Accusato di corruzione in atti giudiziari
Arrestato il giudice corrotto Capuano
Coinvolto anche il consigliere municipale Di Dio, eletto con De Magistris

Redazione di Napoli
Il giudice del Tribunale di Ischia, Alberto Capuano, già Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli, è stato arrestato nell’ambito di una indagine anticorruzione condotta dai pubblici ministeri Gennaro Varone e Paolo Ielo della Procura di Roma. Gravissima l’accusa: corruzione in atti giudiziari con implicazioni di membri vicini o intranei al pericoloso clan Mallardo che, secondo i recenti arresti a Napoli, sarebbero a capo della cupola che gestisce gli affari criminali nell’ambito del capoluogo campano.
Il magistrato era in servizio presso la sede distaccata sull’isola di Ischia ed è stato arrestato assieme al consigliere circoscrizionale della X municipalità di Napoli, Antonio Di Dio, all’imprenditore Valentino Cassini e al pregiudicato Giuseppe Liccardo, ritenuto dagli inquirenti vicino, appunto, al clan Mallardo di Giugliano. Nell’ambito dell’inchiesta coinvolto anche un noto avvocato del foro napoletano, Elio Bonaiuto, attualmente agli arresti domiciliari.
I cinque sono accusati a vario titolo, per corruzione nell’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari, traffico di influenze illecite, millantato credito, tentata estorsione e favoreggiamento personale. Antonio Di Dio, consigliere della Decima municipalità (Fuorigrotta, Bagnoli), venne eletto nel 2016 con la lista “Solo Napoli” a sostegno della candidatura dell'allora sindaco uscente Luigi De Magistris. Molto vicino all’ex vicesindaco e assessore all’ambiente Raffaele Del Giudice, fedelissimo del neopodestà De Magistris, Di Dio ottenne 377 preferenze, risultando il più votato della lista e tra i più votati in assoluto in quella tornata elettorale comunale.
Secondo quanto scrive nell’ordinanza, il Giudice per le indagini preliminari di Roma, Costantino De Robbio, il gruppo sarebbe stato in grado di “sospendere procedure esecutive penali e ritardare verifiche dei crediti fallimentari, provocare la scarcerazione di detenuti ed il dissequestro dei beni di importanti esponenti della criminalità organizzata fino ad estendere la propria influenza sul concorso in magistratura, il cui esito è stato distorto a favore di una candidata, figlia di uno degli appartenenti al gruppo degli indagati”. Figura apicale del gruppo, annotano gli inquirenti, è quella del magistrato Alberto Capuano, “pronto a fare mercato delle sue entrature e della sua influenza, e in tal caso appare complice ideale di Antonio Di Dio”. Questi è considerato “soggetto aduso a stabilire plurimi contatti con pubblici ufficiali, disposti a vendere la funzione; per quindi porsi egli stesso, quale intermediario necessario tra costoro ed i privati interessati a comprarne i favori illeciti”. Il rapporto tra Capuano e Di Dio, scrivono gli inquirenti, è consolidato: “Ci faremo vecchi assieme”, affermano allegramente in una intercettazione telefonica. Ad Ischia Capuano svolge le funzioni di giudice penale e dell’esecuzione penale e si è reso responsabile proprio di gravi anomalie a proposito di un fondo patrimoniale sequestrato che gestiva alcuni hotel di lusso nel suo distretto: “Capuano - scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare -, appare pronto a spendere i suoi rapporti in cambio di elargizioni di denaro ed altre utilità anche di entità economica relativamente modesta oltre a lavori di ristrutturazione, biglietti aerei intercontinentali e pacchetti vacanze in Colombia a prezzi di favore, tessere gratis per stabilimenti balneari ma anche pastiere e bottiglie di vino, fino alle somme di denaro in contanti”.
Grazie a una conversazione intercettata ad aprile del 2019, è stato possibile documentare “la ricezione di un pagamento corruttivo da parte di Alfonso Di Massa, interessato a far entrare nell’Arma una propria parente”. Il 23 marzo scorso viene captata un’altra conversazione, durante la quale Di Dio promette a Di Massa: “Una volta che passa i quiz, io prendo la ragazza, vieni con me, vi faccio conoscere, lo faccio per te, il personaggio che ha detto: Antò (Antonio Di Dio, ndr ), non ci sono problemi, la facciamo entrare tranquillamente, che ora, questo che viene ha fatto entrare mezza Napoli in Finanza”. La contropartita finale sarà di 10mila euro, con Di Dio a fare da tramite: “Sì, non ci sono problemi, mi porti i 5 dopo pochi giorni, ti sto dicendo che sono sicuro che passa pure i quiz e ti posso garantire che abbiamo la sicurezza al mille per mille che l’accompagnano loro e la fanno entrare”.
In ultimo i contatti con la camorra. Secondo gli inquirenti, Capuano avrebbe accettato da due intermediari di Giuseppe Liccardo, pregiudicato del clan Mallardo, la promessa di circa 70mila euro: “20 prima e 50 dopo”, in cambio del suo intervento su uno o più componenti un Collegio penale, designato per decidere il processo a carico di Liccardo, di suo fratello Luigi e della madre Granata.
Il magistrato già era finito anni addietro in una inchiesta su favoritismi e corruzione a favore del clan dei Casalesi, ma alla fine il Tribunale di Roma decise per la richiesta di archiviazione nel 2016. Inoltre in passato, in alcune convalide di arresti contro i disoccupati organizzati, non mancò di usare il pugno di ferro, dimostrandosi un magistrato reazionario e antioperaio.
Sulla vicenda Di Dio sono rimasti in silenzio sia il neopodestà De Magistris che il suo sodale Raffaele Del Giudice. Non una sola parola su corruzione e affari illeciti con lo zampino della camorra, in ossequio alla decantata “legalità” chiamata in causa soltanto a convenienza dell’ex pm quando si tratta di difendere l’immagine ormai opaca della sua giunta antipopolare.

17 luglio 2019