Elezioni europee 2019 nei paesi dell'UE
In media la metà dell'elettorato diserta le urne
Il pericolo dei “sovranisti” drena l'astensionismo. In Francia, Regno unito e Ungheria i partiti “sovranisti” avanti a tutti. Arretrano il partito popolare e il partito socialista in Germania. Si affermano i liberali e i verdi. In Grecia perde il rinnegato e traditore Tsipras sostenuto dall'imbrogliona trotzkista Castellina

 
La metà dei circa 400 milioni di aventi diritto al voto di tutti gli Stati membri dell'Unione Europea ha disertato le urne tra il 23 e il 26 maggio, in occasione della nona tornata elettorale per il rinnovo dei 751 seggi del Parlamento europeo. Per la seconda volta dalle elezioni del 1979 il numero dei votanti è cresciuto rispetto la volta precedente, interrompendo la tendenza che li aveva portati dal 61,99% del corpo elettorale al 49,51% del 1999, al 42,61% del 2014. Il dato provvisorio è del 50,93% di votanti. Che un elettore su due non si sia recato alle urne è un segno della consolidata avversione e sfiducia delle masse popolari europee verso le istituzioni della Ue; una avversione scossa solo in parte dalle promesse di un cambiamento non tanto dei partiti della “sinistra” borghese, quelli più che residuali collocati a sinistra dei socialdemocratici anche essi in calo, quanto delle destre fasciste, razziste e xenofobe. I cosiddetti “sovranisti” hanno drenato l'astensionismo sia di destra, ricompattando quella parte di elettorato, che le altre componenti, chiamate anche dalla martellante e inedita campagna propagandistica del Parlamento europeo #Stavolta voto, a fare da “baluardo” alla loro offensiva che ha scosso dall'interno la superpotenza imperialista europea; non certo per distruggerla quanto per avere più spazio nella cabina di regia.
Soffermandosi sui dati forniti, seppur ancora col logo del provvisorio, dal sito dell'Unione europea registriamo che la Slovacchia si conferma il paese col maggior numero percentuale di diserzione col 77,3% degli aventi diritto, seguita da Repubblica Ceca (71,5%), Slovenia (71,1%), l'ultima entrata nella Ue nel 2013 Croazia (70,4%), Bulgaria (69,2%) e Portogallo (69%). Al centro della classifica si trovano tra le altre la Francia (49,9%), l'Italia (45,5%) e la Germania (38,5%); agli ultimi posti il Lussemburgo (15,9%) e il Belgio (11%) dove peraltro è obbligatorio recarsi alle urne.
Rispetto alle precedenti elezioni del 2014, a fronte di un aumento medio dell'8,32% dei votanti, registriamo che dietro al paese dove si è avuto il maggior incremento, la Spagna col 20,5% dove più che la passione per la Ue ha contato lo scontro tra centralisti e indipendentisti, abbiamo i paesi dove governano o sono molto forti i partiti “sovranisti”, da quelli del gruppo di Visegrad, dalla popolosa Polonia (21,8%) a Repubblica ceca (10,5%), Slovacchia (9,7%) e Ungheria (14,4%), a Austria (13,9%), Germania (13,4%), Francia (7,7%). In controtendenza l'Italia dove la diserzione dalle urne è aumentata del 2,7%. Tra l'altro l'Italia si piazza ai primi posti della classifica degli incrementi della diserzione dalle urne superata dalla Bulgaria (5%), dall'Irlanda (3,1%), dal Portogallo (2,7%) e seguita dalla Grecia (2,1%). In fondo alla classifica dei paesi dove è aumentata la diserzione si trovano Belgio (0,6%), Malta (2,2%) e Lussemburgo (1,5%).
Nella spartizione della metà dei consensi del corpo elettorale ha riconfermato il primo posto la formazione del PPE, il Gruppo del Partito popolare europeo, con 177 seggi, pur perdendone 39, seguito da S&D, il Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici con 149 seggi e anche esso ne ha persi 36. Crescono ADLE&R, il Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, passati da 69 a 107 seggi soprattutto per merito dell'ingresso degli eletti francesi di La Republique en Marche, il partito di Macron, e degli spagnoli di Ciudadanos che non erano presenti 5 anni fa, e i Verdi/ALE, il Gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea passati da 52 a 69 seggi che beneficiano anche della campagna in atto contro la distruzione del pianeta di cui sono protagonisti i giovani; queste due formazioni sono candidate insieme o da sole a formare la maggioranza assoluta e la guida nel parlamento europeo e nella Commissione finora appannaggio della coppia popolari e socialdemocratici. I due gruppi, PPE_S&D perdono il controllo del governo della Ue perché democristiani e socialdemocratici arretrano in quasi tutti i paesi, spesso assieme a partire dalla Germania e dall'Italia (FI e PD). Si salvano in Spagna i socialisti di Sanchez che saranno la componente con più parlamentari del gruppo, seguiti da quelli del PD di Zingaretti che pur dimezzati rispetto a 4 anni fa battono la tedesca SPD, superata in casa anche dai Verdi.
Perde consensi e 15 seggi ECR, il Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei creato nel 2009 dai conservatori inglesi fuoriusciti dal PPE e nel quale nel 2018 aveva dichiarato di voler entrare Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia. Come pure GUE/NGL, il Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica che perde 13 seggi e si ferma a 39. Del gruppo sono in difficoltà gli spagnoli Podemos di Pablo Iglesias, che nelle contemporanee elezioni amministrative non hanno riconfermato le sindache a Madrid e Barcellona, e i greci di Syriza. Il rinnegato e traditore Alexis Tsipras, sostenuto dall'imbrogliona trotzkista Castellina, aveva chiesto un voto di fiducia sul suo governo, una volta portato a termine l'applicazione della politica di lacrime e sangue imposta al popolo greco dalla Ue; non l'ha avuto perché il primo partito è risultato la destra di Nuova Democrazia guidata da Kyriakos Mitsotakis e il primo ministro ha chiesto al presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos di convocare anticipatamente le elezioni previste nel prossimo ottobre.
Crescono invece ENL, il Gruppo Europa delle Nazioni e della Libertà della francese Marine Le Pen e di Matteo Salvini che passano da 36 a 68 seggi e EFDD, il Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia diretta, dove sono i parlamentari M5S assieme a quelli del fascista inglese Nigel Farage che passa da 42 a 54 seggi. Per poco perché salvo sorprese la trentina di parlamentari inglesi di Brexit Party, il nuovo partito di Farage, se ne andranno a luglio e finora sono falliti i tentativi di Luigi Di Maio di trovare partner in Europa per formare un gruppo, compresi quelli all'inizio del 2017 di entrare in ALDE che gli ha sbattuto la porta in faccia e dove avrebbe trovato adesso il “nemico” Macron: certo la dice lunga sull'opportunismo, chiamato trasversalismo, del M5S che voleva passare da Farage a Macron.
La questione della conferma o la nuova composizione dei gruppi parlamentari all'assise di Strasburgo resta una questione in parte ancora aperta, basti pensare alla presenza, da confermare, dei fascisti “sovranisti” del primo ministro ungherese Viktor Orbán ancora aderenti al PPE. Orbán che ha vinto a man bassa in Ungheria, la Le Pen che ha superato in consensi Emmanuel Macron in Francia e Matteo Salvini “vincitore” in Italia si giocano la guida delle destre fasciste, razziste e xenofobe nella Ue. L'inglese Nigel Farage non farà parte della contesa, e ne avrebbe i numeri dato che il Brexit Party ha preso circa un terzo dei voti validi in Inghilterra surclassando i Liberaldemocratici, dietro di 12 punti percentuali, il doppio dei consensi del Labour Party di Corbyn e più del triplo dei Tory della dimissionaria May, crollati in fondo alla lista e superati persino dai Verdi.
Come denunciava il documento dell'Ufficio politico del PMLI del 9 aprile che invitava all'astensione alle elezioni del parlamento europeo, tutti parlano di voler “riformare” l’UE, gli “europeisti”, guidati dall’asse franco-tedesco Merkel-Macron come i “sovranisti”, espressione delle destre fasciste, razziste e xenofobe che dicono di parlare “a nome della sovranità dei popoli” ma solo per fare le scarpe al vecchio gruppo dirigente e sostituirlo alla guida della Ue. L’“europeismo” e il “sovranismo” sono due facce della stessa medaglia imperialista, dell'imperialismo europeo, la cui voce “è tornata a farsi sentire dopo gli ultimi decenni in cui l’euro non è riuscito a soppiantare il dollaro come moneta di riferimento mondiale, e la più devastante crisi economica del capitalismo mondiale dal 1929, l’ha messa in ginocchio dal punto di vista economico, politico, istituzionale e militare”. Perché o “L’UE contende lo spazio a Usa, Cina e Russia per il dominio del mondo” o è destinata a soccombere quale preda dei paesi imperialisti più forti.
Questo è il compito principale delle istituzioni della Ue imperialista, la sovrastruttura del sistema economico capitalistico europeo di cui difendono gli interessi. Dal Consiglio dei capi di Stato e di governo alla Commissione, espressione dei governi degli Stati membri, che sono la guida effettiva della Ue, all'europarlamento che sul piano politico non conta un’acca, indipendentemente da quale gruppo ne sarà alla guida.

29 maggio 2019