldo sempre negativo ma meno sfavorevole alla costruzione dell'opera. Secondo la nuova Analisi il saldo negativo scenderebbe da 7 miliardi a 3,5 miliardi. Ciò permetterebbe al governo di avvicinare le diverse posizioni contrastanti, fornendo il pretesto per riformulare la progettazione dell'opera.
In realtà questi cambiamenti di strategia e di linea sul TAV da parte delle forze di governo dimostrano solo il tentativo di salvaguardare le loro posizioni di potere sulla pelle delle popolazioni locali, da sempre in gran parte contrarie al TAV, anche se negli ultimi giorni sembra che lo stesso Conte sia tornato sui suoi passi e sia emersa all'interno del M5S una linea ancora nettamente contraria al TAV, espressa soprattutto dal ministro Toninelli, dai fondatori Grillo e Casaleggio e dalla base del movimento.
Il PMLI in proposito ha da sempre e con coerenza sostenuto le ragioni della lotta contro il TAV, ha sempre difeso le popolazioni locali contro i calcoli opportunistici e gli interessi del capitale e continuerà a partecipare attivamente a qualsiasi iniziativa e manifestazione contro la realizzazione di tale opera.

6 marzo 2019