Elezioni regionali in Basilicata del 24 marzo 2019
Il 48,5% dell'elettorato diserta
Dopo 24 anni la destra strappa il potere al “centro-sinistra”. Tonfo del M5S dopo Trento, Friuli, Molise, Abruzzo e Sardegna. Il candidato PD ex fascista, il candidato M5S imprenditore ex FI

Nonostante un calo dell'8,1% l'astensionismo marca fortemente anche le elezioni regionali della Basilicata, dove domenica 24 marzo 278.406 elettori, pari al 48,5% dell'intero corpo elettorale, hanno disertato le urne o hanno votato scheda nulla o bianca. Nelle precedenti regionali anticipate del 17 novembre 2013, gli astenuti erano stati 325.677, il 56,6% dell'elettorato.
Il balzo più grosso l'astensionismo l'aveva quindi fatto con le regionali del 2013, aumentando di ben 90 mila unità e salendo in un colpo solo dal 41,4% al 56,6%, pari ad un aumento del 15,2%. Con questa tornata elettorale c'è stato un parziale recupero, di circa la metà di quei voti, ma l'astensionismo resta comunque di 7,1 punti sopra il livello del 2010. La stessa proporzione si osserva anche scomponendo gli astenuti nelle due province di Potenza e Matera, dove in entrambe c'è stato un recupero di circa la metà degli astenuti rispetto ai livelli massimi raggiunti nel 2013. Con la sola differenza che mentre nel 2013 era Matera ad avere la più alta percentuale di astenuti, stavolta il primato passa a Potenza, col 49,5%, contro il 46,3% di Matera.
Si può quindi ragionevolmente affermare che non c'è stata una vera e propria inversione di tendenza, come si è voluto subito far credere, ma piuttosto un assestamento dell'astensionismo intorno alla metà dell'elettorato; che è comunque un livello altissimo, tale da dimezzare letteralmente i consensi reali di tutti i partiti: quelli cioè riferiti all'intero corpo elettorale, e non quelli gonfiati riferiti solo ai voti validi, i soli che la destra e la "sinistra" borghese e i mass-media di regime riconoscono di comune accordo, per truffare gli elettori e vantare una "rappresentatività" popolare del tutto fasulla.

L'illusione del "cambiamento" e il clientelismo frenano l'astensionismo
Questo recupero parziale o assestamento dei votanti può essere dovuto a vari motivi, tra cui, verosimilmente, la presenza di molte liste locali legate ad interessi clientelari (ben sei nella coalizione di "centro-destra" e otto in quella di "centro-sinistra"); e l'illusione, abilmente alimentata dalla destra borghese, che l'estromissione dopo 24 anni ininterrotti di governo della "sinistra" borghese, ormai logorata e screditata dagli scandali e dai problemi irrisolti della regione (disoccupazione, spopolamento, inquinamento del territorio), potesse portare ad un "cambiamento" reale della situazione. In particolare dando fiducia alla Lega di Salvini, percepita adesso anche al Sud come il partito vincente: e quindi in grado, per gli elettori in buona fede, di imprimere un'illusoria "svolta" rispetto al passato, e per gli altri di garantire la continuità degli interessi delle vecchie clientele.
Non a caso molti dei voti persi dal PD sono andati direttamente alla Lega, che in vista delle elezioni aveva fatto incetta di transfughi e voltagabbana provenienti dalla giunta di "centro-sinistra" e dal notabilato locale legato alla famiglia Pittella. Come per esempio il presidente uscente delle coop Paolo Laguardia, l'ex assessore ai Trasporti della giunta Pittella, Nicola Benedetto, il capo della Coldiretti, Piergiorgio Quarto, il numero due della lista PD di Matera delle scorse regionali, Giovanni Scarola; il sindaco di Viggiano, la città al centro del polo petrolifero della Val D'Agri, era diventato improvvisamente fan della Lega, con un fratello nella sua lista, appoggiata anche dal ras dei rifiuti petroliferi, Giovanni Castellano, e così via.

La vittoria di Pirro del "centro-destra"
Questo per quanto riguarda l'astensionismo. Per quanto riguarda la restante metà dell'elettorato, a fare la parte del leone è stata la coalizione del "centro-destra" trainata da Salvini, che ha vinto nettamente ponendo fine al più che ventennale monopolio del "centro-sinistra". Il suo candidato, l'ex vicecomandante generale della guardia di finanza, Vito Bardi, è risultato di gran lunga il più votato con il 42,2% dei voti validi. Dei voti validi, e non dei "consensi", come strombazzato dal vincitore e dai mass-media di regime, perché i "consensi" veri si riducono a un ben più misero 21,7%, tale essendo infatti la percentuale dei suoi voti rispetto all'intero corpo elettorale: praticamente poco più di un solo elettore su cinque lo ha effettivamente "scelto", ed è su questa ridicola base che si accinge a insediarsi trionfalmente alla guida della regione.
Il neoeletto era stato scelto personalmente da Berlusconi, che lo ha premiato per averlo favoreggiato durante l'inchiesta leccese sul giro di escort fornitegli da Tarantini, quando l'allora comandante interregionale del Sud delle fiamme gialle si adoperò per intimidire i suoi colleghi addetti all'indagine, guadagnandosi poco dopo la promozione a vicecomandante generale. Successivamente era rimasto coinvolto in alcune inchieste giudiziarie a suo carico avviate dal pm napoletano Woodcock, tra cui una sulla sua partecipazione alla P4, finite archiviate ma sufficienti a interrompere la sua fulminante carriera sotto l'egida del delinquente di Arcore. Che però ha premiato la sua fedeltà ripescandolo per questa occasione.
In realtà la "rappresentatività" del neoeletto campione della destra segna il punto più basso raggiunto nell'ultimo decennio da un governatore lucano, se si pensa che il suo predecessore, il renziano Marcello Pittella, finito per due mesi ai domiciliari per l'inchiesta su concorsi truccati, era stato eletto con il 59,6% dei voti validi, corrispondenti al 25,9% degli elettori; e che il precedente governatore, sempre del PD, Vito De Filippo, dimessosi per essere stato indagato insieme a mezza giunta per lo scandalo denominato rimborsopoli, era stato eletto nel 2010 dal 35,6% dell'elettorato. In sostanza il candidato della destra ha "stravinto" sorpassando i suoi avversari in una corsa in retromarcia.

Salvini sempre più leader unico della destra
Nel "centro-destra" la parte del leone l'ha fatta ancora Salvini, trascinando la Lega al 19,1% dei voti, di gran lunga il primo partito della coalizione (nel 2013 non si era nemmeno presentato), grazie ad una capillare e martellante campagna elettorale condotta personalmente in tutta la regione. Rispetto alle politiche di un anno fa ha guadagnato 35 mila voti, pari ad un 5,4% dell'elettorato, in gran parte sottratti al PD più che a Berlusconi. Il ducetto fascio-leghista, che aveva rotto anche stavolta il silenzio elettorale, ha esultato dichiarando che "da stasera la Basilicata sarà governata dalla Lega (non dal "centro-destra", ndr) dopo vent'anni di sinistra".
Non del tutto una spacconata, la sua, visto che Forza Italia, che perde leggermente rispetto alle precedenti regionali dove si presentava col simbolo PDL, adesso ha la metà dei voti della Lega, restando inchiodata al 9,1% dei voti (4,6% degli elettori). Nel 2013 aveva già lasciato sul campo la metà degli 87 mila voti che aveva nel 2010, mentre oggi ne ottiene appena 26 mila. E anche rispetto alle politiche perde più di 12 mila voti e il 3,8% sull'elettorato. Il risultato è che mentre 6 anni fa Forza Italia rappresentava ancora il 57% del "centro-destra", oggi solo il 21%, e Lega più FdI ne rappresentano il 60%, con un netto spostamento a destra della coalizione.

Il PD ridotto al lumicino e anche dietro Pittella
Il "centro-sinistra" - ma sarebbe più realistico chiamarlo PD, tra l'altro camuffato in una lista denominata Comunità democratiche, più un'accozzaglia di 7 altre liste, compresa LeU del lucano Speranza che si era aggregato per l'occasione sotto il simbolo Progressisti - paga lo scotto del lungo malgoverno della regione e in particolare della gestione clientelare e corrotta affidata in questi anni alla famiglia Pittella. Il suo candidato Carlo Trerotola, scelto fra l'altro dallo stesso Pittella a cui era vietato candidarsi, un farmacista di famiglia missina, il cui "unico politico di riferimento", per dirla con le sue stesse parole, è stato Giorgio Almirante, ottiene solo il 33,1% dei voti (il 17,1% degli elettori), a dieci punti di distacco dal suo rivale Bardi e a distanza siderale dal suo stesso predecessore e padrino, Pittella. Peggio ancora è andata al PD, che ha perso oltre 36 mila voti (il 6,3% dell'elettorato) e si è ridotto al 7,7% dei voti (un misero 4,3% dell'elettorato), risultando addirittura secondo rispetto alla lista messa in piedi da Pittella con i suoi fedelissimi non traslocati nella Lega, tanto che i consiglieri risultati eletti sono quasi tutti di area pittelliana.
Nel 2013 il PD aveva già perso un terzo dei voti che aveva nel 2010 (effetto scandalo De Filippo), e quindi la sua perdita di credibilità rispetto ad allora è impressionante. Né va meglio alla coalizione nel suo complesso, che perde in misura ancor maggiore rispetto alle precedenti regionali: oltre 52 mila voti pari al 9,1% dell'elettorato (quasi il 30% dei voti validi). Anche se Zingaretti si consola pensando che l'aver raggranellato (come "centro-sinistra") 14 mila voti in più rispetto alle recenti politiche (34 mila se si esclude dal computo i voti di LeU, che nel 2018 correva da sola), possa essere salutato come un segnale di "svolta".

Il sesto crollo del M5S in meno di un anno
Chi in queste consultazioni ha preso la scoppola più grossa è però il Movimento 5 stelle, che pur conservando il titolo di primo partito, battendo di appena un punto la Lega, perde oltre 80 mila voti rispetto alle recenti politiche, quando aveva realizzato un vero exploit raggiungendo il 44,4% dei voti validi, più che dimezzando quindi il suo bacino elettorale appena conquistato. Ottiene infatti solo 58 mila e passa voti, pari al 20,3% dei voti alle liste e il 10,2% dell'elettorato (l'anno scorso era arrivato al 30,1% dell'elettorato).
Il suo candidato, l'imprenditore con un passato in Forza Italia, Antonio Mattia, ne ottiene poco di più, 60 mila voti. Ma tanto è bastato incredibilmente al ducetto Di Maio per esultare su Facebook perché il M5S resta il primo partito in Basilicata e anche perché rispetto alle regionali del 2013, che erano andate ancor peggio, porta a casa qualche consigliere in più, annunciando che presto arriveranno le nuove regole, come la possibilità di unirsi ad altre liste, il superamento del limite dei due mandati, la segreteria nazionale ecc. Tutte cose che dovrebbero rendere i Cinquestelle "più competitivi" anche nelle consultazioni locali. Anche Roberto Fico lo ha assecondato dichiarando che quello della Basilicata è "un risultato prezioso".
La verità è che il M5S colleziona in Basilicata la sesta sconfitta devastante in pochi mesi, dopo Trento, Friuli, Molise, Abruzzo e Sardegna. Lo stesso Salvini, preoccupato per la tenuta del governo (almeno fino alle europee), ha cercato di consolarlo appena noti i risultati con questa pelosa carezza: "Gli sconfitti stanno a sinistra. i Cinquestelle hanno avuto un buon risultato rispetto alle ultime regionali e se fossi Di Maio non sarei preoccupato". Ma intanto aumenta la sua forza contrattuale nel governo e si prepara a battere cassa su tutti i dossier ancora aperti che stanno a cuore alla Lega.
 
 

3 aprile 2019