Lo denuncia il rapporto della Fondazione Gimbe
In 10 anni tagliati 28 miliardi alla sanità
Incombe un nuovo taglio del governo

La Fondazione GIMBE, ente che si propone di promuovere e realizzare attività di formazione e ricerca in ambito sanitario, l'11 giugno scorso ha presentato presso la Sala Capitolare del Senato il 4° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.
Per quanto riguarda i tagli alla spesa sanitaria pubblica, la Fondazione Gimbe mostra nel rapporto come si è arrivati negli anni a questa situazione, evidenziando come in particolare negli ultimi dieci anni i tagli alla sanità pubblica sono quantificabili in almeno 28 miliardi di euro. Per effetto della crisi economica, a partire dal 2010, i governi nazionali e regionali al servizio del capitalismo e dei pescecani capitalisti della sanità privata hanno sistematicamente tagliato fondi e risorse colpendo i pazienti, i lavoratori del settore, le strutture pubbliche stesse, spesso e volentieri controllate ''manu militari'' dalla criminalità organizzata specie nel Sud (si veda il caso dell'Ospedale San Giovanni Bosco di Napoli in mano alla camorra, proprio in questi giorni alla ribalta della cronaca o il caso dell'ospedale di Lamezia Terme del 2018).
Analizzando minuziosamente tutta una serie di atti e provvedimenti a partire dal 2010 e fino al 2019, il rapporto mostra come a fronte di un incremento della spesa di 8,8 miliardi di euro, inferiore all'inflazione media degli anni in questione, in realtà la sanità pubblica abbia subìto tagli quantificabili appunto in 28 miliardi di euro.
Ecco alcune conferme riportate nel rapporto: ''il 17 dicembre 2012 l'allora ministro della Salute Balduzzi ha dichiarato che nel periodo 2012-2015 la sommatoria di varie manovre finanziarie relative al periodo 2010-2012 avrebbe sottratto al SSN una cifra prossima ai 25 miliardi di euro, dato poi corretto al rialzo dalle Regioni; la Nota di Aggiornamento del DEF (NADEF) 2013 programma un definanziamento che riduce progressivamente la quota di PIL destinata alla sanità pubblica dal 7,1% al 6,7%.; la Legge di Stabilità 2014 riduce il finanziamento per la sanità di oltre 1 miliardo di euro: 540 milioni di euro nel 2015 e 610 milioni di euro nel 2016; un’intesa Stato-Regioni sancisce che il contributo alla finanza pubblica per gli anni 2017-2019 graverà quasi del tutto sulle spalle della sanità (3,5 miliardi di euro per il 2017 e 5 miliardi di euro per il 2018 e 2019) e determina il Fondo Sanitario Nazionale in 113 miliardi di euro per il 2017 e in 115 miliardi di euro per il 2018'' e così via.
Secondo Gimbe anche con il governo Salvini-Di Maio, la musica non sta cambiando, tutt'altro, infatti: “Il DEF 2018 conferma la progressiva riduzione del rapporto spesa sanitaria/PIL, estendendo al 2021 il 6,3% già stimato per il 2020 nella NADEF 2017''... ''A fronte di previsioni più che ottimistiche di crescita economica, la NADEF 2018 aumenta solo dello 0,1% annuo il rapporto spesa sanitaria/PIL (6,5% nel 2019 e 6,4% nel 2020 e nel 2021), smentendo di fatto l’attesa inversione di tendenza annunciata dal Premier Conte in occasione del discorso per la fiducia''... ''La Legge di Bilancio 2019 conferma 1 miliardo di euro di incremento del Fondo Sanitario Nazionale e prevede un aumento di 2 miliardi di euro per il 2020 e di ulteriori 1,5 miliardi di euro per il 2021, subordinati alla stipula, entro il 31 marzo 2019, di un’Intesa Stato-Regioni per il Patto per la Salute 2019-2021 che preveda “misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi”... ''Nel DEF 2019 il rapporto spesa sanitaria/PIL rimane identico al 2018 (6,6%) per gli anni 2019 e 2020, per poi ridursi al 6,5% nel 2021 e al 6,4% nel 2022''.
Sono quindi previsti nel DEF alcuni interventi nella sanità, ma per diventare effettivi dovranno passare al vaglio delle corrotte, costose e inefficienti regioni italiane, alcune delle quali avviate ad avere più denari delle altre (vedi l'infame ''autonomia differenziata'' appoggiata anche da settori del PD) e della conferenza Stato-Regioni.
In ogni caso per Gimbe nella finanziaria vi sono almeno quattro criticità che potrebbero aggravare la situazione della disastrata sanità pubblica italiana e produrre altri tagli: il problema dei rinnovi contrattuali, nella Legge di bilancio 2019 non c’è alcun riferimento alla retribuzione individuale di anzianità, né i fascisti del XXI secolo hanno dato risposte allo sciopero dei medici del dicembre 2018.
Lo sblocco del turnover, con il “Decreto Calabria” si è stabilito che ''a decorrere dal 2019, la spesa per il personale degli Enti del SSN di ciascuna Regione non potrà superare il valore della spesa sostenuta nel 2018. Successivamente, la spesa per il personale potrà essere incrementata per un importo pari al 5% dell’aumento del FSN rispetto all’esercizio precedente.''
Il problema dei nuovi LEA (sono i livelli essenziali di assistenza, ossia le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini): ''nessuna proposta è stata avanzata per sbloccare i nomenclatori tariffari “ostaggio” del MEF per mancata copertura finanziaria, che impediscono di fatto l’esigibilità dei nuovi LEA''.
Il superticket: ''non ha visto la luce l’emendamento per rifinanziare il fondo per ridurre il superticket''.
Quello che non va nel DEF per la fondazione Gimbe è la stima della crescita del PIL da parte del governo, definita ''evanescente'', in ogni caso poi porterebbe al massimo ad un aumento della spesa sanitaria di 7,8 miliardi di euro entro il 2022, muovendosi esattamente nella direzione dei governi precedenti, senza riuscire nemmeno a coprire l'aumento dei prezzi al netto di inflazione, costo di materiali sanitari, mancata crescita del PIL e alcune incongruenze nelle voci di spesa: ''In altri termini, la crescita media della spesa sanitaria dell’1,4% stimata per il triennio 2020-2021 nella migliore delle ipotesi potrà garantire al SSN lo stesso potere di acquisto solo se la ripresa economica rispetterà previsioni più che ottimistiche, ovvero una crescita media del PIL del 2,5% per il triennio 2020-2021''.
Smentita quindi ''l'inversione di tendenza'' sbandierata da Conte ai tempi della fiducia nel giugno del 2018, prosegue infatti il rapporto: ''Questa strategia di finanza pubblica documenta inequivocabilmente che per nessun governo, compreso quello “del cambiamento”, la sanità ha mai rappresentato una priorità politica. Infatti, quando l’economia è stagnante la sanità si trasforma inesorabilmente in un “bancomat”, mentre in caso di crescita economica i benefici per il SSN non sono proporzionali, rendendo di fatto impossibile il rilancio del finanziamento pubblico''.
Il cosiddetto ''patto per la salute'' che definirà le politiche per la salute del triennio 2019-2021 previsto nel DEF ancora in fase di definizione rischia di produrre nuovi tagli, per le ragioni economiche già dette, e per la già citata ''autonomia differenziata'' di alcune regioni.
Gimbe conclude facendo osservare che le sue previsioni ''sono già state confermate dalle audizioni sul DEF 2019 dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio e della Corte dei Conti”. Il primo, snocciolando i drammatici numeri del disavanzo, conferma che esistono pochi margini per una spending review e che “ulteriori tagli alla spesa sanitaria rischierebbero di incidere sulla qualità dei servizi offerti oppure sul perimetro dell’intervento pubblico in questo settore” 154. La Corte dei Conti ha rilevato che “al termine del 2018… non risultano sottoscritti gli accordi relativi alle aree della dirigenza sanitaria” e solleva preoccupazioni per “la forte riduzione di personale, anche in relazione al tempo occorrente per l’assunzione di nuovo personale, con particolare riferimento a settori come la sanità… in cui la diminuzione degli addetti rischia di incidere sull’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni e sulla qualità dei servizi” .
La causa di tutto questo è la legge fondamentale del capitalismo arrivato al suo stadio ultimo e finale ossia l'imperialismo: la legge del massimo profitto.
Il SSN è stato smantellato e ridimensionato, specie nel Sud, con il passaggio dalla prima repubblica democratico-borghese alla seconda repubblica capitalista e neofascista e con l'ingresso dell'Italia nella UE imperialista. I tagli alla spesa pubblica in generale e alla sanità in particolare servono per alimentare il business della sanità privata e per arricchire le tasche dei capitalisti e di tutti i loro servi di destra e di ''sinistra'', con e senza le stelle.
Il PMLI si batte perché la sanità sia pubblica, gratuita, universale, controllata e cogestita dai lavoratori del settore, dalla popolazione e dai pazienti, perché si avvalga di strutture capillari di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e sia finanziata tramite la fiscalità generale.

3 luglio 2019