Dopo un lungo tira e molla tra Lega e M5S
Siri finalmente fuori dal governo
Salvini strilla ma rinvia la crisi

Il vergognoso teatrino della politica messo in scena per tre settimane da Lega e M5S intorno all'inchiesta che ha travolto il senatore leghista e sottosegretario ai Trasporti Armando Siri, indagato dalla procura di Roma per corruzione, si è finalmente chiuso durante il Consiglio dei ministri (Cdm) dell'8 maggio con un decreto del premier Giuseppe Conte che solleva Siri da ogni incarico governativo.
Dunque l'ormai ex sottosegretario leghista, in odore di mafia e massoneria, esce finalmente dal governo ma continua a rimanere senatore anche se, come lo stesso Conte ha ricordato, ha cercato più volte di far passare un emendamento che favoriva Paolo Arata e Vito Nicastri (l’imprenditore dell’eolico accusato di avere legami con il boss della mafia Matteo Messina Denaro).
“Siri non ha perseguito l’interesse generale e per questo ha perso la mia fiducia” ha esordito Conte in Cdm. Subito dopo si è rivolto ai ministri leghisti e ha aggiunto “la scelta di rimuoverlo è mia: avete fiducia in me o no?”.
Costretti a scegliere tra il salvataggio di Siri e una crisi di governo in piena campagna per le europee, Salvini e i suoi accoliti alla fine hanno accettato la decisione di Conte e per bocca del sottosegretario Giancarlo Giorgetti hanno aggiunto: “Abbiamo fiducia nel presidente Conte, non vogliamo certo far cadere il governo, sia però messo a verbale che la nostra posizione è quella espressa dalla ministra Bongiorno” ossia “che la presunzione di non colpevolezza è un principio cardine del nostro ordinamento”.
Dunque la crisi di governo è stata solo rinviata a dopo le europee con Salvini che alla fine del Cdm minaccia il M5S: “Mi sono stancato, voglio pensare alle cose concrete, a lavorare... È evidente che è in corso un attacco nei confronti della Lega. Siamo il primo partito e siamo diventati perciò il bersaglio: abbiamo tutti contro, dalle procure agli alleati”. Arrivati a questo punto, ha aggiunto ancora il ducetto Salvini con tono ricattatorio: “Se i grillini ci fanno fare le cose concrete promesse ai cittadini, a cominciare dalla flat tax e dalle autonomie, bene, altrimenti...”.
La ritorsione leghista contro gli alleati di governo dei 5Stelle è già pronta a scattare subito dopo le europee e si chiama flat tax, riforma fiscale, autonomie e sblocca cantieri. Se il M5S non permetterà di varare subito le riforme di Salvini e alle sue condizioni, il ducetto leghista è già pronto a vendicarsi mandando a casa Giuseppe Conte.
Dunque il caso Siri non è chiuso come ciancia l'altro ducetto a Cinquestelle Di Maio che addirittura considera la cacciata del sottosegretario leghista dal governo come una “vittoria degli italiani onesti”.
La realtà, come conferma la nuova inchiesta milanese su tangenti e 'ndrangheta che conta già 28 arrestati e oltre 100 indagati fra i quali spicca il governatore leghista della Lombardia Attilio Fontana, accusato di abuso d'ufficio, è che la Lega di Salvini con cui i Cinquestelle hanno stretto un sorta di patto di mutuo soccorso, è una banda di “mariuoli” di craxiana memoria.
Mentre i magistrati romani Paolo Ielo Mario Palazzi stanno ancora passando al setaccio tutti i contatti e i rapporti d'affari fra Siri e l’ex deputato forzista e imprenditore dell'eolico Franco Paolo Arata elargitore della mazzetta da 30mila euro destinata a Siri in cambio del suo appoggio a una serie di provvedimenti per i finanziamenti alle energie alternative. È nel dicembre 2017 che la voce di Siri compare per la prima volta nelle intercettazioni disposte dalla procura di Palermo su Arata, sorpreso in affari con Vito Nicastri, il “ re” dell’eolico vicino al superlatitante Messina Denaro.
Senza dimenticare la sentenza fissata al 30 maggio prossimo per il processo sulle “spese pazze” nel Consiglio regionale della Liguria che coinvolge il viceministro leghista ai Trasporti (stesso dicastero di Siri) Edoardo Rixi: per lui il procuratore Francesco Pinto ha chiesto la condanna a 3 anni e 4 mesi. Una condanna, alla luce di quanto avvenuto ieri in Consiglio dei ministri, renderebbe automatica l’espulsione anche del fedelissimo ligure di Salvini. A cui si aggiunge l'inquietante dossier aperto dalla Dda a Latina e provincia, grande serbatoio di voti leghisti, con l’ipotesi di scambio di voti e favori tra politici e clan nonché feudo elettorale del coordinatore regionale delle Lega, il deputato Francesco Zicchieri, e del sottosegretario al lavoro Claudio Durigon, padre di Quota 100.

15 maggio 2019