L’ha rivelato “L’Espresso”
Salvini ha fatto sparire tre milioni per evitare il sequestro
Il ducetto dei fascisti del XXI secolo tace

 
Da una documentata ed esclusiva inchiesta giornalistica pubblicata su “L'Espresso” dello scorso 28 aprile si scopre che Matteo Salvini ha fatto sparire, da quando diventò segretario della Lega Nord nel 2013 fino allo scorso anno quando la Lega Nord si è trasformata in Lega, oltre 3 milioni di euro per evitare il sequestro della magistratura genovese, a seguito del noto provvedimento di sequestro in base al quale il partito deve restituire allo Stato 49 milioni di euro.
I giornalisti Giovanni Tizian e Stefano Vergine hanno infatti scoperto che tra il 2016 e il 2018 oltre 3 milioni di euro sono usciti dai conti della Lega per confluire, dopo alcune disinvolte operazioni finanziarie finalizzate a confondere eventuali controlli, nelle casse di alcune piccole società con sede in Lombardia e riconducibili a uomini di vertice nel partito.
In modo particolare, i 3 milioni di euro sarebbero confluiti in parte nei rispettivi conti correnti dell'attuale tesoriere della Lega, Giulio Centemero, e dei commercialisti bergamaschi Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, fondatori questi ultimi dell'associazione di area leghista Più Voci: di quest'ultima associazione si è recentemente occupato anche Il Bolscevico n. 20 dello scorso 30 maggio con un articolo a pagina 12, perché le procure di Milano e di Roma stanno indagando su finanziamenti fatti a Più Voci dall'ex amministratore di Esselunga, Bernardo Caprotti, e dal costruttore romano Luca Parnasi, elargizioni per quasi 300.000 euro complessive che i magistrati sospettano essere destinati in realtà alla Lega, operazioni fatte in violazione alle norme che regolano i finanziamenti ai partiti e soprattutto in piena elusione della sentenza che ha imposto la restituzione di 49 milioni.
Un'ulteriore parte dei 3 milioni sarebbero poi spariti dai conti di due partiti, la Lega per Salvini Premier e la Lega Nord, e da quelli di altre associazioni e società da essi controllate, da Pontida Fin a Radio Padania, e tra i beneficiari dei bonifici figurano anche alcuni collaboratori di Luca Morisi, l’uomo che cura i profili di Salvini nei social network.
“L’Espresso” fa anche luce su un’altra operazione sospetta, ossia l’acquisto per 800.000 euro di un edificio in provincia di Milano da parte della Fondazione Lombardia Film Commission. Qualche mese prima, la stessa struttura era stata acquistata dalla società Immobiliare Andromeda per 400 mila euro: gli 800.000 euro sono stati incassati, secondo il settimanale, da una società riconducibile ancora una volta alla Lega (Immobiliare Andromeda), un acquisto, sottolinea il settimanale, iniziato quando a capo della Fondazione Lombardia Film Commission c’era Alberto Di Rubba, uno dei tre commercialisti che avrebbero ricevuto parte dei 3 milioni spariti dai conti della Lega.
È chiaro perciò che nell'arco di due anni, dal 2016 al 2018, mentre proseguiva il procedimento penale per truffa culminato con la decisione della magistratura genovese di sequestrare i 48,9 milioni di euro, più di 3 milioni di euro o sono confluiti, pur destinati alla Lega, nel patrimonio di una associazione senza scopo di lucro come Più Voci oppure sono spariti dalle casse della Lega per Salvini Premier, della Lega Nord e delle società da essi controllate, da Pontida Fin a Radio Padania, e sono finiti, dopo lunghi e complicati giri, sui conti personali di uomini molto vicini allo stesso Salvini, come il tesoriere Giulio Centemero e i commercialisti bergamaschi Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, tutti e tre con ruoli nell'amministrazione dei conti del partito e fondatori dell'associazione Più Voci.
Tutto questo accadeva mentre i conti correnti della Lega Nord erano nel mirino della magistratura, e mentre veniva perfezionato un accordo con la Procura di Genova che permetterà a Salvini di restituire il maltolto a rate in quasi 80 anni: l'accordo, d'altra parte, si fonda sul presupposto che gli attuali vertici della Lega siano all'oscuro di dove siano i 49 milioni da restituire (formalmente intascati e nascosti dal vecchio tesoriere Belsito), ma se la magistratura riuscisse a dimostrare che nelle casse della Lega confluiscono direttamente milioni di euro inizierebbe certamente a sequestrarli, e ciò spiega i disinvolti giri di denaro destinati sostanzialmente alla Lega ma formalmente diretti o a società che gravitano attorno al partito o addirittura a uomini che lo dirigono, come Centemero e i commercialisti menzionati.
Ma i magistrati genovesi non demordono: infatti nell'ottobre dello scorso anno la storica segretaria della Lega, Daniela Cantamessa, è stata ascoltata come persona informata sui fatti dai pm di Genova e dagli uomini del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza: la donna ha dichiarato ai magistrati che finché c’era Umberto Bossi alla guida del partito nelle casse della Lega c'erano circa 40 milioni di euro, ma che poi quando alla segreteria giunse Roberto Maroni, tra il 2012 e il 2013, le finanze dell'organizzazione politica furono letteralmente dilapidate in poco più di due anni in modo tale che venisse simulata una cattiva gestione, ma in realtà per svuotare, e poi occultare, il patrimonio del partito.
La Cantamessa, durante la sua escussione, ha chiaramente detto che Matteo Salvini, anche all'epoca della gestione di Maroni, non mosse un dito per impedire che il patrimonio del partito si dissolvesse, nonostante lei stessa gli avesse espressamente chiesto spiegazioni su cosa stesse accadendo alla Lega, allarmata perché le casse si stavano svuotando.
A partire dal 2012, ha chiarito la Cantamessa ai magistrati liguri, buona parte delle attività contabili e amministrative (gestite fino a quel momento internamente al partito) furono esternalizzate con subappalti costosissimi a società terze, spesso proposte dallo stesso Maroni, e i militanti ex dipendenti della Lega furono licenziati o messi in cassa integrazione proprio in quei due anni di gestione di Maroni, con il pieno assenso di Salvini.
Salvini quindi, ha chiarito l'ex segretaria, si è trovato, a partire dal 2013, a gestire un partito formalmente svuotato di tutto il suo patrimonio (finito certamente all'estero), mentre le potenziali entrate non dovevano essere direttamente incassate nè dalla Lega Nord nè dalla nuova formazione politica sorta nel 2018, ovvero la Lega per Salvini Premier, bensì da persone giuridiche formalmente distinte da ciascuno dei due partiti ma vicine a entrambi (Più Voci, Radio Padania, ecc...) e addirittura da persone fisiche che rivestono incarichi per i partiti nominati o per gli enti che gravitano loro attorno (Centemero, Di Rubba, Manzoni, i collaboratori di Morisi), così da far sembrare la Lega di Salvini un partito senza patrimonio e sostanzialmente non in grado di restituire il maltolto, se non in minime rate, per i prossimi ottanta anni.
È chiaro quindi che le casse della Lega Nord e della Lega per Salvini Premier devono essere artificialmente mantenute vuote con ogni tipo di artificio per evitare il sequestro di denaro e la sua restituzione alla collettività.
Da notare che il ducetto dei fascisti del XXI secolo non ha detto nemmeno una parola sulle accuse circostanziate de “L'Espresso”.

19 giugno 2019