Telecamere per controllare il voto dei palestinesi
Il 32,5% dell'elettorato di Israele diserta le urne
Netanyahu ancora una volta riesce a formare un governo sionista-nazista
Salvini esulta per la vittoria del nemico numero uno del popolo palestinese

 
Alle elezioni politiche anticipate del 9 aprile il Likud del premier Benyamin Netanyahu ha ottenuto il 29% dei voti validi e 35 seggi, gli stessi del principale rivale, il nuovo partito di centro Blu-Bianco guidato dall'ex generale Benny Gantz, ma forte del patto di alleanza con le formazioni minori di destra potrà mettere in campo una maggioranza di almeno 65 seggi, sui 120 della Knesset, il parlamento; il boia Netanyahu, che ha definto il risultato “una vittoria immensa”, si prepara al quinto mandato da premier alla guida di un altro governo sionista-nazista.
A dire il vero il primo partito sarebbe quello della diserzione delle urne, con quasi un terzo dei circa 6,3 milioni di lettori. Circa 2,3 milioni di elettori astensionisti, pari al 32,5% con un aumento di oltre 4 punti rispetto al 28,2% delle precedenti elezioni nel 2015. Significativa la crescita delle diserzione del voto da parte della minoranza araba che è raddoppiata passando dal 27% del 2015 al 54%, grazie anche agli appelli al boicottaggio elettorale lanciato da settori ed esponenti arabi.
La farsa elettorale sionista era segnata dallo scandalo delle telecamere piazzate da esponenti del Likud in oltre un migliaio di seggi dove votava la minoranza araba. Alla denuncia rispondeva direttamente Netanyahu sostenendo che era necessario registrare le operazioni di voto per scoraggiare possibili “irregolarità” in seggi “notoriamente problematici”, in realtà per controllare il voto dei palestinesi.
Se con neanche il 20% di consensi sul corpo elettorale Netanyahu può gridare alla vittoria e restare alla guida del regime di Tel Aviv, la “sinistra” israeliana perde consensi coi laburisti di Avi Gabbai che col 5% dei voti validi conquistano solo sei seggi, il peggior risultato nella storia del partito dal 1948; resiste Meretz con quattro seggi mentre le due liste arabe, Hadash-Taal e Raam-Balad, hanno conquistato complessivamente 10 seggi, tre in meno del 2015. Proliferano le formazioni di destra dai partiti ortodossi Shas e United Torah Judaism a Yisrael Beiteinu dell’ex ministro della Difesa Lieberman all’Unione dei partiti di destra (Casa ebraica, Tkuma e Potere ebraico), nata su pressione di Netanyahu, che assieme hanno 30 seggi e aiuteranno il Likud a formare il nuovo governo di coalizione. Da notare che quest'ultima formazione di destra ha ottenuto consensi in diverse colonie dove il numero di voti è risultato maggiore rispetto a quello degli elettori, come nel caso della colonia di Bruchin, nel nord della Cisgiordania, dove l’affluenza è stata del 167% con 385 schede conteggiate e 230 aventi diritto al voto.
Per guadagnarsi l’incarico di formare il nuovo governo dal capo dello stato Rivlin, Netanyahu quasi alla fine della campagna elettorale aveva chiamato a raccolta la destra e giocato al carta dell'annessione di parte della Cisgiordania. O meglio dell'annessione ufficiale, perché esiste già di fatto, in quei territori occupati illegalmente dalle colonie in continua espansione. La sovranità israeliana sarà gradualmente estesa a tutti gli insediamenti coloniali nella Cisgiordania occupata, assicurava Netanyahu che garantiva di aver già ottenuto l'avallo dell'imperialismo americano: “da sei mesi ne vado parlando con gli americani, l’importante è procedere con l’assenso degli Usa”. Non ci sarà nessun problema da Trump per riconoscere l'annesione di gran parte della Cisgiordania da parte dei sionisti di Tel Aviv dopo quella di Gerusalemme e del Golan siriano. Territori che costituiranno lo stato di Israele, lo “Stato nazione del popolo ebraico”, così come è definito nella legge approvata alla Knesset il 18 luglio 2018, dove non c'è posto per i palestinesi.
Dalla Casa Bianca arrivavano le prime congratulazioni per la vittoria di Netanyahu, dal presidente americano Trump che salutava il “grande alleato e amico”. Anche Matteo Salvini, che lo scorso 12 dicembre era stato accolto da Netanyahu a Tel Aviv come “un grande amico di Israele”, esultava per la vittoria del nemico numero uno del popolo palestinese augurando “buon lavoro all’amico Bibi Netanyahu e un abbraccio al popolo di Israele”. Il popolo palestinese era cancellato nei pensieri del ducetto.

17 aprile 2019