Muore un fattorino di 51 anni travolto da una volante della polizia
Un lavoratore morto dopo essere colpito da un cavo al porto di Ancona, un altro muore all'interno del magazzino Dhl di Malpensa

“Non è stata una fatalità, Mario è morto sul lavoro” questo lo striscione che i rider bolognesi hanno appeso in piazza dopo la tragica ed ennesima morte di un loro compagno di lavoro che in scooter si muoveva in città nella consegna delle pizze. Hanno ragione non è una fatalità, un segno del destino o un incidente, o quant'altro: è la tragica situazione di precariato, supersfruttamento e emarginazione dal mondo del lavoro che la barbara società capitalista produce. Morire per strada senza tutele, assicurazione e per una manciata di euro, che però ti aiutano a sbarcare il lunario perché un altro lavoro, sindacalmente tutelato e retribuito, non c'è o non basta. E di questa precarietà, invisibili, come si definiscono, muoiono.
Mario Ferrara di 51 anni, originario di Foggia ma da tempo nel capoluogo emiliano, aveva un altro lavoro alle Poste, a Bologna ma per mettere insieme uno stipendio adeguato il fine settimana arrotondava come ciclo-fattorino per una pizzeria, ma solo ogni tanto. Mentre tornava dopo una consegna, domenica 9 verso le 22, il tragico impatto con la volante che sfrecciava con i lampeggianti accesi per un intervento urgente.
“Allo sgomento si aggiunge la rabbia per l’ennesima morte bianca in questo settore del mondo del lavoro brutalmente deregolamentato, dove i lavoratori sono costretti a sottostare a condizioni disumane che li relegano in una situazione di crescente insicurezza e mancanza di tutele sulla propria incolumità fisica”, accusano gli attivisti della Bologna Riders Union, il sindacato auto-organizzato dei fattorini che consegnano pasti a domicilio. “Non lo conoscevamo personalmente perché non lavorava con nessuna piattaforma, ma la sostanza non cambia: non si può morire per una consegna”.
Alla loro richiesta di aprire un tavolo di trattativa con la parte padronale e le rappresentanze dei riders per ora cade nel vuoto e nell'assordante e criminoso silenzio del nero governo antioperaio Salvini-Di Maio che, oltre ad azzerare gli spazi democratici, vanificare diritti e tutele sindacali tramite leggi, come la “sblocca cantieri” che aumentano solo privilegi e favoritismi alle solite cosche affaristiche imprenditoriali e mafiose e aumentano lo sfruttamento e i rischi dei luoghi di lavoro, e l'elemosina del reddito di cittadinanza, non muove un dito.
“È arrivato il momento che le aziende e le istituzioni si facciano carico delle responsabilità che hanno portato all'ennesimo tragico epilogo – conclude la nota dei fattorini, che dopo la solidarietà alla famiglia organizzano un presidio di denuncia nel pomeriggio in piazza a Bologna, con le bici buttate a terra.
A Bologna nell’ultimo periodo sono aumentati gli incidenti con i fattorini coinvolti, così come è accaduto la settimana prima a Milano, dove sono finiti a terra quattro rider. In Italia i rider morti “sul lavoro” ufficiali sono due: Maurizio Cammillini, rider pisano di 29 anni che lo scorso settembre si è schiantato per evitare di consegnare in ritardo due panini e un fritto, e Alberto Pollini, travolto il 1 dicembre a Bari da un’auto mentre con il suo scooter stava portando a un cliente la sua cena. Francesco Iennaco, 28 anni, invece ha perso una gamba a Milano dopo essere finito sotto un tram, in maggio. “Non può essere un caso che Mario sia l’ultimo di una lunga serie di lavoratori che perdono la vita per consegnare una pizza o un panino in un contesto di peggioramento delle condizioni lavorative”, dicono i rider. “È necessaria una copertura assicurativa adeguata, la manutenzione delle strade, un salario minimo garantito di 12 euro a prescindere dal numero di consegne – aggiungono i rider di Deliverance Milano – Se un fattorino è online, e sta mettendo a disposizione il proprio tempo sta lavorando”.
Purtroppo la lunga catena dei morti sul lavoro continua a colpire come uno stillicidio anche chi un contratto e la copertura assicurativa ce l'ha. Come Luca Rizzeri, 33 anni, dipendente di un’agenzia marittima al porto di Ancona lunedì 10 giugno mentre stava assistendo alle operazioni di carico e scarico delle merci è stato colpito al collo da un cavo di acciaio di ormeggio di una nave portacontainer, che si è spezzato mentre stava attraccando in banchina. È morto prima di arrivare in ospedale. Maurizio Mazzucchetti, operaio di 49 anni è rimasto schiacciato con la testa sotto un “trattorino” durante una manovra di carico e scarico, intorno alle 6.30, del 12 giugno, nel magazzino della Dhl per cui lavorava a ridosso del Terminal 2 dell’aeroporto di Malpensa, nell’area Cargo. I sindacati di categoria hanno dichiarato per la giornata di giovedì 13 giugno due ore di sciopero a fine turno per tutti i lavoratori di Dhl Express. In una nota i sindacati sottolineano che “Il numero delle morti sul lavoro in Italia ha raggiunto numeri inaccettabili: oltre 200 morti dall’inizio dell’anno, segnando un significativo aumento riferito allo stesso periodo del 2018”. Secondo Cgil, Cisl e Uil: “Se un lavoratore rimane vittima di un incidente sul lavoro significa che qualcosa nella catena di controllo della sicurezza non ha funzionato come avrebbe dovuto, che si tratti di manutenzione, di formazione o di vigilanza sul rispetto delle norme di sicurezza. Non possiamo rimanere spettatori indifferenti e - concludono - non lo saremo”. Bene, è ora di mobilitare i lavoratori, tutti, i disoccupati e i precari e promuovere uno sciopero generale nazionale di otto ore.

26 giugno 2019