Rinnovato il contratto Fca ma senza la Fiom
La Fim-Cisl attacca gli scioperi

È stato firmato l'11 marzo a Torino il nuovo contratto in casa FCA che riguarderà anche i lavoratori Cnhl e Ferrari. Si tratta dell'ennesimo accordo separato senza la Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil. L'intesa è stata siglata dall'azienda e da Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Associazione quadri e capi Fiat (Aqcf-r). Un contratto collettivo specifico di lavoro (Ccsl) che riguarderà 87mila dipendenti degli stabilimenti italiani.
Sono stati l'azienda e gli stessi sindacati firmatari a volere escludere ancora una volta la Fiom. Specialmente Cisl e Uil hanno messo come pregiudiziale il riconoscimento dell'accordo precedente che la Fiom non aveva firmato. A fronte del prevedibile rifiuto i metalmeccanici della Cgil sono stati costretti a trattare con l'azienda a un tavolo separato dagli altri sindacati.
Si è voluto perpetuare il modello Marchionne il quale assegna ai sindacati il mero ruolo di garanti degli accordi imposti dalla direzione aziendale, senza alcun ruolo negoziale e rivendicativo. Anche stavolta i sindacati apertamente cogestionari e crumiri hanno difeso il famigerato “modello Pomigliano” che
prevede lavoro ed eventualmente aumenti solo in caso di rinuncia dei diritti.
Tutti accodati dietro a FCA che sette anni fa uscì da Confindustria e dal Contratto nazionale di lavoro (CNL) e tentò di negare l'agibilità nella fabbrica campana a chi non firmò il contratto aziendale. La nota vicenda che portò al duro scontro tra la Fiom e Landini da una parte, e Marchionne e la famiglia Agnelli dall'altra.
Dobbiamo dire che la Fiom ce l'aveva messa tutta per ricucire quello strappo. Lo stesso Landini si era impegnato a firmare assieme a Cisl e Uil un contratto nazionale al ribasso, con aumenti ridicoli, l'espansione del welfare aziendale e contenente le famigerate “clausole di raffreddamento” limitative del diritto di sciopero. La speranza era quella di far accettare di nuovo a FCA il contratto nazionale dei metalmeccanici, ma così non è stato.
In seguito a questa intransigenza la Fiom, specie a Pomigliano, aveva indetto anche degli scioperi per chiedere aumenti e l'adeguamento dei salari a quelli del resto dei metalmeccanici, maggiori investimenti e contro il passaggio a 18 turni . Un aumento dei turni inaccettabile visto che FCA ricorre in maniera massiccia alla cassa integrazione. Rabbiosa la reazione della Fim che aveva accusato la Fiom di populismo e addirittura di voler “mettere a rischio gli investimenti”.
Un atteggiamento da crumiri quello dalla Cisl, che poi ha esaltato il Cssl firmato a Torino il quale prevede un aumento di 35 euro quest’anno, 36 euro nel 2020, 36 euro nel 2021 e 37 nel 2022. L’aumento mensile medio a gennaio 2022 sarà di 144 euro, ottenuti anche grazie agli scioperi della Fiom ma che comunque lasciano i salari FCA inferiori a quelli dei lavoratori metalmeccanici coperti dal contratto nazionale.
Altro che “piena occupazione” e “salari tedeschi” come blateravano Marchionne e tutti quelli che esaltavano il “modello Pomigliano” come Renzi, Prodi e la Cisl . “La firma del rinnovo del contratto Fiat è una vittoria per l’azienda che per altri quattro anni potrà continuare a raggiungere gli obiettivi di efficienza, aumentare gli utili e la redditività, riducendo i costi”, commentano Francesca Re David e Michele De Palma per la Fiom.
 

10 aprile 2019