Lo denuncia “La Repubblica”
In Calabria solo 7 comuni su 100 offrono il servizio asili nido
A Cosenza il maggior aumento della retta mensile

 
Il divario Nord-Sud del Paese si tocca con mano anche per quanto riguarda la questione degli asili nido e più in generale il problema delle strutture scolastiche, i loro costi e le loro carenze.
Secondo Repubblica infatti nel martoriato Meridione, le strutture pubbliche sono sempre di meno e sempre più costose, mentre nel Nord, che pure presenta i suoi problemi, vi sono più asili, i quali coprono più ore di servizio, 9 contro le 6 del Sud, e in alcuni casi riducono perfino le tariffe.
La sciagurata privatizzazione degli asili nido in tutta Italia, frutto delle politiche della destra e della ''sinistra'' borghese, ha prodotto uno smantellamento delle strutture pubbliche, spesso fatiscenti, tanto che solo 2 bimbi su mille hanno il posto assicurato in asili pubblici, con una differenza enorme fra le varie aree dell'Italia.
Per i bimbi da zero a tre anni la copertura dei posti pubblici a livello nazionale è solo del 6,5% in media, se si va a vedere nel dettaglio regione per regione si vede che in Emilia-Romagna è del 15,2%, mentre in Calabria è prossima allo zero (0,9% per la precisione) e non va molto meglio nel resto del Sud che ospita appena il 19% delle strutture pubbliche rimaste.
In particolare nella regione più povera d'Italia, governata dal filomafioso ed inquisito per corruzione governatore Mario ''palla-palla'' Oliverio del PD, i dati sono allarmanti, basti pensare che a Reggio Calabria vi è un solo asilo nido, privato, per un'utenza di circa 5mila bambini.
A Catanzaro un solo nido del comune, a Cosenza appena tre dati in gestione alle cooperative, in tutta le regione ormai ben i tre quarti degli asili sono privati (l'esatto contrario della provincia di Trento) e solo sette comuni su 100 possono offrire il servizio 0-3 anni, complice la legge del massimo profitto, lo smantellamento della scuola e degli asili pubblici, sostituiti da quelli privati, aziendalisti, meritocratici del regime neofascista che producono non solo l'aumento delle rette ma anche l'abbassamento degli stipendi e della qualità lavorativa delle lavoratrici del settore, spesso in nero.
Non va meglio nel resto del Sud, in Campania vanno all'asilo appena 6 bimbi su 100, in Valle d'Aosta quattro su dieci, addirittura a Caserta e provincia la copertura del servizio è dello 0,2%.
L'aumento dei costi, unito all'impoverimento generale delle masse, in particolare delle donne, determina l'impossibilità per molte mamme di conciliare lavoro e maternità, tanto che nel 2017, nonostante la diminuzione delle nascite, ben 30.700 madri hanno dovuto lasciare il lavoro per dedicarsi ai neonati, per l'impossibilità di usufruire di un servizio che, anche quando esiste, è costosissimo: in media 311 euro a bambino, un quinto del reddito medio delle famiglie italiane.
Per entrare nei parametri previsti dalla Ue imperialista, che chiedeva nel 2010 la copertura del servizio per almeno il 33% dei bimbi, occorrerebbero almeno 2,7 miliardi di euro, dei quali passati 10 anni però non si intravede nemmeno l'ombra (solo 4 regioni del Nord hanno raggiunto l'obiettivo), così come non ve n'è alcuna traccia nella ''manovra del popolo'' (in realtà della borghesia) dell'infame nero governo fascista e razzista Salvini-Di Maio.

5 giugno 2019