Rapporto Sentieri
L'inquinamento delle città causa tumori ai polmoni e malattie dell'apparato respiratorio
Tra i siti più a rischio è stata confermata la città di Taranto

 
Sulla rivista Epidemiolgia & Prevenzione, è stato pubblicato il V “Rapporto Sentieri”, studio promosso dal ministero della Salute sui territori e gli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, dal 2003 al 2016.
Nel documento sono stati presi in considerazione 45 Siti di interesse per le bonifiche, di cui 38 classificati come Siti di “Interesse Nazionale” (Sin), e 7 riclassificati di “Interesse Regionale” (Sir), studiandone in tutti la mortalità e l’ospedalizzazione, mentre l’incidenza oncologica è stata rilevata nella metà circa di essi (in 22 sulla popolazione generale ed in 28 sui tumori infantili), poiché negli altri non è presente nemmeno un registro dei tumori, nonostante il loro stato di attenzione ambientale.
In appena 15 erano presenti i Registri delle Malformazioni congenite.
Nella totalità dei siti, in 8 anni (2006-2013), sono state rilevate complessivamente per gli uomini 5.267 morti in eccesso rispetto all’atteso per tutte le cause (+4%) e 3.375 morti in eccesso per tutti i tumori maligni (+3%); mentre per le donne, 6.725 morti in eccesso per tutte le cause (+5%) e 1.910 morti in eccesso per tutti i tumori maligni (+2%).
Non stupisce più che in cima alla classifica quale insediamento umano e territorio più esposto e colpito vi sia la martoriata Taranto, e ciò è un male, poiché una continua strage umana come la si registra nella città pugliese non può continuare ad essere considerata solo una triste normalità senza via d’uscita; questi dati, con le sue conclamate e collegate cause figlie di una industria capitalista spietata quanto avida, devono essere il motivo principale per cui i tarantini e non solo, dovrebbero continuare a mobilitarsi in maniera sempre più incisiva.
A Taranto infatti, in questa città tenuta vilmente sotto scacco dal ricatto occupazionale e costretta a scegliere fra salute e lavoro, la mortalità generale ed i ricoveri sono in eccesso sostanzialmente per ogni tipo di patologia direttamente collegata all’esposizione ambientale, quali il tumore del polmone, il mesotelioma della pleura e le malattie dell’apparato respiratorio, in particolare per le malattie respiratorie acute tra gli uomini e quelle croniche tra le donne.
Il dato più evidente è però l’accertamento di 173 casi di tumori maligni su bimbi e ragazzi fra gli zero ed i 29 anni, dei quali 39 in età pediatrica e 5 nel primo anno di vita. Sempre in età pediatrica si osserva un numero di casi di tumori del sistema linfoemopoietico, in particolare di linfomi non Hodgkin.
I territori di Gela, Livorno, Manfredonia, Milazzo, Piombino, Laghi di Mantova e la stessa Taranto, tutti caratterizzati dalla presenza di attività industriali complesse, mostrano anche un eccesso di malformazioni congenite (studio 2002-2015).
In sintesi, anche da questo rapporto con dati sicuramente parziali fra i quali spicca la mancanza dei registri dei tumori in aree fortemente a rischio di inquinamento ambientale, è evidente lo stretto legame fra le emissioni industriali e le patologie tumorali.
Com’è possibile allora continuare, come è successo anche nei confronto dell’ILVA, ad affidare ai privati, alle multinazionali, aziende strategiche per l’intero Paese che hanno estrema necessità di essere bonificate, risanate o riconvertite, per non poter più nuocere alle popolazioni?
Certi luoghi di morte, che hanno però tanta potenzialità occupazionale, dovrebbero essere sottratti dalle logiche immediate di mercato, nazionalizzate e riconvertite, a pezzi, o anche a costo di sospendere la produzione per il periodo necessario, continuando a pagare gli stipendi alle lavoratrici ed ai lavoratori che sono i primi a subire le pessime conseguenze ambientali.
“Dove troviamo i soldi?” è la domanda che riecheggia sempre dalle voci dei governi amici delle multinazionali. Una domanda retorica, opportunista, un tentativo di bloccare ogni tipo di rivendicazione in questo senso, alla quale però è facile rispondere se cambiamo il nostro punto di vista non più considerando intoccabili le “compatibilità aziendali” che purtroppo anche il sindacato troppo spesso considera al di sopra di ogni piattaforma, ma inquadrando la questione da un punto di vista sociale e di classe.
Apparirà allora più chiaro di quanto sia sbagliato utilizzare il denaro pubblico ad esempio in armi per l’esercito imperialista, oppure in finanziamenti per continuare, anziché interrompere e abbandonare, l’uso delle fonti fossili responsabili dirette di queste sciagure per l’ambiente e per l’uomo che nel sistema economico capitalistico, come diceva Engels, “gli appartiene con carne, sangue e cervello ”. (Dialettica della natura)
 

17 luglio 2019