Aumenta il divario Nord-Sud. Il Pil va verso la crescita zero

Si aggrava il divario tra il Nord e il Sud del nostro martoriato Paese.
Come rilevano lo Svimez e l'Istat è, in generale, tutta l'Italia a essere a un passo dalla recessione, le illusorie previsioni di crescita del PIL contenute nella sbandierata ''manovra del popolo'' sono fuori dalla realtà. A fronte di una previsione di crescita nel 2019 del 2,5% del PIL, i fatti dicono che siamo quasi allo zero per cento di crescita, in questa situazione di ''pre-recessione'' economica il Nord del Paese registra comunque un incremento degli occupati dal 2013 al 2018 del 2,3%, pari a 384mila unità, mentre nel Mezzogiorno nello stesso periodo il saldo è negativo di ben 260mila unità, pari al meno 4%.
La disoccupazione nel Sud è il triplo di quella del Nord, come tripla è la possibilità di cadere in povertà, naturalmente questo produce dal Sud, verso il Nord e l'estero, un'emigrazione da dopoguerra.
La spesa media di una famiglia italiana è di circa 2.156 euro mensili nel 2018, molto lontana dai dati precrisi, ma il dato non è uniforme sul territorio. Al Sud e nelle Isole infatti la spesa media scende intorno ai 2mila euro mensili. Secondo il presidente del Codacons, Carlo Rienzi: ''i dati Istat sulla spesa media mensile delle famiglie italiane confermano in pieno la crisi dei consumi in atto in Italia, e come il Paese sia ancora lontano dai livelli pre-crisi. Il quadro che emerge dallo studio dell’Istat è desolante: la spesa delle famiglie in termini reali risulta in calo dello 0,9%, (sul 2017) e le famiglie proseguono a tagliare gli acquisti modificando profondamente le proprie abitudini. Ma il dato più allarmante è quello che vede l’Italia spezzata in due sul fronte della spesa, con l’enorme divario Nord-Sud che persiste: basti pensare che le famiglie calabresi, con una spesa media mensile di 1.902 euro, spendono il 59% in meno rispetto ai nuclei della Lombardia (3.020 euro)”.
Al Sud l’inattività è al 45,5% rispetto alla media del resto del Paese del 34,3%, gli studenti meridionali che abbandonano le scuole sono il 20%, il doppio del Nord. Inoltre, nelle regioni meridionali, i posti letto per sanità e assistenza sono un terzo di quelli del Centro-Nord, cresce quindi l'infame ''turismo sanitario'', le famiglie in povertà assoluta sono il 10%, a fronte del 5,8% del Nord e del 5,3% del Centro, come denuncia la Cgil.
Questi dati naturalmente peggioreranno in caso di recessione, come già in passato infatti i pescecani capitalisti scaricheranno poi sulle masse i costi della crisi e aggrediranno i (pochi) diritti dei lavoratori e dei pensionati ancora riconosciuti, per rilanciare la sete di profitto del capitalismo italiano.
Nei periodi di vacche grasse i profitti sono per pochi, ai lavoratori le briciole, in quelli di vacche magre si acuiscono le sperequazioni e le ingiustizie sociali, prima fra tutte la Questione meridionale, la vera questione nazionale, mai risolta, anzi aggravata dall'Unità d'Italia ad oggi.
In effetti il Sud d'Italia è ormai lontano anni luce dagli standard del Nord, un vero e proprio deserto industriale spesso e volentieri totalmente in balia delle mafie.
Secondo La CGIL questi dati sono ''una fotografia impietosa del Paese, ferma per crescita economica, demografica e occupazionale''.
Il secessionismo neofascista e la cosiddetta ''autonomia differenziata'' finiranno poi con l'aggravare il divario tra le varie zone del Paese, così come non ci vuole un genio per capire che con questi dati, lontanissimi dalle ottimistiche previsioni di crescita del PIL del governo dei fascisti del XXI secolo, lo stesso governo dovrà ricorrere a politiche di lacrime e sangue per far quadrare i conti e rispettare i parametri europei.
Anche per questo è prioritario spazzare via dalla piazza il nero governo fascista e razzista Salvini-Di Maio, tenendo presente che la Questione meridionale potrà essere risolta solo nel socialismo con la conquista del potere politico da parte del proletariato.
 

3 luglio 2019