Il governatore pugliese è accusato di abuso d'ufficio, induzione indebita e falsa fatturazione
Emiliano (PD) indagato
Tre imprenditori avrebbero finanziato la sua campagna per le primarie del PD del 2017

Da qualche settimana il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, è indagato dalla procura di Bari per alcuni finanziamenti illeciti alla sua campagna elettorale in occasione delle primarie del PD del 2017.
I reati contestati a vario titolo al boss pugliese del PD, al suo capo di gabinetto, Claudio Stefanazzi, e a tre imprenditori baresi: Pietro Dotti, Vito Ladisa e Giacomo Mescia, sono di induzione indebita a dare o promettere utilità, abuso di ufficio e falsa fatturazione.
Al centro dell'inchiesta una fattura da 65.000 euro pagata da Ladisa e Mescia
alla società di Dotti che ha curato la campagna elettorale del governatore pugliese, allora sfidante di Matteo Renzi, e “con la quale – secondo Emiliano – era insorto un contenzioso giudiziario”.
L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno. Dalle carte si evince che tra Emiliano e la società Dotti sarebbe nato un contenzioso perché la campagna elettorale risultava troppo simile a quella di un altro candidato del PD, Deborah Serracchiani.
La cifra inizialmente richiesta da Dotti, 65mila euro, non sarebbe stata corrisposta. Da qui una lite giudiziaria culminata in un decreto ingiuntivo. Il saldo per 20 mila euro più Iva avrebbe tacitato la società ma sarebbe stato tracciabile con un bonifico. A pagare è stato l’imprenditore del settore energetico Giacomo Mescia sostenitore della campagna dell’ex sindaco di Bari. Secondo l’accusa, però, ci sarebbe un secondo pagamento sospetto alla società di Dotti da parte di un altro imprenditore barese: Vito Ladisa, che si occupa di ristorazione. Fonti vicine al governatore pugliese spiegano che questo secondo pagamento sarebbe riferibile a un’altra campagna elettorale del PD che però non riguarderebbe Emiliano.

24 aprile 2019