4 assessori regionali su 12 sotto inchiesta in Sicilia
I reati contestati: abuso d'ufficio, corruzione e voto di scambio elettorale

 
Sono attualmente 4, su un totale di 12, gli assessori regionali della giunta regionale siciliana di “centrodestra” retta da Nello Musumeci a risultare iscritti nei registri degli indagati presso le procure della Repubblica della Sicilia.
Il primo a finire in una inchiesta, alla fine di novembre del 2018, è stato Mimmo Turano, assessore Udc alle Attività Produttive, il quale è stato raggiunto da un avviso di garanzia spedito dalla procura di Trapani con l’accusa di corruzione e abuso d’ufficio, nell’ambito di una inchiesta con 26 indagati che ha portato agli arresti domiciliari Giuseppe Pirrello, l’ingegnere capo del Genio Civile che a febbraio era stato nominato anche commissario dell’Istituto Autonomo Case Popolari, arrestato insieme ad un assessore di Castellamare e a due imprenditori.
L'inchiesta che ha portato all'iscrizione l’assessore Turano è relativa a vicende relative a quando ricopriva incarichi politici nella provincia di Trapani.
La seconda inchiesta che ha visto un altro assessore regionale finire sotto accusa viene resa nota a gennaio, quando l’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone ha ricevuto la notifica dell'avviso di proroga delle indagini nei suoi confronti da parte della procura palermitana insieme al capogruppo di Forza Italia al Consiglio regionale, Giuseppe Milazzo.
Questa indagine verte su presunte pressioni fatte da Milazzo nei confronti di Falcone per sostituire alla guida dell’Iacp Calogero Belingheri, il quale fu effettivamente sostituito con Ferruccio Ferruggia senza alcun valido motivo, ed è questa la ragione per la quale i magistrati del capoluogo siciliano contestano all'assessore regionale il reato di abuso d'ufficio.
Il terzo membro della Giunta regionale a risultare indagato è Salvatore Cordaro, titolare dell'assessorato al Territorio e ambiente, che alla metà di marzo si è visto notificare dalla Procura di Termini Imerese, insieme ad altri 95 indagati, l'atto di avviso di conclusione delle indagini preliminari, che per l'assessore regionale riguardano il reato di voto di scambio in relazione alla campagna elettorale comunale del 2017 a Termini Imerese.
Nell’inchiesta figurano indagati tra gli altri, oltre a Cordaro, l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, il capogruppo all'Assemblea regionale siciliana della formazione politica Diventerà Bellissima Alessandro Aricò, il sindaco di Termini Imerese Francesco Giunta e gli ex coordinatori della Lega in Sicilia, Alessandro Pagano e Angelo Attaguile.
Secondo la Procura Salvatore Cordaro avrebbe fatto da mediatore, insieme all'avvocato Vito Patanella, per assicurare posti di lavoro in cambio del voto elettorale di Rio Agostino e dei suoi familiari e conoscenti a favore del sindaco di Termini Francesco Giunta.
L'ultimo membro della Giunta regionale a finire indagato è Roberto Lagalla, assessore all'Istruzione e Formazione professionale ed ex rettore dell'Università di Palermo, che ha ricevuto lo scorso 21 marzo un avviso di garanzia dalla Procura di Trapani per abuso d'ufficio, nell'ambito dell'inchiesta Artemisia che vede indagate 37 persone, delle quali 27 arrestate, tra cui 3 poliziotti, e che ha fatto emergere una vera e propria loggia massonica occulta.
La rete massonica, della quale la Procura di Trapani sospetta che anche l'ex rettore faccia parte, aveva stretto accordi con esponenti di rilievo dei partiti di regime, delle “forze dell’ordine” e delle istituzioni locali, tanto da controllare totalmente l’attività del Comune di Castelvetrano e le nomine di funzionari pubblici.
Secondo quanto accertato per ora dalla procura di Trapani a carico di Lagalla (ma le indagini proseguono) l'ex rettore avrebbe indebitamente favorito, pur non sussistendone i requisiti, la concessione di una borsa di studio alla figlia di uno dei professionisti arrestati, e per questo Lagalla è indagato per abuso d’ufficio.
Eppure, nonostante un quarto della sua giunta sia sottoposta a procedimenti penali per reati non di poco conto, il presidente Musumeci ha fatto finora finta di niente e non ha neppure chiesto agli assessori indagati di rassegnare le dimissioni, tanto che tutti e quattro restano al loro posto nel governo della Sicilia.
 
 

24 aprile 2019