Alle elezioni amministrative parziali del 26 maggio 2019
La diserzione dalle urne alle comunali avanza del 3%
Record della diserzione in Calabria (39,7%), Molise (39,4%), Basilicata (38,5%), Abruzzo (37,1%) e Liguria (36,0%). Il “centro-sinistra” conferma Bergamo, Modena, Firenze, Pesaro, Bari e Lecce, perde Pavia e Pescara a vantaggio della destra e va al ballottaggio in 9 comuni capoluogo. La destra conferma Perugia e Vibo Valentia e va al ballottaggio in 14 comuni. Il renziano Nardella rieletto sindaco di Firenze con 1.321 voti in meno (0,4% sul corpo elettorale). Débâcle del M5S. Nelle elezioni regionali del Piemonte l'astensionismo è il primo “partito” col 38,7%. Il fallimento di Chiamparino, sostenuto dagli imbroglioni di “sinistra”, riconsegna il Piemonte alla destra
NON DARE TREGUA, ANCHE NELLE PIAZZE, AL FASCISMO DEL XXI SECOLO DEL DUCETTO SALVINI

In concomitanza con le elezioni europee, il 26 maggio 2019 si sono tenute le elezioni amministrative parziali che hanno coinvolto quasi 17 milioni di elettori.
Alle urne sono stati chiamati gli elettori del Piemonte per il rinnovo del presidente e del consiglio regionale e gli elettori di 3.654 comuni nelle regioni a statuto ordinario, più 118 comuni in Friuli Venezia Giulia e 7 in Trentino-Alto Adige. Fra tutti questi sono cinque i capoluogo di regione: Firenze, Bari, Perugia, Potenza e Campobasso e altri venti i comuni capoluogo di provincia: Ascoli Piceno, Avellino, Bergamo, Biella, Cremona, Ferrara, Foggia, Forlì, Lecce, Livorno, Modena, Pavia, Pesaro, Pescara, Prato, Reggio Emilia, Rovigo, Verbania, Vercelli e Vibo Valentia.

L'astensionismo primo “partito”
Alle elezioni comunali complessivamente ha disertato le urne il 32% dell'elettorato con un incremento rispetto alle precedenti elezioni comunali, che si sono tenute in genere nel 2014, del 3%.
L'astensionismo si conferma così il primo “partito” anche nelle elezioni comunali e per ora è quello che può vantare un elettorato più solido e stabile rispetto a tutti gli altri partiti e coalizioni per i quali ormai tutti i commentatori parlano di elettorato “volatile”, non stabile e infedele. Infatti mentre l'astensionismo è inesorabilmente cresciuto elezione dopo elezione, tradizionali partiti e coalizioni del regime neofascista sono andati dalle stelle alle stalle nel volgere di pochi anni. Nelle ultime tre elezioni nazionali, per esempio, abbiamo assistito alla fine dell'avanzata che sembrava inarrestabile del “Popolo delle libertà” di Berlusconi fino all'attuale oblio; al successo del PD di Renzi alle europee 2014 e poi alla successiva repentina caduta iniziata col referendum costituzionale; all'exploit del Movimento 5 stelle alle politiche 2018 e a distanza di un solo anno alla sua débâcle . Oggi infine assistiamo alla cavalcata elettorale, apparentemente inarrestabile, della Lega fascista di Salvini.
Il dato della diserzione dalle urne è importantissimo e tutt'altro che scontato. Non solo perché in elezioni locali come queste, dove solo circa 220 comuni superano i 15.000 abitanti, giocano tantissimo la presenza di numerose liste e di candidati che hanno la possibilità di avere un rapporto più diretto e personale e addirittura familiare con gli elettori. Ma anche perché era molto alta la partita in gioco per il PD che proprio sulla scia del successo di Renzi alle europee del 2014 amministrava la stragrande maggioranza dei comuni ed era oggi chiamato a limitare i danni dell'inesorabile declino subito da lì in poi; per la Lega e il M5S, l'una alla ricerca della supremazia assoluta su tutto il territorio nazionale, l'altro a ridurre le perdite provocate dalla partecipazione al governo. D'altra parte l'obiettivo di arginare Salvini ha rappresentato un forte per l'elettorato di sinistra.
L'aumento dell'astensionismo è tanto più significativo giacché le regioni maggiormente interessate da questa tornata elettorale erano Lombardia (990 comuni), Piemonte (826) e Veneto (321) e non le regioni del Sud e delle Isole dove l'astensionismo è da sempre più massiccio.
L'astensionismo nelle sue varie componenti (diserzione dalle urne, scheda annullata o lasciata in bianco) esprime una precisa volontà dell'elettorato che vuol prendere le distanze dalle istituzioni rappresentative borghesi, dai governi e dai partiti della classe dominante, delegittimando di fatto sindaci, giunte, consiglieri comunali e regionali. L’elettorato sceglie ogni volta se andare o no alle urne, chi e come votare, testimoniato peraltro dal fatto che una parte di elettorato pur recandosi alle urne per le elezioni comunali si è tuttavia astenuto alle elezioni europee. Oppure dal voto disgiunto, ossia il voto dato a un candidato sindaco diverso da quello indicato dalla lista votata, fenomeno che si è registrato in molte circostanze, per esempio nel caso della riconferma del sindaco PD di Bari Decaro.
Il record della diserzione dalle urne spetta alla Calabria col 39,7% (+4,1% rispetto alle precedenti comunali), al Molise col 39,4% (+4,1%), Basilicata 38,5% (+4%), Abruzzo 37,1% (+5,8%) e Liguria 36% (+3,1%).
A livello provinciale record nei comuni delle province di Crotone col 45,8%, Belluno 44,6%, Isernia 44,2%, Reggio Calabria 42,4%, Chieti 41,5%.
Nei 25 comuni capoluogo di provincia la diserzione supera la media nazionale a Livorno col 37,1%, Pescara 36,1%, Verbania 35,9%, Pavia 35,6%, Bari 35,3%, Biella e Foggia 33,3%, Vibo Valentia 32,8% e Cremona 32,7%. Record dell'incremento rispetto alle precedenti elezioni a Pescara +6,4%, Pavia +5,2%, Vibo Valentia +4,4%, Campobasso +4,1%.
Un astensionismo così alto delegittima in partenza i sindaci riconfermati in questa tornata e i neoeletti. Potremo analizzare meglio i dati una volta che saranno completati gli scrutini (ancora in corso mentre scriviamo) e soprattutto dopo il ballottaggio nei comuni superiori ai 15 mila abitanti. Fin da subito possiamo però rilevare che tutti i sindaci confermati o neoeletti al primo turno nei comuni capoluogo di provincia non raggiungono in nessun caso il 50% di tutti gli elettori aventi diritto di voto. Per esempio: Nardella a Firenze si ferma al 38%, Decaro a Bari al 41,2%, Gori a Bergamo al 36,8%.

Il confronto “centro-sinistra”, destra e M5S
Nonostante sia stato ancora una volta e forse più di sempre ignorato dai mass media del regime, l'astensionismo rende perdenti tutti i candidati e i partiti in lizza.
C'è ovviamente chi perde più di altri. Nei comuni capoluogo di provincia il “centro-sinistra”, che ne governava 17, si conferma al primo turno solo in sei città: Bergamo, Modena, Firenze, Pesaro, Bari e Lecce. Perde invece già Pavia e Pescara a vantaggio della destra. Va al ballottaggio in 9 comuni capoluogo su 15 e solo in 5 casi è in vantaggio rispetto alla destra.
Cocente la sconfitta a Biella dove il sindaco uscente del “centro-sinistra” Marco Cavicchioli non riesce nemmeno ad andare al ballottaggio. A Prato il sindaco uscente Matteo Biffoni (PD) eletto nel 2014 al primo turno, perde quest'anno oltre 10.000 voti ed è costretto al ballottaggio con il candidato della destra. Per non parlare del PD a Perugia che neppure riesce a costringere al ballottaggio il candidato della destra e paga lo scandalo sanità in Umbria perdendo letteralmente la metà dei voti ottenuti nel 2014.
La cosiddetta “tenuta” del PD o la ancor più ottimistica “rimonta” è dovuta in grande parte al fatto di aver prosciugato liste alla sua sinistra come “Liberi e uguali” oppure PRC e altri che nella stragrande maggioranza dei comuni non si sono nemmeno presentati. E di aver recuperato in parte elettori astensionisti o del M5S col ricatto del voto utile anti-Salvini.
Dal canto suo al primo turno la destra conferma Perugia e Vibo Valentia, non cede niente al “centro-sinistra”, a cui strappa Pavia e Pescara, e va al ballottaggio in 14 comuni su 15 con un netto vantaggio in 10 di questi.
L'affermazione della destra di Salvini e in parte anche quella di Fratelli d'Italia della Meloni non è segnata da una vera e propria crescita dell'area del “centro-destra”. Il loro bacino elettorale si è comunque ridotto rispetto al passato. Col netto sorpasso della Lega e la netta perdita di consensi di Forza Italia, il baricentro della coalizione si è però spostato tutto a destra.

La riconferma del renziano Nardella
Un discorso a sé merita la rielezione del sindaco di Firenze Dario Nardella. In questa città si è giocata una sfida di valore nazionale tant'è vero che Salvini si è speso in prima persona calcando per ben tre volte le piazze fiorentine in questa tornata elettorale. L'obiettivo era quello di strappare forse l'ultimo significativo baluardo del potere amministrativo del PD. L'operazione è riuscita in parte a livello regionale ma non gli è riuscito a Firenze. Il renziano Nardella pur perdendo 1.321 voti (-0,4% sul corpo elettorale) è riuscito a farsi rieleggere al primo turno proprio giocando sulla tesi del “voto utile”, cioè del voto dato al PD anche “tappandosi il naso” pur di arginare l'avanzata della destra di Salvini. Ha potuto contare sull'appoggio incondizionato di molte forze alla sua sinistra a cominciare da quelle di Liberi e uguali, ma anche alla sua destra nell’area dei cosiddetti “moderati” e di “centro-destra”. Del resto Nardella come Decaro a Bari, che ugualmente è stato riconfermato sindaco nonostante il “centro-sinistra” sia stato sconfitto alle europee, sono sindaci sostanzialmente di destra che hanno governato impugnando le stesse bandiere della destra come il tema della “sicurezza” e della “legalità”, e per soddisfare le esigenze innanzitutto delle proprie borghesie locali. Basti pensare fra le altre cose, al tema dell'aeroporto di Firenze e il progetto di cementificazione di tutta l'area nord-ovest sostenuti da Nardella. O agli sgomberi del sindaco Decaro a Bari.
C'è ormai chi parla di Firenze come un laboratorio di carattere nazionale per il PD. Nardella non riesce proprio a fare sfoggio di modestia e appena rieletto ha esultato: “Questo è un dato clamoroso, un simbolo nazionale: qui c'è il PD più forte d'Italia, Lega a distanza abissale. L'argine ai sovranisti esiste”. E subito giunge anche l'investitura a futuro leader nazionale del PD da parte del suo vecchio padrino politico, Matteo Renzi, che con un twitter fa sapere: “La vittoria della Lega alle europee è netta. È altrettanto evidente che la risposta più forte alla vittoria di Salvini arriva oggi da Firenze grazie al bravissimo Dario Nardella”.
Dopo poco meno di un anno di governo e la grande affermazione elettorale alle politiche del 2018, gli elettori hanno già presentato il conto al Movimento 5 stelle. L'elettorato di sinistra che dal PD era transitato temporaneamente nel M5S, dopo l'esperienza del governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio, si è riversato in gran parte nell'astensionismo. La componente di destra che pure l'aveva sostenuto in maniera considerevole in funzione anti “centro-sinistra” gli ha preferito ovviamente la Lega.
Così il M5S subisce una vera débâcle nelle città comuni capoluogo non conquistandone nessuna. Al contrario perde l'amministrazione di Livorno (la cui conquista fu presa a simbolo della ormai “inarrestabile” ascesa del movimento) e Avellino. In entrambe non andrà nemmeno al ballottaggio. Come non andrà al ballottaggio a Civitavecchia amministrata dal M5S per pochi mesi tra il 2018 e il 2019.

Le regionali in Piemonte
Alle regionali del Piemonte l’astensionismo è di gran lunga il primo “partito” col 38,7% degli elettori. Doppia i voti della Lega fascista di Salvini che segue a distanza al secondo posto col 19,9%. Ancora più indietro il PD che dimezza i propri voti rispetto al 2014 ottenendo 430 mila voti rispetto ai 704 mila di allora. Il M5S alle politiche 2018 era salito al secondo posto dopo l’astensionismo ma ora è scivolato al quarto e soprattutto perde centinaia di migliaia di voti: nel 2014 ne ottenne 396 mila, nel 2018 quasi li raddoppiò con 648 mila voti, oggi ne perde i due terzi e ottiene 240 mila voti. Dal 2016 il M5S fra l’altro è al governo del comune e della città metropolitana di Torino con l’Appendino.
Il fallimento della giunta Chiamparino, sostenuta fra l’altro dagli imbroglioni di “sinistra” come “Sinistra, ecologia e libertà” e altri, ha riconsegnato il Piemonte alla destra che ha fatto eleggere l’imprenditore Alberto Cirio eurodeputato uscente tra le file di Forza Italia, già consigliere regionale dal 2010 al 2014 e assessore della regione durante la presidenza del leghista Cota. Fu anche coordinatore del pool per “Piemonte Expo 2015”. In politica entrò nel 1995 come consigliere comunale di Alba nelle liste della Lega Nord.
Non è la prima volta che la Lega quindi si impossessa del Piemonte. La verità è che almeno dal 2000 che “centro-sinistra” e “centro-destra” si alternano allegramente alla guida della regione. Prima il forzista Enzo Ghigo dal 2000, poi dal 2005 la Mercedes Bresso (PD), quindi, nel 2010 il leghista Roberto Cota che ha passato il testimone a Chiamparino (2015) e oggi di nuovo un forzista. E tuttavia oggi Cirio ottiene circa 150 mila voti in meno di quanti ne ottenne nel 2000 il suo compare di partito Ghigo.
Del resto l’alternanza ha semplicemente celato una continuità di linea politica e di governo. Basti pensare che sia Cirio sia Chiamparino sono due convinti sostenitori del Tav.
Cirio comunque ha immediatamente promesso che “il Tav si fa, senza se e senza ma…”. Era stato Salvini a presentare le elezioni in Piemonte anche come una sorta di referendum sul Tav e a sostenere che il risultato equivaleva al sostegno al progetto di oltre il 50% dei piemontesi. In verità tutte le liste che hanno sostenuto Cirio ottengono il 53,5% dei voti validi, ma questi, se rapportati all’intero corpo elettorale, equivalgono appena al 30,2%.

La piazza per arrestare l'“onda nera”
L'astensionismo spontaneo sembra inarrestabile, ma che vada avanti o che si arresti, i marxisti-leninisti hanno il dovere di impegnarsi a fondo per qualificarlo in senso rivoluzionario, come un voto dato al PMLI e al socialismo.
Le astensioniste e gli astensionisti spontanei delegittimano di fatto il sistema capitalista, il suo governo, le sue istituzioni e i suoi partiti, ma noi dobbiamo operare perché essi ne siano coscienti e si impegnino per abbattere questo regime e per il potere al proletariato. Unendosi al PMLI, come militanti o simpatizzanti, e per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari fondati sulla democrazia diretta. In particolare ci rivolgiamo alle astensioniste e agli astensionisti di sinistra, alle compagne e ai compagni che hanno votato alle europee in 235.531 per il PC e in 468.884 per La Sinistra. È veramente un peccato che tutte queste sincere e importanti forze anticapitaliste, antifasciste e antirazziste sprechino le loro energie votando vecchi e nuovi imbroglioni “comunisti” o ex “comunisti”. La pratica politica ed elettorale dovrebbe convincerle che nelle condizioni attuali del nostro Paese l'elettoralismo e il parlamentarismo sono un freno alla lotta di classe e allo sviluppo di una coscienza e di una mobilitazione di classe rivoluzionaria delle masse, a cominciare dal proletariato e dalle nuove generazioni, che si ponga l'obiettivo strategico del socialismo e della conquista del potere da parte del proletariato.
Intanto queste forze, tutti i partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, tutte le antifasciste e gli antifascisti, comunque votanti e dovunque collocati, dovrebbero prendere coscienza che Salvini è il ducetto dei fascisti del XXI secolo, che il suo partito, la Lega, è il nuovo partito fascista, che il suo progetto è quello di guidare il governo, il regime capitalista e neofascista. Quindi occorre dargli battaglia anche nelle piazze. Non dando retta a quei democratici borghesi, ai trotzkisti de “il manifesto” come Norma Rangeri, e al sedicente PC di Marco Rizzo che ancora dopo il risultato elettorale si ostinano a negare che in Italia ci sia il fascismo e che la Lega e Salvini siano fascisti. Non gli è bastata quella raccapricciante ed emblematica immagine di Salvini che bacia il crocifisso e invoca la Madonna per sostenere il suo progetto politico?
Come ha indicato il Comitato centrale del PMLI fin dalla fondazione di questo governo: che tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali e religiose antifasciste si uniscano per combattere e abbattere il governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio! Non si può parlare di “onda nera” se poi non si scende in piazza per arrestarla.

29 maggio 2019