Concordata da Trump e Xi in margine al G20 di Osaka
Tregua commerciale tra Usa e Cina
Parziale schiarita sulla questione Huawei

 
Nel precedente vertice del G20 a Buenos Aires, lo scorso novembre, Trump e Xi avevano concordato una tregua nella spirale della guerra dei dazi aperta da Washington; gli Usa rimandavano l'aumento previsto a inizio anno dal 10 al 25% delle tariffe su una serie di prodotti e la Cina accettava di acquistare una certa quantità di prodotti agricoli, energetici, industriali e di altro tipo dagli Stati Uniti per ridurre lo squilibrio commerciale tra i due paesi. Il risultato di “incontro di grande successo”, commentavano all'unisono i due leader dei principali paesi imperialisti. A distanza di sei mesi, il 10 maggio scorso, il negoziato si interrompeva e scattavano i dazi americani su 200 miliardi di merci cinesi importati negli Usa; il 29 giugno, al vertice del G20 di Osaka, il capitolo della guerra commerciale tra Usa e Cina registrava l'ennesimo capitolo con il raggiungimento di una intesa per una tregua e la ripresa dei negoziati. “La Cina e gli Stati Uniti traggono vantaggio dalla cooperazione e perdono in uno scontro. La cooperazione e il dialogo sono migliori dell'attrito e dello scontro”, commentava il presidente cinese Xi Jinping mentre Donald Trump sosteneva che “siamo tornati in carreggiata” e aggiungeva che “sarebbe storico se potessimo fare un accordo commerciale leale”.
“Noi non alziamo le tariffe per il momento e loro compreranno una grande quantità di prodotti agricoli”, dichiarava Trump per far capire i contenuti dell'accordo, e “daremo loro una lista di cose che ci piacerebbe comprassero”. Non risultano impegni per quando dovrebbero finire i nuovi negoziati per arrivare allo “storico” accordo immaginato da Trump e al momento resta solo la tregua nella guerra commerciale che da Buenos Aires a Osaka è intanto salita di livello ed è solo una parte del confronto oramai a tutto campo fra le due maggiori potenze imperialiste per il dominio del mondo.
Lo scontro tra imperialismo americano e socialimperialismo cinese, al di là dei toni diplomatici e lo scambio di stucchevoli gentilezze esibite da Trump e Xi davanti la stampa internazionale col presidente americano che ha definito l'interlocutore “un leader brillante e un uomo brillante” probabilmente “uno dei più grandi leader cinesi degli ultimi 200 anni”, ha messo in secondo piano lo stesso vertice del G20, il primo ospitato in Giappone, cui partecipano i leader delle principali economie che tra vecchie o emergenti rappresentano l'80% del Pil mondiale.
A Osaka sono stati gli incontri bilaterali a occupare tutta la scena, quantunque anche essi apparentemente avari di risultati. Uno è l'accordo di libero scambio, “veramente storico”, l'ha definito il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, tra la Ue e i paesi sudamericani del Mercosur. L'intesa sottoscritta chiude i negoziati iniziati ben 20 anni fa, contiene tutte le garanzie a tutela dei “nostri” produttori e consumatori secondo il premier Giuseppe Conte, ma deve ancora passare il vaglio dell’approvazione finale dei singoli Paesi membri e del Parlamento Ue. L'imperialismo europeo muove le sue pedine, pur di peso inferiore dei giganti Usa e Cina che si sono presi la scena del vertice.
A corollario della tregua nella guerra commerciale tra i due paesi è arrivata dall'incontro di Osaka una parziale schiarita anche sulla questione Huawei, della multinazionale cinese messa da Trump nella lista nera impedendole qualsiasi affare con le aziende americane. Nella conferenza stampa finale il presidente Usa annunciava che “Huawei potrà tornare ad acquistare i prodotti dai fornitori americani, le aziende Usa possono vendere attrezzature a Huawei, lì dove non ci sono grandi problemi con la sicurezza nazionale”. Un segnale politico di distensione o venduto come tale perché in realtà l'embargo verso la società cinese metteva in forte difficoltà alcune aziende leader nel settore dei semiconduttori, come Intel e Micron, che secondo il New York Times avevano trovato il modo di aggirare il divieto cambiando semplicemente l'etichettatura delle merci.
Le contromosse cinesi alla guerra dichiarata dagli Usa non si sono comunque limitate a risposte dirette, con controsanzioni dello stesso valore, ma riguardano anche iniziative economico-politiche, dalla costruzione delle alleanze lungo la Nuova via della Seta a quelle nell'area dall'Asia e Pacifico dove alcuni anni fa era stata lanciata l'iniziativa di definire un accordo commerciale sul modello dell’Unione Europea, chiamato Pan-Asian Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) fra i 10 membri dell’ASEAN più Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. L'accordo che una volta reso effettivo avrebbe avuto come effetto l’abbassamento delle barriere commerciali e delle imposte doganali doveva essere pronto alla fine del 2015. Invece è ancora in via di definizione. Ma poco prima del vertice di Osaka i 16 paesi membri si sono riuniti in Australia allo scopo di farlo partire perché, dichiarava il ministro del Commercio indonesiano Enngartiasto Lukita, i negoziati si devono concludere prima che la disputa fra Usa e Cina si aggravi e crei danni permanenti.
 

3 luglio 2019