Dopo aver inviato due richiami nel 2018, ignorati dal governo Salvini-Di Maio
L'Onu attacca il decreto sicurezza bis
"Fomenta la xenofobia, viola le convenzioni internazionali”

 
Con un documento ufficiale di dodici pagine l'Onu ha chiesto all'Italia, lo scorso 15 maggio, di ritirare le direttive emanate il 18 marzo e il 25 aprile dal ministero dell'Interno sul salvataggio in mare e di interrompere immediatamente l'iter di approvazione del decreto sicurezza bis, che Matteo Salvini aveva annunciato solennemente, minacciando di inasprire ulteriormente la politica di contrasto all'immigrazione con l'irrogazione di sanzioni fino a 5.500 euro a chiunque soccorra nel Mediterraneo i naufraghi di imbarcazioni provenienti dalla costa settentrionale dell'Africa.
Facendo seguito ad altri due pesanti richiami rivolti nel 2018 dalle Nazioni unite all'Italia e sprezzantemente ignorati dal governo Salvini-Di Maio, il documento del 15 maggio scorso riporta le durissime conclusioni degli esperti dell'Alto commissariato Michel Forst, Felipe Gonzales Morales, Tendayi Achiume, Nils Melzer, Maria Grazia Giammarinaro e Obiora Okafor, i quali hanno condannato senza mezzi termini le due direttive emanate a marzo e ad aprile dal ministero dell'Interno italiano per ostacolare le attività delle organizzazioni non governative e della nave Mare Jonio, la nave della piattaforma Mediterranea impegnata nel salvataggio al largo delle coste libiche.
Nel documento i sei esperti condannano senza appello, alla luce delle norme del diritto internazionale che vincolano anche l'Italia, le indicazioni del Viminale, ribadendo, come era accaduto per due volte lo scorso anno, la priorità della tutela della vita umana in mare e invitando il governo italiano a ritirare non solo le due direttive di marzo e di aprile, ma anche a interrompere le procedure finalizzate all’approvazione del decreto sicurezza bis voluto da Salvini, il quale ha chiaramente detto di voler introdurre sanzioni fino a 5.500 euro a carico dei soccorritori, fatto che violerebbe, tra l'altro, anche l'articolo 982 del codice della navigazione italiano, il quale impone, al contrario, ai responsabili di qualsiasi imbarcazione l'obbligo incondizionato di salvataggio ai naufraghi.
Il rischio - avvertono i sei giuristi - è di mettere a rischio i diritti umani dei migranti, compresi i richiedenti asilo e vittime di torture e traffico a fronte dell’obiettivo dichiarato di contrastare l’immigrazione illegale, considerata una minaccia per la sicurezza nazionale, e di colpire le navi che effettuano i soccorsi, il tutto in violazione sia delle norme internazionali consuetudinarie e pattizie sia della stessa normativa interna italiana, come si è visto.
Il documento richiama poi il governo italiano al rispetto all’articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, che consiste nell'ottemperare al dovere inderogabile di assistere i naufraghi senza eccezione alcuna: infatti “le operazioni di ricerca e soccorso in mare non possono rappresentare una violazione delle leggi sul controllo delle frontiere o sull’immigrazione irregolare” recita il documento, e ciò in quanto “il diritto alla vita prevale” rispetto a qualsiasi considerazione di sicurezza interna di qualsiasi Stato.
Il documento evidenzia quindi che l'attuale governo italiano è ormai da un anno totalmente latitante per ciò che riguarda qualsiasi meccanismo di soccorso in mare, per cui, in assenza delle autorità italiane, l’attività degli operatori umanitari è ritenuta indispensabile e il nostro Paese deve quantomeno facilitarla e non ostacolarla, ritenendo del tutto pretestuosi i timori del governo italiano circa l'eventuale presenza, a bordo delle navi o tra i naufraghi, di criminali o terroristi, per i quali, comunque, la Convenzione sul soccorso in mare del 1979 dispone che l’assistenza debba essere garantita, fatta salva la loro eventuale responsabilità che andrà accertata con procedimento giudiziario.
Viene poi rimarcato l’obbligo, per le autorità italiane, di condurre i naufraghi in un porto sicuro, perché solo lo sbarco completa l’operazione di soccorso, ma, si sottolinea testualmente, “la Libia non può essere considerato un porto sicuro” , e vengono richiamati numerosi rapporti delle Nazioni Unite che testimoniano di abusi, torture, stupri e persino omicidi che avvengono nei campi di detenzione per i migranti in territorio libico: la raccomandazione dell'Onu infatti condanna le direttive del Viminale, che delegano le operazioni di soccorso alla guardia costiera libica, dichiarando i porti libici pienamente in grado di assistere i migranti.
Il documento conclude che, alla luce della politica finora messa in atto dal governo italiano in materia di contrasto all'immigrazione, la minaccia di varare un decreto di sicurezza bis “mette a rischio i diritti umani dei migranti, inclusi i richiedenti asilo” , “fomenta il clima di ostilità e xenofobia” e “viola le convenzioni internazionali” .

5 giugno 2019