Soddisfacendo l'imposizione dell'UE
Il governo corregge i conti per 7,6 miliardi per evitare la procedura d'infrazione
Ne pagheranno le conseguenze le masse popolari

"La Commissione ha preso atto oggi degli sforzi fiscali aggiuntivi annunciati dalle autorità italiane questa settimana e ha concluso che c'è materiale sufficiente per non proporre in questa fase al Consiglio europeo l'apertura di una procedura di infrazione per debito eccessivo per la non conformità dell'Italia con le regole sul debito".
In questa formula secca del documento della Commissione europea del 3 luglio, in risposta alla lettera di intenti inviata il giorno prima dal presidente del Consiglio Conte e dal ministro dell'Economia Tria, è condensato l'epilogo del tutto aleatorio della vicenda che da settimane vedeva pendere sull'Italia la procedura di infrazione da parte delle autorità della Ue per lo sforamento di tutti gli impegni presi: il "materiale", cioè la manovra di aggiustamento dei conti, è "sufficiente", ossia la Commissione europea uscente ha chiuso un'altra volta un occhio non volendo prendersi la responsabilità di una punizione dell'Italia prima di lasciare la scena. E anche per l'intercessione di Mattarella, che si è fatto pubblicamente garante dei nostri conti pubblici.
Ma al tempo stesso ciò vale solo "in questa fase", ossia la decisione è solo rimandata ad ottobre, quando il governo italiano dovrà presentare la bozza di legge di bilancio per il 2020. E da qui ad allora, sottolinea ancora il documento, questa Commissione "metterà sotto sorveglianza l'effettiva implementazione" di questa manovra aggiuntiva, "monitorerà strettamente l'esecuzione del bilancio del 2019 e valuterà la compatibilità del bilancio previsionale 2020 con il patto di stabilità e crescita".
L'Italia resta insomma sotto stretta osservazione, nonostante che la manovra di correzione dei conti da 7,6 miliardi (8,2 in termini "strutturali", mentre la Commissione ne voleva 9) sia "molto sostanziosa", come ha riconosciuto il commissario Ue all'Economia, Pierre Moscovici. Anche se Tria, per non irritare il vero premier del governo, cioè Salvini, che di "manovra" non voleva assolutamente sentir parlare, fa ora finta che non sia tale e preferisce chiamarla "assestamento di bilancio": "Abbiamo evitato la procedura senza una manovra correttiva", ha assicurato infatti il ministro, con Conte che gli faceva eco dichiarando che "oggi incassiamo un risultato importante, l'Europa riconosce la nostra serietà": per nascondere dietro il tono ottimistico la capitolazione al diktat della Commissione, la seconda dopo quella dello scorso dicembre. E come allora con una marcia indietro all'ultimo minuto prima della riunione del Consiglio europeo che avrebbe decretato sicuramente la procedura di infrazione; e dopo che Di Maio e Salvini, ma soprattutto quest'ultimo con le sue pretese di varare subito la flat tax, avevano escluso tassativamente manovre aggiuntive e imposto a Conte e Tria di "battere i pugni sul tavolo" per farsi rispettare dalla Commissione.

Sfida "sovranista" e allineamento realista
Il duce dei fascisti del XXI secolo aveva tempestato i due negoziatori di telefonate a Bruxelles, dando loro assurde "direttive" sulla tattica da seguire per "piegare" la Commissione attraverso un'improbabile "azione concertata" con i paesi del gruppo di Visegrad, non tenendo minimamente conto dei reali rapporti di forze usciti dalle elezioni europee, che vedono ancora e nonostante tutto dominare l'asse franco-tedesco, l'Italia ancor più isolata e ininfluente, e la designata nuova presidenza della Commissione ancor più "rigorista" della presidenza uscente Juncker.
Il risultato è stato infatti l'opposto delle demagogiche e parolaie sfide "sovraniste" di Salvini alla Ue, con Conte e Tria che hanno dovuto prendere atto della realtà e piegare anche stavolta la testa davanti alla Commissione già proclamata "morta" da mesi dal caporione fascioleghista. La pesantezza di questa capitolazione emerge chiaramente dal bilancio della trattativa, fatto con toni concilianti nella forma ma inflessibili nella sostanza dallo stesso Moscovici. L'Italia, ha detto il commissario economico, ha soddisfatto le tre condizioni poste "in modo molto chiaro" dalla Commissione: "Compensare il più possibile lo scarto verificato dall'Eurostat ad aprile scorso dello 0,4% del Pil per il 2018; correggere lo scarto dello 0,3% per il 2019 secondo le nostre previsioni del maggio scorso, e ottenere assicurazioni sul disegno di bilancio 2020, per il quale la Commissione prevede un deficit del 3,5% del Pil e un debito al 135% del Pil, che è inaccettabile secondo le nostre regole e molto pregiudizievole per l'economia italiana e la zona euro nel suo insieme".
Per ottemperare a queste condizioni, spiega Moscovici, il governo italiano ha adottato un pacchetto di misure "che prevede una correzione totale di 7,6 miliardi pari allo 0,42% del Pil, cifra molto sostanziosa. Questa correzione è basata principalmente su delle entrate addizionali per circa 6,2 miliardi (di cui 2,9 di entrate fiscali e 600 milioni di contributi sociali più elevati, oltre che 2,7 miliardi di dividendi più elevati, da pagare allo Stato da parte della Banca d'Italia e dalla Cassa depositi e prestiti). In più, il governo ha adottato un decreto legge che congela 1,5 miliardi nel bilancio 2019, che s'aggiunge ai 2 miliardi già congelati lo scorso dicembre e che sono definitivamente congelati. Questo decreto dovrà essere votato dal parlamento entro 60 giorni e attivato per il 15 settembre".

L'Italia resta ancora "sorvegliata speciale"
Dunque sono del tutto false le rassicurazioni di Tria che la procedura è stata evitata senza fare la manovra correttiva e senza tagli. Secondo quanto dichiarato ai media, infatti, il ministro assicurava che i 7,6 miliardi occorrenti sarebbero venuti tutti da maggiori entrate e niente tagli, grazie al maggior gettito fiscale arrivato dalla fatturazione elettronica, da maggiori dividendi prelevati da Cassa depositi e prestiti e da Banca d'Italia e dai "risparmi" sul reddito di cittadinanza e quota 100, per via delle minori richieste rispetto al preventivato. E per allungare il brodo, aveva messo nel paniere anche i 2 miliardi di tagli lineari alla spesa di tutti i ministeri congelati come cauzione nella legge di bilancio per il 2019.
Invece la realtà è ben diversa, come si capisce dal documento di Moscovici: i 2 miliardi di tagli non solo restano e anzi sono da considerarsi già esecutivi ed extra manovra, ma a questi se ne aggiungono altri 1,5 (come nuova cauzione) da tagliare entro il 15 settembre, praticamente subito. Il che vuol dire che saranno ben 3,5 i miliardi da tagliare ai ministeri, cioè anche da sanità, scuola, trasporti, assistenza sociale, beni culturali ecc. Inoltre, le maggiori entrate fiscali e i "risparmi" su reddito di cittadinanza e quota 100 sono pur sempre diversi miliardi che vengono sottratti alla spesa sociale e agli investimenti e sacrificati invece al patto di stabilità. Tra l'altro quei "risparmi" il governo si è impegnato a renderli strutturali, cioè calcolati anche per il 2020.
Ciononostante la Commissione non si fida ancora, tanto che concludendo la sua relazione Moscovici tiene a rimarcare: "È questa la fine della strada? Chiaramente non è questo il caso. Noi continueremo a monitorare molto strettamente l'esecuzione del bilancio italiano nella seconda metà dell'anno". Ed aggiunge: "Noi valuteremo inoltre molto accuratamente la bozza di piano di bilancio per il 2020, che deve esserci inviato entro il 15 ottobre. Un primo giudizio su questa bozza di piano sarà uno degli ultimi compiti di questa Commissione, un compito particolarmente importante e probabilmente anche delicato. Io ringrazio la volontà del primo ministro Conte di perseguire un dialogo costruttivo con noi in vista di assicurare che la bozza di bilancio sarà compatibile con il Patto di stabilità".

L'ipoteca firmata dal governo per il 2020
Nella lettera inviata alla Commissione per scongiurare la procedura, Conte e Tria si sono infatti anche impegnati affinché la prossima bozza di legge di bilancio per il 2020 sia "in linea con le regole del patto di stabilità e crescita". Il che significa, a quanto scrivono, trovare "misure fiscali alternative" ai 23 miliardi di aumenti Iva che altrimenti scatterebbero il prossimo anno, e "formulare una strategia integrata che poggia su una nuova Spending review e una revisione della tax expenditures ": vale a dire su nuovi tagli alla spesa pubblica e alle detrazioni fiscali per i lavoratori e pensionati.
Soprattutto (anche se la lettera naturalmente non lo dice) i tagli serviranno per finanziare la flat tax per abbassare le tasse alle imprese e ai ricchi, come continua a pretendere Salvini, pena la caduta del governo, come l'aspirante duce d'Italia ha ribadito anche di recente: "Sarà un bel confronto con l'Europa, non dico scontro ma preparatevi... se ce la faranno fare sorridendo la faremo, altrimenti la faremo lo stesso", ha proclamato all'assemblea della Coldiretti a Milano. E Tria gli è andato subito dietro dichiarando che "se c'è una cosa a cui veramente credo è la riduzione dell'Irpef", tornando anche a suggerire la sua vecchia ricetta di finanziare la flat tax con l'aumento delle imposte sui consumi.
Si prospetta dunque una manovra a fine anno da 40-50 miliardi, tra sterilizzazione degli aumenti Iva, nuove risorse da trovare per la flat tax. rifinanziamento di reddito di cittadinanza e quota 100 e altre misure per restare nel 2,1% di deficit come chiesto dalla Commissione. Miliardi che saranno pagati integralmente da lavoratori e pensionati, visto che imprese, ricchi ed evasori fiscali sono considerati intoccabili dal governo Salvini-Di Maio.
Intanto, fin da ora, c'è da pagare un "acconto" di 7,6 miliardi di "assestamento di bilancio", a causa delle false promesse di questo governo nero sulla crescita dell'1,8% (poi ridimensionata all'1% ed ora allo 0,2%) che si sarebbe dovuta realizzare con reddito di cittadinanza, quota 100, la flat tax per le piccole e medie imprese, le numerose forme di condono, il "decreto crescita" e lo "sblocca cantieri". Mentre la verità è che siamo alla crescita zero, ed il governo finisce ancora una volta per sottostare alle imposizioni della Ue, scaricandone come sempre le conseguenze sulle masse popolari.

10 luglio 2019