Predicava contro il caporalato
Il leghista Statti indagato per estorsione ai danni dei suoi dipendenti

“L’obiettivo è combattere il caporalato. Niente più schiavi in Calabria”. Tuonava così il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio (Lega Nord) il 5 settembre dell’anno scorso a Lamezia Terme in occasione di un incontro in cui si discuteva di lotta ai caporali.
Al suo fianco c’era Alberto Statti, presidente di “Confagricoltura Calabria” e titolare della “Società agricola Lenti”, una delle più importanti cantine calabresi. La stessa che il 19 giugno è finita al centro di un’inchiesta della Guardia di Finanza. E il padrone Statti che da anni predica contro il caporalato (nel 2016 lo definì “una piaga per le aziende che operano nella legalità”, ndr), oggi si ritrova indagato per estorsione ai danni dei suoi dipendenti.
Insieme a lui, nell’inchiesta denominata “Spartaco”, sono indagate altre otto persone. Nei confronti di tutti, il procuratore di Lamezia Terme Salvatore Curcio ha chiesto e ottenuto dal gip il sequestro di beni fino al valore di 835 mila euro, “ritenuti l’illecito profitto derivante dalle attività estorsive e di autoriciclaggio”.
I Pm hanno scoperto 37 lavoratori super sfruttati e sottopagati da Statti e dagli altri indagati tra cui due avvocati e la segretaria, Maria Costanzo, addetta alle assunzioni e alle buste paga.
I lavoratori erano costretti a lavorare più ore di quelle previste dal contratto collettivo nazionale e senza percepire nemmeno il trattamento di fine rapporto.
Centinaia di migliaia di euro che dovevano andare ai lavoratori e che, invece, finivano nelle tasche del padrone e dei suoi complici.
La Guardia di Finanza ha riscontrato, inoltre, “trattamenti retributivi diversi tra uomini e donne”. Se i primi, non tutti, arrivavano anche a 40 euro per otto ore nei campi, le donne non superavano le 24-30 euro al giorno. Tra queste c’è una donna che ha lavorato per l’azienda di Statti dal 1974, senza ferie e senza Tfr: “Non ho mai percepito altre indennità. La busta paga la firmavo soltanto senza neppure leggere gli importi. Ho accettato queste condizioni, poiché ho bisogno di lavorare. Ho dovuto mantenere anche due figli”.
Quando è scoppiata l’inchiesta, due anni fa, dopo i primi controlli della Finanza, Statti ha cercato di correre ai ripari facendo firmare agli operai delle conciliazioni di rinuncia “a ogni legittima pretesa accettando esigue somme” e con l'avvocato, imposto da Statti, che non rilasciava alcuna copia del verbale.
“L’avvocato non mi ha spiegato nulla. Io non ho capito che stavo rinunciando a tutti i miei diritti” è lo sfogo di una dipendente dopo aver capito di aver perso più di 40 mila euro che le spettavano.
Di fronte a ciò speriamo che il ministro fascioleghista dell’Agricoltura mantenga almeno la seconda promessa fatta ai calabresi a settembre a scorso di scrivere: “una nota stampa per elogiare le forze dell’ordine tutte le volte che verrà fatta qualcosa per combattere il caporalato”.

3 luglio 2019