Rapporto di Legambiente su Ecomafia 2019
386 mafiosi fanno affari su rifiuti e abusivismo
Tre reati contro l'ambiente ogni ora

Secondo il rapporto di Legambiente “Ecomafia 2019 – Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia”, nel nostro Paese si commettono oltre 3 reati ambientali all’ora.
Un dato allarmante, che però si affianca ad una lieve flessione complessiva di questo genere di reati che passano dagli oltre 30mila illeciti registrati nel 2017 a 28.137 del 2018. Flessione che ha riguardato in particolare due ambiti quali gli incendi boschivi (-67%) ed i furti di beni culturali (-6,3%), ma a fronte di essi altri crescono in maniera esponenziale, ed in particolare quelli legati al ciclo illegale di smaltimento dei rifiuti (22 reati al giorno) e quelli per cementificazione selvaggia che nel 2018 hanno raggiunto i 6.578, con una impennata del +68%.
In sostanza questa aggressione alle risorse ambientali del nostro Paese si traduce in un giro d’affari che nel 2018 ha portato nelle tasche degli “ecomafiosi” ben 16,6 miliardi di euro, 2 miliardi e mezzo in più rispetto all’anno precedente.
Rimanendo in ambito cemento, secondo il centro ricerche Cresme, nel 2018 il tasso di abusivismo è stato di circa il 16%, considerati sia le nuove costruzioni sia gli ampliamenti del patrimonio immobiliare esistente: dal 2004 al 2018, nel nostro paese è stato abbattuto solo il 19,6% degli immobili colpiti da un ordine di demolizione, complici anche i numerosi condoni “dichiarati” o tenuti in sordina ma ugualmente efficaci dei governi che si sono succeduti.
In grande ascesa anche i reati nel settore agroalimentare, ben 44.795, quasi 123 al giorno, contro i 37mila del 2017; ecco infatti che il fatturato di alimentari illegali ha superato 1,4 miliardi, con un aumento del 35,6%.
Nel nostro paese il maggior numero di ecoreati si registra al Sud, ed in particolare in Campania (3.862), Calabria (3.240), Puglia (2.854) e Sicilia (2.641), dove nel 2018 si sono concentrati il 45% delle infrazioni di tutto il Paese.
Corrono però anche il Lazio (circa 2.000 reati), la Toscana (1.836) e la Lombardia, che si attesta al settimo posto nazionale. Relativamente alle province, guida questa speciale e poco edificante classifica Napoli (1.360), poi Roma (1.037), Bari (711), Palermo (671) ed Avellino (667).
Il quadro che emerge rende chiara la necessità di tenere alta la guardia sul tema ambientale, puntualmente sottolineata anche dalle parole del presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani: “Con questa edizione del rapporto vogliamo dare il nostro contributo per riequilibrare il dibattito politico nazionale troppo orientato sulla presunta emergenza migranti, per far sì che in cima all’agenda politica del nostro Paese torni ad esserci anche il tema della lotta all’ecomafie e alle illegalità”.
Secondo Legambiente, la corruzione resta il viatico principale attraverso il quale si possono aggirare regole e realizzare quei profitti illeciti che rimangono l’unica ragione d’esistenza per tutti i tipi di mafie, inclusa quella ambientale; nell’ultimo anno sono state aperte 100 inchieste in 36 procure, a fronte delle quali sono state indagate 597 persone, che hanno portato a 395 arresti ed a 143 sequestri.
In conclusione il rapporto ha evidenziato la presenza di ben 368 clan, nel nostro Paese, “specializzati” in illeciti ambientali. Una enormità, che però nella realtà è ben peggiore poiché a questi numeri già straordinariamente gravi e preoccupanti, andrebbe aggiunto tutto ciò che rimane ancora sommerso sotto la punta dell’iceberg senza esser venuto ancora alla luce.
Secondo il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, intervenuto alla presentazione del rapporto, se davvero si volesse controllare di più e meglio servirebbe una Procura nazionale dei reati ambientali; questo passaggio sarebbe fondamentale per conoscere più a fondo e mettere insieme tutti gli elementi che vengono acquisiti sul territorio nazionale dalle 158 procure esistenti che al momento, incredibilmente, non dialogano fra di loro, impedendo il riconoscimento e quindi l’arresto ai cosiddetti “inquinatori seriali”.
La questione infatti è da mesi sui tavoli del governo, senza però riuscire mai a essere quadrata ed approvata; naturalmente ciò non è soltanto una misura in ritardo, bensì uno stato ottimale, voluto e reso tale con l’immobilismo, del quale beneficiano sia i mafiosi, sia i politici compiacenti.
In realtà i dati sottolineano il fallimento, o la fattiva complicità, dei governi Renzi e Gentiloni anche in questo settore, ma mostrano chiaramente anche la continuità di una politica di effettiva impunità che il governo nero Salvini-Di Maio conferma e rafforza a suon di provvedimenti che vanno in questa direzione quali, per fare alcuni esempi, il condono edilizio per la ricostruzione post terremoto sull’isola di Ischia e nelle zone del cratere del Centro Italia, il decreto Sblocca cantieri, la questione ILVA e l’utilizzo di fanghi in agricoltura.
 

17 luglio 2019