Di Maio costretto dalla protesta a volare a Termini Imerese
Gli operai ex Fiat: reddito di cittadinanza, non vogliamo assistenzialismo ma il lavoro
Prorogata per sei mesi la cassa integrazione

Gli operai di Termini Imerese (Palermo) stanno lottando da mesi per avere delle risposte chiare sulla ripresa industriale dello stabilimento della ex Fiat. Hanno organizzato presidi davanti alla fabbrica, manifestazioni in piazza a Palermo, occupato a più riprese il municipio di Termini, costretto i sindaci del comprensorio, una decina, a volare a Roma per protestare dinnanzi al Mise con momenti di tensione con le forze dell’ordine.
Dopo la chiusura della produzioni di auto Fiat si sono susseguite tante ipotesi: prima l'assemblaggio di auto cinesi, poi la costruzione di pannelli fotovoltaici, di seguito le auto elettriche fino all'acquisizione da parte della Blutec, che produce componentistica per auto e dove tra i suoi quadri siedono molti manager provenienti dalla casa automobilistica torinese.
Gli operai chiedono che il governo si occupi della mancata assunzione di 880 dipendenti ex Fiat e 300 dell'indotto che adesso sono disoccupati e senza “ammortizzatori sociali” perché la cassa integrazione si è conclusa a dicembre 2018. Che si faccia anche chiarezza sulle decine di milioni di euro pubblici avuti dalla Blutec che, a sentire la procura della cittadina siciliana, potrebbe essere sull'orlo del fallimento.
Il vice-premier Di Maio è stato direttamente chiamato in causa perché davanti ai cancelli della fabbrica aveva promesso il rilancio dell'azienda. Il ducetto pentastellato, nonché titolare del ministero dello Sviluppo economico, è dovuto tornare a Termini Imerese per placare la rabbia dei lavoratori. Il 22 febbraio ha incontrato le istituzioni locali e i sindacati nel municipio e ha promesso la proroga della cig per sei mesi, un provvedimento ineludibile per sopperire alla mancata riassunzione e alla cessazione degli “ammortizzatori sociali”.
Più vago Di Maio è stato sulla ripresa produttiva, ha detto solo che “Blutec ha preso impegni con lo Stato e col territorio, deve rispettarli” e “anche FCA deve fare la sua parte a Termini Imerese, perché è vero che ha deciso di andare via nel 2009 ma si è impegnata a garantire la transizione attraverso Blutec, azienda che è fornitrice di Fiat da tanti anni”.
I lavoratori hanno accolto il ministro al grido di “lavoro, lavoro” facendo intendere che non si accontenteranno della cig. “Di Maio non ci venga a parlare di reddito di cittadinanza, perché non è lavoro e noi vogliamo riavere il nostro posto nella fabbrica” ha gridato Nunzio Cislone, ex dipendente della BN Sud, azienda dell'indotto che produceva parafanghi per auto.
Molto chiaro anche Roberto Mastrosimone, segretario della Fiom siciliana: “Il reddito di cittadinanza? A Termini è come se esistesse da cinque anni, perché invece di entrare in fabbrica gli operai hanno tirato avanti solo con gli ammortizzatori sociali. Non vogliamo assistenzialismo, ma lavoro”.

6 marzo 2019