Rapporto Inail
Più 4% di morti sul lavoro
Calano controlli, ispettori e premi
nel “decreto crescita” il governo riduce le tariffe inail alle aziende

Non si ferma la strage dei lavoratori e i dati del 2018 e dei primi mesi del 2019 confermano come negli ultimi anni questi veri e propri omicidi siano in aumento. Sono infatti 704 gli infortuni mortali accertati sul lavoro dall'Inail (l'Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) nel 2018, di cui 421 (circa il 60%) "fuori dall'azienda", a fronte di 1.218 denunce complessive. Sugli infortuni accertati c'è stato un aumento del 4% rispetto al 2017 mentre gli infortuni mortali sono risultati in crescita del 6,1%.
Una tendenza ulteriormente in aumento: sempre secondo l'Inail, nei primi cinque mesi del 2019 i casi mortali denunciati sono stati 391, due in più rispetto allo stesso periodo del 2018. Sostanzialmente stabile il numero delle denunce di infortunio sul lavoro nel complesso, che tra gennaio e maggio sono state 269.431. Le malattie denunciate nel 2018 sono state circa 59.500, il 2,6% in più rispetto all’anno precedente. Ne è stata riconosciuta la causa professionale al 37%, mentre il 3% è ancora in istruttoria.
Di fronte a questa drammatica escalation di morti il governo nero Salvini-Di Maio risponde con un taglio di 600 milioni di euro sulle tariffe Inail che le aziende devono versare all'ente assicurativo. Un provvedimento inserito nel cosiddetto “decreto crescita” approvato dal Senato alla fine del mese di giugno. Un taglio del “costo del lavoro” sulla sicurezza e sulla pelle degli operai che diventerà strutturale a partire dal 2023.
Ecco dove va a finire una parte dell'attivo in bilancio avuto dall'Inail nel 2018, pari a 1,8 miliardi di euro. Si preferisce regalare denaro ai padroni anziché dare più soldi agli infortunati o investire in prevenzione. Il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'ente, Giovanni Luciano, in una nota denuncia tutto questo affermando che "l'Inail necessiterebbe di più autonomia nelle sue scelte, perché vista la sua ipertrofia finanziaria, il problema non sta nell'adeguamento delle tariffe”.
“Con i bilanci che chiudono in positivo a 1,8 miliardi di euro – continua Luciano- il problema è che non si è liberi di scegliere come usare le risorse. Sarebbe preferibile, invece, il giusto equilibrio tra il minore costo per le aziende e le maggiori prestazioni per gli assicurati, con tanti incentivi in più per formazione, informazione e premialità per la prevenzione, piuttosto che incrementare costantemente gli avanzi di bilancio che vanno ad accumularsi nella tesoreria dello Stato".
Gravissimi anche i dati sulle ispezioni, ridotte rispetto all’anno scorso. Sono state controllate 15.828 aziende, ben il 5% in meno rispetto al 2017 e addirittura il 24% in meno sul 2016. Quasi il 90% di queste sono risultate irregolari. La forza dei controlli è sempre minore a causa della riduzione della forza disponibile: 284 ispettori a fronte dei 299 del 2017 e dei 350 del 2016.
“È assurdo e non più accettabile continuare a morire come cinquant’anni fa. Siamo dinanzi a un dramma: aumentano i morti sul lavoro, gli infortuni e le malattie professionali. La salute e la sicurezza è considerata ancora un costo e non si investe in termini pubblici sulla prevenzione”, ha commentato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, “ostacolata oggi dalle condizioni precarie di lavoro”.
É proprio questo un punto centrale del problema. Le multe e la prevenzione sono strumenti da usare con decisione, ma non bastano perché l'aumento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali sono quasi sempre il risultato di ritmi, condizioni di vita e di lavoro insicuro, dovuti all’intensificazione dello sfruttamento. I cambiamenti organizzativi della produzione e del lavoro hanno inciso in modo sostanziale alla condizione che stiamo vivendo: ricorso sempre più esteso alle esternalizzazioni e agli appalti, diffusione del lavoro atipico, compresenza nei luoghi di lavoro di personale con differenti regimi legali e contrattuali.
La morte sul lavoro e di lavoro non è mai una fatalità. Quando si verificano infortuni mortali, si parla come di “tragedie imprevedibili”, di “martiri del lavoro”, e le chiamano “morti bianche”, come se i lavoratori assassinati fossero morti per caso, senza responsabilità di alcuno, arrivando in alcuni casi a sostenere che la colpa degli infortuni sarebbe la disattenzione degli operai stessi. Invece l'assassino è noto a tutti: la ricerca del massimo profitto, che è alla base del sistema economico capitalistico.

3 luglio 2019