Il Consiglio europeo concede altri sei mesi alla May per la Brexit

 
Il Consiglio europeo straordinario di Bruxelles dell'11 aprile ha concesso al governo inglese altri sei mesi per la Brexit. Il Consiglio europeo del 21 marzo scorso, preso atto che il governo inglese non aveva ottenuto il via libera dal parlamento per l'uscita concordata del paese dalla Ue stabilita al 29 marzo bocciando il piano definito con la premier Theresa May, aveva definito con Londra una nuova tabella temporale che poteva evitare la rottura senza intese: i partner europei spostavano la scadenze per la Brexit al 22 maggio, alla vigilia delle elezioni europee, fermo restando che l'accordo di divorzio doveva essere approvato dal parlamento di Westminster entro il 12 aprile.
Il piano della May era bocciato per la terza volta in parlamento il 29 marzo. Per farlo passare la premier alla riunione dei deputati Tory aveva offerto pure le sue dimissioni, “sono pronta a lasciare l'incarico in anticipo pur di assicurare una Brexit ordinata”, ma non aveva convinto i sostenitori in casa sua della rottura con la Ue e l'unico risultato ottenuto era la sconfitta con 58 voti di scarto rispetto ai 200 delle precedenti, ma pur sempre di sconfitta si trattava.
La palla tornava nel campo delle istituzioni Ue e al Consiglio europeo straordinario convocato a Bruxelles l'11 aprile. La seduta fiume del consiglio durava fino a tarda notte per arrivare alla seconda proroga concessa al governo inglese: Londra potrà restare nell’Ue fino al 31 ottobre, alla vigilia dell'insediamento della nuova Commissione di cui ovviamente non farà parte, rispettando però altri impegni e scadenze più ravvicinati. Nei prossimi sei mesi ci sono le elezioni del parlamento di Strasburgo, le nomine ai vertici delle istituzioni e le discussioni e votazioni sul bilancio dell'Unione europea per il periodo 2021-2027, momenti decisionali ai quali Londra dovrebbe partecipare di diritto come mebro Ue, pur con un piede di fuori.
La soluzione trovata a Bruxelles sposta il termine ultimo per la Brexit al 31 ottobre, e risolve la questione dell'esclusione dei rappresentanti inglesi dalla nuova Commissione e dalle sue discussioni sul bilancio; indica che la Gran Bretagna dovrà partecipare alle elezioni dell'europarlamento se il 22 maggio sarà ancora nella Ue. Ma se non partecipa al voto sarà fuori automaticamente l'1 giugno, con o senza accordo.
Per andare a Bruxelles la May era passata da Parigi e Berlino per sondare le posizioni della cancelliera tedesca Angela Merkel e del presidente francese Emmanuel Macron. All'avvio dei lavori del vertice presentava la richiesta di una proroga della Brexit fino al 30 giugno in modo da avere altro tempo per far passare l'intesa concordata al parlamento di Londra. La Merkel e la maggioranza dei partner europei, fra cui l'Italia che teme gli scossoni di una uscita della Gran Bretagna senza intesa, si esprimevano per una proroga al 31 dicembre o al 31 marzo 2020; Macron non voleva gli inglesi per così ancora lungo tempo tra i piedi a condizionare le decisioni europee e premeva per una data più ravvicinata. Che diventava il 31 ottobre come data massima.
Era comunque chiaro che la parte concordata su vari aspetti quali il contributo inglese al bilancio comunitario per gli impegni già assunti, il “backstop” sull’Irlanda del Nord e il periodo di transizione fino almeno a fine 2020 non potevano essere ridiscussi. Al massimo poteva essere riformulata la Dichiarazione allegata all’accordo, un testo comunque giuridicamente non vincolante sul futuro dei rapporti tra Bruxelles e Londra. E la Merkel registrava che “abbiamo mantenuto l'unità dei 27 Paesi membri dell'Ue e questo è il punto più importante della giornata odierna”.
La May tornava a Londra chiamando a raccolta anche i laburisti di Corbyn per una intesa che permetta l'uscita concordata. “Voglio che il Regno Unito lasci l'Ue il prima possibile”, sosteneva la May e si dava un ovbiettivo: “se l'accordo sarà approvato nelle prime tre settimane di maggio, il Regno Unito potrà lasciare la Ue l'1 giugno”. Chissà se la lotteria delle date sulla Brexit si fermerà qui o sarà di nuovo modificata in un percorso che sfiora la farsa ma che intanto conferma le difficoltà della superpotenza imperialista europea a regolare i suoi affari e che la frena nella contesa con le potenze imperialiste concorrenti.
 
 

17 aprile 2019